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Siate diversi. Storie di una vita con l’Asperger.

Recensione di Marina Montagnini

Siate diversi. Storie di una vita con l’Asperger.

John Elder Robison

2011, Armando editore, Roma

pagg. 208 

Tra le autobiografie dello spettro autistico che ho recensito questa mi sembra la più divertente. L’autore è animato da un ironico spirito di riconoscenza nei confronti dei suoi limiti Asperger che, con il tempo, si sono rivelati la chiave del suo successo. Da questo paradosso trae spunto per raccontare le sue storie di vita, da un punto di vista ormai lontano dai fallimenti della infanzia e della adolescenza, da una posizione di sofferta saggezza, conquistata con una buona dose di ironia e autoironia. Con il suo libro si propone di aiutare il figlio, Asperger, la fidanzata del figlio, Asperger, la ex moglie, anche lei un po’ Asperger e, in generale tutti coloro che, rientrando nello spettro autistico, potrebbero trovare giovamento dalla lettura.

Purtroppo, egli ricevette la diagnosi molto tardi, a 40 anni ma, per quanto tardi, essa gli permise di comprendere perché per tanto tempo era stato escluso, bullizzato, considerato eccentrico, egocentrico, cattivo. Insomma, la diagnosi, per quanto tardiva, fu una benedizione.

John Elder mi ricorda l’elogio dell’ironia, privilegio dei grandi, di cui Freud parla con tanto rispetto nell’analisi del motto di spirito (Freud, 1905).

Per mezzo di un lavoro duro, paziente e diligente farà dei suoi interessi “ristretti e ripetitivi”, i punti di forza che l’hanno reso un tecnico del suono geniale e un inventore di strumenti innovativi.

È molto conosciuto nel mondo delle Band Americane, per le quali lavora.

A suo modo di vedere gli umani si dividono in tre macrogruppi: il primo gruppo comprende coloro che soffrono di disturbi dello spettro autistico e costituiscono l’1%; il secondo gruppo è quello dei “proto Asperger” o nerd, persone eccentriche e intelligenti che non per questo sono incappate in numerosi fallimenti (scolastici, sociali, affettivi); e i “nipici” cioè i neurotipici. A questo ultimo gruppo, che comprende circa il 99% del totale, può dire soltanto: “Fateci l’abitudine!”.

Ai bulli consiglia di ascoltare: “Non schiacciare quel moscerino, passami le pinzette”, la canzone di una delle sue band, basata su una delle sue storie. A scuola un voluminoso bulletto lo perseguitava in mille modi. John Elder meditava sul da farsi. Non si fidava degli adulti che lo avrebbero cacciato in un mare di guai, esponendolo alle ritorsioni del bullo e alla brutta fama di spia; doveva reagire, ma le sue reazioni dovevano essere molto ben calibrate, né troppo leggere, né troppo pesanti; dopo aver scartato gli strumenti violenti (martelli, forbici, coltelli) scelse alla fine le pinzette per le sopracciglia, applicate su un buon campione di ciccia, violentemente ritorto. Dopo le urla seguirono delle profferte di amicizia, che non accolse.

L’ottima capacità di concentrazione sui macchinari è un punto di forza su cui l’Asperger può contare perché, con il tempo, l’abilità riconosciuta rende accettabile anche il disadattamento sociale, da parte di tutti. L’Autore è ottimista: tutti gli autistici possono guadagnarsi il rispetto o addirittura l’ammirazione altrui se si applicano con dedizione al loro interesse preferito.

In una triste nottata musicale in cui si era prefisso di “acquisire una ragazza”, finì per nascondersi dietro il palco della band. Si mise ad osservare gli amplificatori con interesse crescente e si accorse che essi emettono una luce bluastra che cambia forma e luminosità a ritmo di musica. Da quel momento decise di imparare a “vedere la musica”, leggendo, studiando, sperimentando tutto lo scibile sull’argomento, dieci ore al giorno, sette giorni su sette. Nel frattempo, si era trasferito in una specie di comune di musicisti e riparava gli amplificatori come un mago. Pur non avendo una istruzione regolare, alla fine, combinando immaginazione visiva e uditiva, otteneva una comprensione intuitiva della matematica avanzata.

Purtroppo, continuavano invece i fallimenti con le ragazze. Finalmente Amy si interessò delle sue straordinarie prestazioni elettroniche e un giorno lo invitò a cena fuori. L’invito ebbe un impatto violento; si ricredette di tutte le sue abitudini quotidiane – a che pro? – e, in un giorno solo, fece il bucato di una intera vita, si lavò e si tagliò i capelli: voleva fare colpo! Quando si trovò davanti un piatto di vegetali decise di tentare con gli asparagi, i più noti. Sapeva che una volta impugnati, quelli buoni non si sarebbero afflosciati e su di questi procedette spedito nella veloce triturazione del gambo, poteva mangiarne un chilo in un attimo… Quando rialzò gli occhi su Amy, rimase atterrito e stupefatto. Non fu in grado di render conto e la perse.

In generale era molto convinto delle sue buone ragioni e sapeva difendere le sue paure, ragionevoli e giustificate, frutto di ragionamento e prudenza, che i nipici si ostinano a chiamare “paure irrazionali”. Sapeva giustificare la paura dei dinosauri, la paura delle altezze e dei margini, la paura di soffocare sotto le coperte e i rituali associati. I nipici chiamano così le sue presunte manie ma lui sa che si tratta solo di essere previdenti; ha imparato a fingere di accettare le loro idee ma non le condivide. In compenso tutti gli amici dichiarano che John Elder è davvero una sicurezza in mezzo alla natura perché ha un sesto senso per il pericolo e sa attivare delle capacità ancestrali anti- predatorie. In mezzo alla natura prova davvero una intensa felicità, al di là di ogni paura e condizionamento, in uno stato di perfetta sintonia.

I nipici hanno assurdi elenchi di rituali come “Il Manuale dell’Impiegato” o le Leggi; di solito parlano in modo scorretto, è tra i pochi che sa dare i nomi alle cose in modo appropriato. Cosa significa la parola “normale”? Significa “beneducato” ma: “sono riluttante a seguire regole che considero poco intelligenti” (99). Nella buona educazione non ravvisa né buon senso né giustizia però a 25 anni si risolse ad accettarla in forza dei vantaggi che sembrava promettere. Comprò “Etiquette” di Emily Pott, un tomo complicatissimo di 800 pagine. Lo consiglia ancor oggi, però è molto utile aggiungere anche una attenta osservazione di quel che fanno gli altri in qualunque situazione sociale in modo da imitarli con profitto: masking, come dicono i diversi on line.

Quando era piccolo se gli avessero chiesto se le persone hanno zampe posteriori, non avrebbe avuto dubbi: “Certo, ci camminano sopra!”. Sapeva di avere ragione e di non essere presuntuoso come la maestra. A quel tempo si permetteva di dire: “grattami la pelliccia” cioè la testa, in onore alla logica e alla nostra prossimità alle scimmie; infatti, “la pelliccia è lo strato peloso che ricopre tutti i mammiferi in percentuale maggiore o minore a seconda dei casi” (82).

Al di là degli scherzi, l’Autore conosce molto bene le caratteristiche della sua particolare identità e conosce gli altri autori di autobiografie come Temple Grandin. Nelle sue pagine ritroviamo i temi che ho già affrontato diverse volte: la ipersensibilità sensoriale, il timore del sovraccarico, la cecità sociale, i limiti nella comprensione dei messaggi non verbali, la debolezza dei circuiti dell’empatia…

“Ero come un piccolo animale selvatico”, ho scritto a proposito di Temple Grandin (Grandin, 1995, 49) nella prima frase della mia prima recensione; da un punto di vista psicoanalitico mi colpisce trovare qui, alla nona recensione, le stesse parole: “[ero] come un cervo solitario in una foresta di lupi”. Mi colpisce perché, come esperta della ripetizione, della coazione a ripetere, vedo qui non tanto la coazione prodotta da un trauma ricorrente quanto piuttosto l’ennesima affermazione di una identità altra, strana, straniera, che forse davvero ripercorre all’indietro le tracce della filogenesi e dei nostri istinti ancestrali.

John Elder sembra rivendicare con orgoglio questa identità: “Sono fermamente convinto che noi […] siamo qui per un motivo preciso e abbiamo molto da offrire” (15).

 

Bibliografia

Freud S. (1905). Il motto di spirito e la sua relazione con l’inconscio. O.S.F., V.

Gardin T (1995) Pensare in immagini e altre testimonianze della mia vita di autistica. Trento: Erikson, 2011.

Robison J E (2011). Siate diversi. Storie di una vita con l’Asperger. Roma: Armando editore.

Marina Montagnini, Venezia

Centro Veneto di Psicoanalisi

 m.montagnini@iol.it

Anche questa recensione è contenuta  nella raccolta dedicata alle  Biografie autistiche

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