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Sezione Locale della Società Psicoanalitica Italiana

 

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Nato in un giorno azzurro.
Il mistero della mente di un genio dei numeri.

Recensione di Marina Montagnini

Nato in un giorno azzurro. Il mistero della mente di un genio dei numeri. 

Daniel Tammet

2006, Milano, Rizzoli (2008).

pagg. 229

 

Tardavo a leggere questo libro perché già dal titolo immaginavo che sarebbe stato impegnativo ma quando l’ho letto ne sono rimasta entusiasta: è scritto veramente bene e ricapitola quasi tutti i temi che ho trattato nelle recensioni precedenti. E’ difficile capire in quale modo la psicoanalisi potrà incontrare e comprendere questi mondi complessi e in parte lontani che ci confrontano con le neuroscienze: non possiamo ignorare punti di riferimento internazionali nel campo della ricerca sull’autismo come Simon Baron-Cohen, direttore del Centro di ricerca sull’autismo dell’università di Cambridge e Allan Snyder, direttore del Center for the Mind presso l’Università di Sydney. 

A causa delle caratteristiche fenomenali del suo genio, Daniel ha avuto rapporti con questi e con altri grandi studiosi. Daniel è un Asperger Savant e le sue abilità spaziano su ambiti diversi del sapere: calcoli ‘impossibili’, calcoli calendarici, intuito eccezionale per le regole grammaticali delle lingue, scoperta di numeri primi in lunghissime serie… detiene il record europeo per l’acquisizione di 22514 decimali del π (pi greco) e ha imparato la lingua Islandese in meno di una settimana. Per noi psicoanalisti la cosa più interessante è che riesce a descrivere in che modo la sua mente ottiene questi risultati, attraverso un’esperienza visiva sinestetica su cui tornerò.

Nonostante tutti i deficit che si associano alla sindrome di Asperger, tuttavia è riuscito a trasformare le sue diversità in punti di forza e ha raggiunto l’indipendenza, una relazione sentimentale stabile e una carriera. In modo paradossale i deficit si rivelano complessi e imprevedibili, sicché tutto il libro vibra di pathos.

L’incontro tra Daniel e Kim Peek, “Rain Man” del famoso film interpretato da Dustin Hoffmann,  è descritto nelle pagine forse più commoventi del libro.

Tornando alla viva esperienza mentale di Daniel, premetto che per sinestesia si intende, nella critica letteraria, l’associazione espressiva tra due parole pertinenti a due diverse sfere sensoriali, (“parole calde” o “silenzio verde”), una caratteristica espressiva frequente negli artisti, soprattutto scrittori e poeti. Temple pensa per immagini, in modo iperassociativo (Grandin, 1995) e Tito  unisce spesso nelle sue descrizioni modalità sensoriali diverse che comprendono suoni, immagini, movimenti, odori, in lunghe catene associative (Mukhopadhyay, 2008).

Perchè Daniel è nato in un giorno azzurro? Riporto l’incipit della sua autobiografia: “Sono nato il 31 gennaio 1979: un mercoledì. Lo so perché nella mia testa i mercoledì sono sempre azzurri, come il numero 9 o il suono di voci litigiose. Mi piace la mia data di nascita per il modo in cui riesco a visualizzare la maggior parte delle cifre che la compongono come forme circolari e lisce, simili ai ciottoli di una spiaggia. E’ perché sono numeri primi: 31, 19, 197, 97, 79 e 1979 sono tutti divisibili solo per se stessi e per 1. So riconoscere tutti i numeri primi fino a 9973 grazie alla loro forma.

E’ così che funziona il mio cervello… I numeri, per me, sono come amici che incontro dappertutto. Ciascuno è unico e ha una precisa personalità. L’11 è espansivo e il 5 è rumoroso, mentre il 4 è timido e silenzioso: è il mio numero preferito, forse perché mi ricorda me stesso. Alcuni numeri sono grandi (23, 667, 1179), altri piccoli (6, 13, 581). Alcuni sono belli, come il 333, altri brutti, come il 289. Ma, ai miei occhi, sono tutti speciali. Dovunque vada e qualunque cosa faccia, i numeri non sono mai lontani dai miei pensieri. Quando a New York ho partecipato come ospite al talk show di David Letterman, gli ho detto che somigliava al numero 117, perché era così alto e agile. Più tardi, ai piedi degli imponenti grattacieli di Times Square, mi sono sentito circondato da 9, il numero che associo a un sentimento di immensità” (Tammet, 2006, 9-10).

In questo modo Daniel si trova sempre immerso dentro a “paesaggi numerici” e nei calcoli i numeri sgorgano dalla mente istantaneamente e senza nessuno sforzo. Quando si è trovato a recitare per 5 ore ininterrotte i 22514 decimali del pi greco, visualizzava mentalmente un grafico: “il numero sale, poi si scurisce e diventa irregolare nel mezzo, per poi scendere serpeggiando” (180).

La sfida, condotta sotto controllo, è stata ripresa da un importante canale televisivo britannico e ha portato Daniel alla fama. Il professor Ramachandran ha provato ad inserire dei numeri sbagliati in una serie di numeri primi, proiettati su uno schermo. Daniel ha reagito con disagio e smorfie, come se i suoi paesaggi numerici fossero stati deturpati e devastati.

Per alcuni risultati si tentano delle spiegazioni razionali: il calcolo calendarico sfrutta la presenza di schemi ricorrenti e prevedibili tra i diversi, giorni mesi e anni: è come se il Savant desse velocemente un’occhiata ad un invisibile foglio di calcolo mentale; lì egli vede una sequenza di sette giorni che si ripete nel passato o nel futuro. I numeri primi possono essere individuati con l’aiuto del “crivello di Eratostene”, metodo usato fin dall’antichità, di facile comprensione, ma altri procedimenti sono del tutto enigmatici. Quando Daniel era bambino il fratellino giocava a proporgli dei calcoli che controllava con il calcolatore: quanto fa 82x82x82x82? Mentre la testa gli si riempie di forme e colori in 10 secondi arriva la risposta: 45212176.

Gli si propone di ripetere le prodezze di “Rain Man” nei casinò di Las Vegas. L’idea non gli piace perché gli sembra che favorisca uno stereotipo riduttivo ma alla fine accetta e gioca da solo contro il croupier a blackjack, noto anche come vingt-et-un. Si gioca con le carte; se un giocatore supera i 21 punti, perde. Ad ogni mano, il giocatore scommette che la somma delle carte che ha sarà più elevata di quella del banco, senza superare il 21; ogni volta può decidere se chiedere o no una carta.

Per ottenere dei risultati si possono memorizzare le carte che rimangono nel mazzo ma Daniel aveva di fronte otto mazzi per un totale di 416 carte. La “strategia di base” consiglia di non prendere un’altra carta se il totale delle carte che si hanno in mano è alto e di prenderla invece se il totale è basso. Con questa strategia il banco ha comunque un vantaggio statistico. Dopo un po’ di gioco cauto, che gli serviva per familiarizzarsi, Daniel si lancia, basandosi sui “paesaggi numerici” e fa puntate caute o aggressive a seconda degli avvallamenti e dei picchi che visualizza. Alla fine si trova in mano tre 7 contro un 10 e, assurdamente, chiede ancora tre carte. Vince tre mani consecutive totalizzando sempre 21, tre blackjack di seguito! Non è assolutamente possibile capire come abbia fatto (198-199).

Daniel riesce ad apprendere con grande facilità e rapidità lingue nuove, ogni parola è un’opera d’arte che gli dà un profondo piacere estetico e ama i neologismi: “le ossa dell’acqua” sono i cubetti di ghiaccio, per esempio.

Lo aiutano acute osservazioni sui rapporti intimi tra pronuncia, lessico, semantica di una lingua e le sinestesie tra forma, suono, significato delle parole. Prendiamo la grafia di dog: se la “d” che si allunga verso l’alto sta al posto delle orecchie e la “g” con il suo ricciolo verso il basso è una coda, si trova una corrispondenza tra “dog” e “cane”. L’onomatopea è una sinestesia ben nota tra l’udito e la vista. Daniel ipotizza che i nostri antenati abbiano imparato a parlare emettendo suoni che evocavano l’oggetto che volevano descrivere, anche a livello dei movimenti dell’apparato fonatorio: “le parole che indicano qualcosa di piccolo contengono spesso il suono i, pronunciato con un restringimento dell’apparato vocale (piccino, piccolino, minutino)… il linguaggio deriverebbe dunque dai numerosi collegamenti sinestetici del cervello umano” (169).

Possiamo dunque fare l’ipotesi che i doni di Daniel derivino alla lunga da una certa sua “primitività”? Come se la sua mente fosse meno olistica, più vicina al dato grezzo? Questa è l’ipotesi del professor Snyder.

Quando la mente non opera in modo olistico, vede gli alberi, non la foresta, ma può dare in compenso delle prestazioni eccezionali.

Nel 1999 Allan Snyder pubblicò l’articolo in cui proponeva una teoria unificata di tutti i diversi talenti Savant (Snyder, Mitchell, 1999). I Savant studiati erano autistici i cui talenti spaziavano dal campo matematico, a quello musicale, al disegno prospettico, al calcolo calendarico, alla memoria eccezionale, al conteggio di grandi quantità di oggetti con una sola occhiata (“numerosity”). Snyder proponeva l’ipotesi che i talenti derivassero dalla possibilità di accedere in modo privilegiato ai più bassi livelli di informazione, prima che essi vengano elaborati in concetti unitari. Questi livelli basici sarebbero presenti in tutti noi ma non sarebbero accessibili, salvo nei casi in cui il cervello subisce una lesione cerebrale per malattie o incidenti. (Vedi le intuizioni del giovane matematico Guillermo Martinez, da cui è stato tratto il film Oxford Murders).

A livelli basici la mente funzionerebbe secondo un modello aritmetico. Il cervello inizialmente, a livello inconscio, divide in parti uguali tutti i dati in entrata; la equipartizione secondo l’aritmetica dei numeri interi, si svolge nei domini dello spazio, del tempo e dei numeri. Per esempio, la prodigiosa capacità di identificare i numeri primi fino a 8 cifre, prenderebbe avvio dalla osservazione che questi numeri non possono essere equipartiti perché divisibili solo per 1 o per sé stessi. Snyder menziona i calcolatori fulminei e il talento della “numerosity”.

Due gemellini autistici danno una valutazione fulminea del numero dei fiammiferi caduti dalla scatola: “111!” gridano insieme, e aggiungono: “37, 37, 37!” (Sacks, 1985).

I talenti savant non sono frutto di apprendimento perché compaiono inaspettatamente e nella loro forma compiuta e non si perfezionano con l’allenamento. Inoltre, non dipendono dalla presenza innata di aree cerebrali specifiche più sviluppate della norma o da reti neurali specializzate, anzi, paradossalmente, i talenti si possono sviluppare improvvisamente in conseguenza di danni cerebrali. Sembra dunque convincente supporre che aree di controllo superiori agiscano come freni con funzione inibente, nelle persone normali. Negli studi successivi Snyder individua questi freni inibenti nelle aree fronto temporali del lobo sinistro; infatti, altre ricerche hanno messo in evidenza la comparsa di talenti savant in soggetti affetti da lesioni fronto temporali. Alcuni pazienti, colpiti da demenza fronto temporale, diventano improvvisamente artisti eccellenti, musicisti o inventori.

Snyder ha continuato la sua ricerca silenziando temporaneamente i lobi fronto temporali di soggetti normali e ha verificato la comparsa di talenti che possono risalire ad una migliore percezione dei dettagli e a una minore capacità di riunire i frammenti percettivi (Snyder, 2003).

Daniel conferma queste ipotesi perché da bambino soffrì di un grave attacco epilettico originato da un focus nel lobo temporale sinistro; di contro Kim Peek nacque con una macrocefalia e un idrocefalo all’emisfero sinistro così esteso che avrebbe dovuto danneggiare ogni sviluppo cognitivo. Insomma, un cervello danneggiato è talora estremamente potente ma solo in ambiti ristretti, secondo questa ipotesi. Noi psicoanalisti potremmo azzardare che viene dato libero accesso all’inconscio implicito, al “conosciuto non pensato” (Bollas, 1987).

Leggiamo l’incontro tra Daniel e Kim Peek: “Mi si avvicinò e mi strinse le braccia. – Digli quando sei nato – mi suggerì Fran Peek [il padre]. – Il 31 gennaio 1979 – dissi io. – Compirai 65 anni di domenica – Rispose Kim. Io annuii e gli chiesi la sua data di nascita. – L’11 novembre 1951 – Rispose lui. Io gli sorrisi e dissi: – Tu invece sei nato di domenica! – Lui si illuminò e io capii che tra noi era scattato qualcosa… era la prima volta in vita mia che incontravo un altro savant” (200-201).

A fronte di queste doti eccezionali è interessante conoscere qualche dato sull’infanzia di Daniel.

Quando nacque, per più di un anno pianse ininterrottamente, poi prese l’abitudine di sbattere violentemente la testa. Si calmava lasciando filare tra le mani la sabbia, osservando i singoli granelli. Chi ha letto le altre Autobiografie ricorderà che Temple faceva lo stesso, come tanti altri autistici, compreso il mio paziente Asperger, forse perché la sabbia ha una naturale parcellizzazione in minuscoli bit di informazione (Montagnini, 2014). Molto presto scoprì i libri e ne faceva lunghe pile di cui si circondava, seduto nel mezzo. I rumori improvvisi gli procuravano un forte dolore fisico per cui era terrorizzato dai palloncini che potevano scoppiare all’improvviso, non tollerava il contatto fisico con altri bambini e aveva grossi problemi di socializzazione a scuola. Non riusciva a concentrarsi perché disturbato dai rumori esterni, a volte era costretto a “spegnere” la mente. Aveva crisi di panico se il suo mondo dava qualche segno di imprevedibilità. Crescendo ha domato alcune caratteristiche autistiche per cui è riuscito a farsi dei veri amici e ad innamorarsi e, man mano, ha deciso di affrontare il panico e di mettersi alla prova in una lunga serie di avventure che l’hanno reso famoso.

 

 

Bibliografia

Bollas C. (1987) L’ombra dell’oggetto. Psicoanalisi del conosciuto non pensato. Roma: Borla.

Grandin T. (1995) Pensare in immagini e altre testimonianze della mia vita di autistica. Trento: Erikson, 2011.

Martinez G. (2003) La serie di Oxford. Mondadori, 2008. (da cui è stato tratto il film: Oxford Murders. Teorema di un delitto. Diretto da Alex De La Iglesia).

Montagnini M. (2014) La sabbia. Cenni sul caso di un Asperger adulto. Rivista di Psicoanalisi. LX, 3.

Mukhopadhyay R. T. (2008) How can I talk if my lips don’t move? Inside my autistic mind. New York: Arcade Publishing, 2011.

Sacks O. (1985) L’uomo che scambiò sua moglie per un cappello. Adelphi: Milano.

Snyder A. W., Mitchell D. J. (1999) Is integer arithmetic fundamental to mental processing? The mind’s secret arithmetic. Proceedings of the Royal Society, B 266, 587-92.

Snyder A. W. et al. (2003) Savant-like skills exposed in normal people by suppressing the left fronto-temporal lobe. F. Integr. Neurosc. 2, 149-158.

Snyder A. W. et al. (2006) Savant like numerosity skills revealed in normal people by magnetic pulses. Perception 35, 837-845.

Snyder A. W. (2009) Explaining and inducing savant skills: privileged access to lower level, less-processed information. Philosofical transaction of the Royal Society B, 364, 1399-1405.

Snyder  A.W. et al. (2006) Savant like numerosity skills revealed in normal people by magnetic pulses. Perception 35, 837-845.

Tammet D. (2006) Nato in un giorno azzurro. Il mistero della mente di un genio dei numeri. Milano: Rizzoli, 2008.

 

Anche questa recensione è contenuta  nella raccolta dedicata alle  Biografie autistiche

Marina Montagnini, Venezia

Centro Veneto di Psicoanalisi

 m.montagnini@iol.it

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