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“Squid Game”

di Cristina Marogna

Squid Game
Squid Game

Titolo: “Squid Game”

Dati sul film: serie creata da Hwang Dong-hyuk, Corea del Sud, 2021, 9 Episodi, Netflix

Trailer: https://youtu.be/oqxAJKy0ii4       

Genere: horror, drammatico

 

 

Quando al gioco si toglie il piacere della creatività restano solo le regole e le esclusioni.

Il gioco, ci insegna Winnicott (1971), è elemento fondamentale nell’alchimia del processo creativo: “Mentre gioca, e forse soltanto mentre gioca, il bambino o l’adulto è libero di essere creativo” (p.93) e “giocare vuol dire fare”. Dunque, qualsiasi azione può implicare il gioco e nel gioco possiamo dare sfogo alla nostra intera personalità e scoprire quanta parte del sé che ci appartiene proiettiamo all’esterno di noi, anche le nostre parti più luciferine: sulle tavole della legge è scritto — non desiderare la roba d’altri — ma se la roba è di chi è più scaltro e se la prende, allora non esistono leggi e tutto è lecito per appropriarsene.

Bion (2009) indica come la forma più elevata del gruppo si raggiunge quando, superati gli assunti di base, il gruppo è capace di lavorare nella direzione dell’obiettivo per il quale si è costituito, alberga qui il pensiero evoluto e la funzione Gamma tanto cara a Corrao (1981) e Neri (2017); ma cosa succede quando il verso dell’obiettivo viene perverso? La perversione in Squid Game, la serie di maggior successo dello scorso anno, risiede proprio nel proporre un parco giochi che ripete i giochi dell’infanzia a adulti che hanno perso quel senso del limite e del confine, indispensabile da porre ai propri istinti e così importante per poter giocare in gruppo.

Secondo Khan (1979) la perversione è una forma di relazione in cui l’altro è oggetto transizionale, ovvero un mezzo per riparare il fallimento dello sviluppo del sé; in questo senso il perverso ha bisogno della presenza dell’oggetto esterno, come un oggetto parziale e non come persona intera che è complice, in un legame di tensione erotica primitiva, della costruzione di un patto mortifero, che in questa serie si progetta in alleanza con il denaro e con la morte. Mi torna in mente un verso della vecchia canzone di Hollywood Beyond “What’s the colour of money? Don’t tell me that you think it’s green me I know it’s red”.

Quante volte da piccoli a chi non rispettava le regole del gioco abbiamo detto “sei eliminato”?!, dove per “eliminato” s’intendeva: stai fuori dal gioco, guarda gli altri giocare e impara a rispettare le regole! In Squid Game eliminato ha un significato molto concreto: “Muori!”. Il gioco con la sua funzione simbolica e formativa della capacità di stare in gruppo, di fare alleanze e di godere della vincita, è forclusa a favore di una competizione spietata e perversa.

De Masi (2018) descrive la perversione come una sessualizzazione del potere e della crudeltà in cui l’eccitamento perverso è originato dal trionfo sull’altro e dal suo annientamento, come attacco alla relazione di dipendenza dall’oggetto. In Squid Game dietro le quinte ci sono osservatori eccitati con maschere d’oro di animali, che ricordano Eyes Wide Shut di Stanley Kubrick (1999), e che hanno il potere di decidere il destino dei giocatori quale piacere di dominare e possedere l’altro, con un eccitamento sessuale strettamente legato alla dipendenza al potere/denaro e al piacere del sottomettere l’altro come un giocattolo da maltrattare a proprio piacimento.

Nel corso degli episodi si assiste a una distruttività in cui non c’è ostilità, ma completa indifferenza verso l’oggetto, che è un semplice mezzo per raggiungere quella forma di orgasmo mentale celebrata dal decidere il corso del male, ovvero le tappe di eliminazione dei partecipanti, con un tabellone che scorre puntualmente il numero dei morti che diventano così non persone. Il gioco di gruppo non prende mai la forma, se non per inganno, di un gruppo di lavoro, ma è in constante assunto di base: dipendenza dal leader che indica il gioco, attacco-fuga tra i partecipanti e attesa messianica della vincita che cambierà la propria singola vita. Siamo in un’orda fratricida dove il pensiero primitivo non lascia respiro a una capacità di discernimento, se non in rare occasioni, e prevalentemente nel protagonista.

 

Bibliografia

Bion W., R. (2009). Esperienze nei gruppi. Armando Editore, Roma.

Corrao, F. (1981). Struttura poliadica e funzione gamma. In Orme, vol. II. Raffaello Cortina, Milano.

De Masi, F. (2018). Amore e perversione: un’unione impossibile. In De Mari, M. (a cura di) L’io criminale, 21-34. Alpes, Roma.

Khan, M., M., R. (1979). Alienation in Perversions, tr. it. Le figure della perversione. Bollati Boringhieri, Torino.

Neri C. (2017). Gruppo. Raffaello Cortina, Milano.

Winnicott, D. (1971). Gioco e realtà. Armando Editore, Roma.

 

Cristina Marogna, Padova

Centro Veneto di Psicoanalisi

cristina.marogna@unipd.it

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