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Cinema e spettacolo

a cura di Elisabetta Marchiori

 

Il cinema è l’arte che con maggiore immediatezza e intensità permette di rappresentare la complessità delle dinamiche della vita psichica e di dirigere i nostri sguardi verso aspetti del mondo ai quali i nostri occhi non si erano mai rivolti. 

Sin dalle origini, ha mostrato incredibili “affinità elettive” con la psicoanalisi, affinità che Freud aveva intuito, ma guardato con diffidenza.

Vinte le resistenze, nel corso del tempo molti psicoanalisti si sono avventurati alla scoperta della “magia del cinema” che, come scrisse negli anni ’60 Cesare Musatti, dipende dalla capacità delle immagini filmiche di creare connessioni dirette con l’inconscio dello spettatore. Tanti registi, d’altra parte, hanno attinto dalla psicoanalisi ispirazione preziosa per le loro opere, come il grande Federico Fellini.

È stata superata, da parte degli psicoanalisti, la fase di un approccio difensivo “patografico”, che applicava concetti tratti dalla teoria per “interpretare” le opere o la personalità dei registi e, da parte di questi ultimi, quella di utilizzare didascalicamente gli strumenti psicoanalitici. Oggi, riconosciute le molte analogie tra l’apparato psichico e quello cinematografico, in particolare tra film e sogno, mantenendo definiti i confini tra l’una e l’altro, senza intrusioni e confusioni, quelle iniziali affinità hanno creato uno spazio di pensiero specifico, un territorio comune fecondo, in costante evoluzione.

Tra un film e il suo spettatore, così come tra il sogno e il suo sognatore, s’instaura uno scambio reciproco che diventa una relazione personale e unica, la cui intensità dipende dalle caratteristiche dell’identità, dalla storia, dalle memorie, dalle rappresentazioni mentali, dalle modalità relazionali dello spettatore stesso.

In particolare, uno psicoanalista, in quanto conoscitore delle connessioni complesse che sussistono tra mondo esterno e mondo interno, può essere indotto dalla visione di un film a interrogarsi non solo su temi di specifico interesse che possono emergere dall’opera, ma anche sul significato che l’impatto delle senso-percezioni esperite durante la visione suscita dentro di sé. Ne può quindi suggerire un’ipotesi di lettura che, senza pretese di verità, vuole essere stimolo di riflessione e di affinamento della conoscenza.

Con tale prospettiva si propongono i contributi ospitati in questa Sezione, che considera l’arte cinematografica in grado di consentire alla psicoanalisi, in questo mondo in rapida e caotica trasformazione, di individuare traiettorie di pensiero e di produrre significati condivisibili grazie alla mediazione delle immagini.

Elisabetta Marchiori

lisbeth.marchiori@gmail.com

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