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Le ombre oscure dell'Es

di Ronny Jaffè

(Milano) Membro Ordinario con Funzioni di Training della Società Psicoanalitica Italiana, Centro Milanese di Psicoanalisi. Sezione Milanese dell’Istituto Nazionale di Training della S.P.I.

Premessa

Ciò che chiamiamo il nostro Io si comporta nella vita in modo essenzialmente passivo, e noi veniamo vissuti da forze ignote e incontrollabili” (Freud, 1922, 486).

In un altro passo Freud afferma che “l’individuo è dunque per noi un Es psichico, ignoto ed inconscio, sul quale poggia nello strato superiore l’Io …e la percezione ha per l’Io la funzione che nell’Es spetta alla pulsione” (ibid.). Poco più avanti Freud afferma che Io ed Es sono strettamente congiunti al corpo in cui sono anche implicati la sofferenza dello psiche-soma e alcune malattie del corpo; in particolare l’Io è principalmente un derivato da “sensazioni corporee, soprattutto dalle sensazioni provenienti dalla superficie del corpo” (ibid).

Es, Io, corpo, il legame tra le pulsioni di vita e le pulsioni di morte, nonché l’incombente spada di Damocle del Super-Io derivante, attraverso le stratificazioni filogenetiche dell’Es, nel loro insieme costituiscono quell’unità mente-corpo che può declinarsi, secondo un ampio ventaglio, in esperienze vitali e libidiche o in un una dimensione mortifera e distruttiva che può ledere l’altro o direzionarsi in autoflagellazioni silenti o violente.

L’unità mente-corpo è complessa, ci accompagna nel corso di tutta la nostra esistenza e fa da sfondo a quel filone di ricerca psicoanalitica che affronta la sua articolazione anche attraverso un dialogo continuo con altre discipline.

Il tema della relazione mente corpo era già presente ai tempi di Platone ed Aristotele e nel Medio Evo questo dibattito era al centro di riflessioni filosofiche e mediche quando per esempio si affermava che “I rapporti tra anima e corpo erano concepiti in modo così stretto ed interconnesso che la malattia risultava necessariamente essere un’entità psicosomatica” (Le Goff, 2005).

Green, fra gli altri, fa un’ulteriore puntualizzazione ritenendo che un approccio monistico non significa necessariamente un’unità omogenea dato che le organizzazioni somatiche e psichiche differiscono nelle loro strutture…e che mentre il corporeo si riferisce ad un corpo libidico (erotico, aggressivo, narcisistico) il soma si riferisce ad un’organizzazione biologica (Brontstein 2011, 92, 1, 174). Si tratta della preziosa distinzione tra “Korper, vale a dire il corpo reale, oggetto materiale e visibile, oggetto della biologia e roccia sulla quale si sviluppa lo psichico…e Leib, cioè il corpo inteso come sostanza vitale” (Conrotto, 2003, 44).

Mentre Korper indica un puro biologico inteso come un corpo concreto fatto di materia che si possiede e che può eventualmente essere pensato nella griglia di un registro cognitivo, il Leib è l’espressione delle pulsioni e dell’essere corpo.

A tale proposito va anche ricordato che molti fenomenologi da Husserl, a Merlau-Ponty a Levinas, pur da vertici di pensiero diversi, si sono occupati di questa distinzione da un punto di vista filosofico sostenendo che Korper è riferibile al res extensa cartesiano, un corpo che occupa uno spazio, che è circoscritto dal confine della pelle che lo avvolge, che può essere separato o in contatto con il Korper dell’altro come accade con due oggetti  che possono venire appoggiati l’uno sull’altro o essere tenuti lontani. Si tratta quindi di corpi, oggettivati e passivi caratterizzati da esclusiva concretezza materiale totalmente diversa dal concetto di res cogitans in cui è implicita una realtà psichica che può anche essere in grado di intercettare ed essere in relazione con la realtà psichica dell’altro.

Si tratta di una realtà psichica che si coniuga con il concetto di Leib in cui sono segnate le esperienze, le tracce mnestiche, l’eros, la storia, le pulsioni che possono trasmettersi con il Leib dell’altro: l’Es dell’uno e dell’altro possono incontrarsi dando origine a inedite esperienze creative e generative da una parte ma dall’altra anche prodursi impatti che possono declinarsi e scivolare in aspetti violenti e distruttivi.

Sottolineare la differenza tra Korper e Leib è molto importante perché consente di comprendere la differenza che esiste tra essere un corpo ed avere un corpo; credo sia molto importante che un analista possa cogliere questo spartiacque, o se vogliamo, le diverse sfumature con cui un paziente percepisce il suo corpo o aree del suo corpo, se via una sufficiente integrazione o se il corpo o delle sue parti sono scisse, aliene, o non-pensate.

Essere corpo implica una soggettività, un essere a stretto contatto con i propri sensi, desideri, pulsioni e anche malesseri mentre l’affermare di avere un corpo può essere l’apripista verso un senso di estraneità di alienazione, di inconsapevolezza con la conseguenza, se vogliamo paradossale, che vi è una deresponsabilizzazione per come il corpo si muove ed agisce quando fa male all’altro o anche a sé stesso, attraversato somatizzazioni e atti mancati in forma auto-lesiva.

Quindi quando parliamo di Es credo sia sempre necessario avere in mente che ci riferiamo al corpo come Leib, un essere corpo attraversato dalle pulsioni e dalle energie ignote provenienti dall’Es.

Unità corpo-mente e radici primarie

Ritengo, in linea con molti altri Autori che l’elemento dell’unità mente-corpo, è incarnato nelle relazioni primarie madre-bambino. Il neonato è insieme biologico e psichico. Dobbiamo quindi tenere conto che l’inizio della vita e le fasi precoci sono attraversate da una fisiologica e naturale asimmetria della relazione madre-bambino; l’auspicata unità mente-corpo della madre dovrebbe fornire sostegno al corpo del bambino perché egli possa concepire le sue primissime tracce di sviluppo psichico. il bambino molto piccolo, che non concepisce ancora la sua differenza dall’oggetto di cura, si muove esclusivamente sotto l’effetto della spinta pulsionale, porta nel suo corpo l’impronta del corpo materno; si tratta della pre-iscrizione di una relazione che non è ancora riconosciuta e assunta soggettivamente.

Quindi il corpo di un neonato può trovare un suo sviluppo più armonioso ed integrato se può essere sostenuto, anche attraverso la discreta presenza del padre, del terzo,   da una mente materna, capace di contenerlo attraverso le braccia, lo sguardo, le modulazioni vocali,  l’ascolto dei suoi ritmi e dei suoi bisogni primari cioè se il neonato è in presenza di una sufficiente capacità di holding e di contenimento che  possa favorire  uno sviluppo ed una conformazione adeguata dell’assetto corporeo ed una possibilità di integrazione tra sviluppo somatico ed evoluzione psichica.

Senza contenimento e reverie materna, o quando essa è carente, discontinua o imprevedibile, può esserci il grave rischio che il bambino possa sentirsi catapultato in una dimensione di vuoto e di melanconia e questo può trovare rappresentazione in  un corpo amorfo, melanconico ed inespressivo, un corpo-nulla, che non può esprimersi e resta nel silenzio come ben evidenziato da Thanopulos nel volume “When the body speaks” con l’espressione “il corpo silenzioso” (Thanopulos, 2023, 33): si tratta  di  un corpo immobile, non presente, apparentemente anestetizzato, chiuso in un involucro mortifero. In altri bambini, la mancanza di un contatto psicofisico con il corpo materno può essere un’esperienza molto dolorosa che si concretizza in un corpo angosciato, agitato, convulso e sofferente “poiché non si potuto fare intendere nelle proprie esigenze psichiche e fisiche mentre reclamava cure da una funzione materna (Spira, 2005, 105) con l’esito di sentirsi psichicamente ostruito ed invaso da precipitati somatici non integrati intrisi da gravi stati di angoscia.

D’altra parte le cure materne hanno da veicolarsi con tatto, tenerezza onde evitare l’infrazione o la rottura fantasmatica della barriera contro l’incesto con il rischio di precocizzare e di stimolare un’attività sessuale che il bambino non è in grado di regolare e contenere.

Come ci ricorda Freud in Tre saggi sulla teoria sessuale (1905) è fisiologico e spontaneo che, nel bambino molto piccolo, vi sia fin da subito “soddisfacimento sessuale collegato all’assunzione di cibo [e quindi] la pulsione sessuale aveva un oggetto sessuale al di fuori del proprio corpo nel seno della madre” (Freud, 1905, 527) che poi si perde con lo svezzamento e quindi la pulsione diviene autoerotica. Da qui Freud afferma che “il lattante attaccato al petto della madre è divenuto il modello di ogni rapporto amoroso” (ibid.). In queste prime fasi della vita il rapporto del bambino con la madre “è fonte inesauribile di eccitamento e di soddisfazione sessuale a partire dalle zone erogene tanto più che la madre riserva al bambino sentimenti che derivano dalla vita sessuale di lei, lo accarezza, lo bacia, lo culla” (ibid., 528).

Ricordiamo che Freud sempre, nei Tre saggi sulla teoria sessuale definisce “la pulsione come  la rappresentanza psichica di una fonte di stimolo in continuo flusso, endosomatica a differenza dello stimolo il quale è prodotto da eccitamenti isolati e provenienti dall’esterno…la fonte della pulsione è un processo eccitante proveniente da un organo interno e la meta prossima della pulsione risiede nell’abolizione di questo stimolo organico” (ibid, 479) onde eliminare il malessere della frustrazione.

La vita sessuale infantile è caratterizzata da  zone erogene “i cui eccitamenti rientrano in pulsioni sessuali parziali” (Le Guen, 2013, 1202) e dove l’eccitamento sessuale “può provenire da tutti gli organi del corpo” (ibid, 1206); la sessualità assume i connotati dell’autoerotismo, le singole pulsioni parziali aspirano all’acquisizione del piacere senza essere collegate tra di loro e agiscono in modo autonomo; questo spiega perché Freud utilizzi l’espressione di disposizione perversa polimorfa che è “diffusa in tutte le zone erogene ed è largamente sottratta alla maturazione genitale” (Meltzer, 1987, 55); se questo stato prosegue,  con l’entrata in adolescenza e nelle fasi successive ad essa, si può  determinare una fissità o una regressione verso le zone erogene pregenitali.

Es e sado-masochismo

“L’odio come relazione nei confronti dell’oggetto, è più antico dell’amore” (Freud 1915, 34)

Nel saggio Un bambino viene picchiato (1919) vengono ulteriormente elaborati i concetti di perversione infantile, la dinamica sadomasochistica, l’impasto pulsionale, l’ambivalenza tra amore e odio con un focus sugli aspetti di sessualizzazione nell’ essere picchiati che possono determinare fissazioni o regressioni verso stati sadico-anali e sadico-orali.

Ricordo che la pubblicazione del testo è di poco anteriore ad Al di là del principio del piacere (1920) quando Freud formula la teoria della pulsione di morte accanto alla pulsione di vita, uno dei fil rouge teorici che ritroviamo in L’Io e L’Es.

Nel saggio Il bambino viene picchiato Freud individua tre fasi legate alla relazione tra sessualità e sado-masochismo: per l’argomento che sto trattando mi riferisco in specifico alla seconda fase: in questa fase (che rimane inconscia e rimossa) il bambino picchiato è proprio sé stesso, picchiato dal padre. A differenza della prima fase, che può essere un ricordo legato ad una scena anche reale, la seconda fase non ha un’esistenza reale. È una fantasia inconscia in cui il piacere che accompagna il venir picchiati dà alla fantasia un carattere masochistico in cui essere picchiati dal padre comporta un’erotizzazione ed un’eccitazione che viene rimossa per un sentimento di colpa di natura edipica.

Il passaggio dalla prima alla seconda fase si spiega con il senso di colpa per cui il sadismo si trasforma in masochismo dove “l’essere picchiati è una combinazione di senso di colpa e di erotismo” (Freud, 1919, 41 sg.) che trova una scarica attraverso l’onanismo. Infatti il senso di colpa non può accettare il sadismo così come non può accettare la scelta oggettuale incestuosa.

Tenuto  conto che queste riflessioni sono di poco antecedenti alla  teoria dualistica delle pulsioni di vita e di morte possiamo ipotizzare, anche se ciò non è stato esplicitato con chiarezza, che il masochismo sessualizzato è anche un derivato della pulsione di morte cioè di una distruttività rivolta verso l’interno; questo elemento può far comprendere l’origine psico-fisica di alcune affezioni corporee “l’atto inconscio ha un’intensa influenza plastica sui processi somatici, quale non viene mai raggiunta dall’atto coscientescrive Freud in una lettera a Groddeck ” (Freud Groddeck, 1917, 16). 

Freud muta la sua precedente teoria secondo cui il masochismo è il capovolgimento del sadismo per senso di colpa per affermare che il masochismo può essere originario in quanto impasto tra sessualità e distruttività verso di sé con tutta la portata clinica che questo può avere.  

Oggetto che viola, groviglio delle fantasie e delle azioni, violazione dell’oggetto

Accanto al riferimento alle fantasie inconsce sado-masochistiche del bambino, compaiono in nuce, in Freud, collegamenti all’oggetto esterno; Freud si riferisce soprattutto a quando gli oggetti esterni trattano precocemente il bambino come oggetto sessuale. Nel bambino piccolo non sono ancora presenti quelli che Freud chiama tre agenti inibitori ovvero pudore, disgusto e morale e quindi il bambino piccolo è facilmente sottoponibile a possibili prevaricazioni dal mondo esterno che possono ammantarsi di subdole ed ammiccanti modalità seduttive; in tal modo non si può più affermare che la fantasia della seduzione sia sempre riconducibile all’immaginario infantile ma può essere effettivamente un ricordo reale. 

A tale proposito, Laplanche in Sexuale sottolinea che la situazione è oltremodo complessa poiché la potenzialità sessuale infantile può venire risvegliata, a sua volta, nell’adulto che si prende cura del bambino e che deriva dalla vita sessuale infantile dell’adulto stesso. È chiaro qui il fondamentale spartiacque che si crea nella regolazione del rapporto tra bambino e figura curante, tra tenerezza, amorevolezza e infrazione eccitante sul bambino, come avevo precedentemente accennato.

Mi sembra che su questo punto vi sia qualche assonanza tra Laplanche e Ferenczi; in Confusioni delle lingue tra adulti e bambini (1933). Ferenczi sostiene che “la forza prepotente e l’autorità dell’adulto può ammutolire il bambino, spesso togliendogli la facoltà di pensare. Ma questa stessa paura, quando raggiunge un certo livello, costringe il bambino automaticamente a sottomettersi alla volontà dell’aggressore, a indovinare tutti gli impulsi di desiderio e dimentichi di sè a seguire questi desideri, identificandosi completamente con l’aggressore. Con l’identificazione, diciamo meglio l’introiezione dell’aggressore, quest’ultimo scompare come realtà esterna: l’evento da extra-psichico diventa intrapsichico” (Ferenczi, 1933, 96). Vediamo il percorso complesso compiuto da Ferenczi su questo tema ovvero che dietro alla fantasia inconscia può anche  nascondersi, in alcuni soggetti,  un trauma reale o un accumulo di persistenti micro-macro traumi cancellati nella mente del bambino, come se nulla fosse accaduto; ciò che ne deriva è una vera e propria fantasia slegata dalla realtà esterna, una sorta di cancellazione del sigillo traumatico,  ovvero quando le forze dell’Es dell’abusante hanno travolto e terremotato l’apparato psichico in fieri del bambino.  

 

Con l’adolescenza…

Con l’entrata in adolescenza vediamo spesso che il soggetto può mettere in atto elementi lesivi su due fronti: sia agiti sul suo corpo e nel suo corpo, secondo il prezioso distinguo di Gaddini, sia nei confronti dell’altro attraverso forze distruttive che possono devastare la spinta ad amare e quindi la pulsione erotica assume connotati sadico-masochistici anche di violenza fisica. Se ci riferiamo all’oggetto, cioò può concretizzarsi in un’agire una sessualità violenta e afinalistica sull’altro che esprime un modo primitivo di appropriazione dell’altro, inteso come prolungamento di sé in cui non vi è differenza tra sé e l’altro; non si tratta di una sessualità intesa come una relazione con l’oggetto altro da sé ma vige uno stato di inglobamento tra sé e l’altro in una dimensione impastata ed indifferenziata.

La vita sessuale può restare involuta, bloccata o assumere forme perverse, attraverso arcaici e primitivi meccanismi imitativi e mimetici per cui il soggetto da vittima diviene carnefice sessuale con l’entrata nella pubertà e nelle fasi successive: infatti lo sviluppo puberale è caratterizzato “dai cambiamenti ormonali e fisiologici quando la sessualità e l’apparato muscolare diventano al centro della scena psichica, creando un conflitto con le precedenti immagini di sé”  (Campbell, 2023, 254).

Il contatto con l’altro può divenire  minaccioso e pericoloso se l’altro non corrisponde alle proiezioni del soggetto poiché in questi stati primordiali vige un’identificazione proiettiva massiccia per cui si crea una condizione in cui l’altro diviene un oggetto alieno e frustrante e come tale diventa un oggetto cattivo da annientare o da cui ci si sente annientati: si verifica infatti un mescolamento tra identificazione proiettiva massiccia ed eccitazione in cui si determina una riedizione, di natura inconscia, per cui l’altro ripete la funzione dell’abusante, diviene protagonista di un “crimine sessuale” (Laplanche, 2019, 129). È come se il soggetto avesse in mente di avere un controllo onnipotente sull’altro; se tale controllo viene smentito dalla realtà dell’altro questo genera fantasie persecutorie di minaccia o anche un sentimento catastrofico di rovina e di perdita perché crolla improvvisamente l’idealizzazione di sé e della fusione nell’accoppiamento – ciò che comunemente definiamo folie a deux.

Siamo nell’area di forme di legami primitivi, di natura arcaica di un possesso cannibalico dell’altro che, se non c’è, o genera un sentimento catastrofico di vuoto o una rabbia tragicamente appassionata e furibonda verso l’altro che non è disponibile in quel momento anche perché non sono verificate le condizioni psichiche, menstiche e rappresentative per la tolleranza dell’assenza.

Alla conclusione di questa relazione mi rendo conto di aver adombrato quella parte così consistente dell’Es che si incarna nella sua dimensione vitale e libidica ma credo, pensando ai numerosi pazienti di oggi che portano sofferenze sempre più serie e severe, che è necessario attraversare il magma della distruttività e degli aspetti mortiferi per ritrovare la luce del desiderio e l’alterità.

 

Bibliografia

Bronstein (2011). On psychosomatics The search for a meaning. International Journal of Psychoanalysis, 92(1) pp. 173-195.

Campbell D. (2021). La violenza fisica e la sua configurazione in un adolescente maschio In: Campbell D., Jaffè R. (a cura di). Il corpo che parla. Milano, Mimesis, 2023.

Conrotto F. (2003). Corpo e controcorpi. Psiche, n 1.

Ferenczi S. (1933). Confusione di lingue tra gli adulti e il bambino. Il linguaggio della tenerezza e il linguaggio della passione. In: Opere vol. IV 1927-1933 Milano, Cortina 1992.

Freud S. (1905). Tre saggi sulla teoria sessuale OSF vol. V. 

Freud S. (1915). Pulsioni e loro destini. OSF vol. VIII. 

Freud S. (1919). Un bambino viene picchiato. OSF vol. IX. 

Freud S. (1920). Al di là del principio del piacere. OSF vol. IX. 

Freud S. (1922). L’Io e L’Es. OSF vol. IX. 

Freud S. Groddeck G. (1970).  Carteggio Freud – Groddeck 1917-1934. Milano, Adelphi, 1973.

Lapalnche J. (2014). Sexuale La sessualità allargata nel senso freudiano. Milano, Mimesis, 2019. 

Le Goff J. (2003). Il corpo nel Medio Evo. Bari-Roma, La Terza, 2005.

Le Guen C. (2008). Dizionario Freudiano. Roma, Borla, 2013.

Meltzer D. (1987). Lo sviluppo kleiniano. Roma, Borla, 1987.

Spira M. (2005). L’idealizzazione. Milano, Franco Angeli, 2005.

Thanopulos S. (2021). Il Corpo pulsionale e le sue implicazioni cliniche. In: Campbell D., Jaffè R. (a cura di). Il corpo che parla. Milano, Mimesis, 2023.

Ronny Jaffè, Milano

Centro Milanese di Psicoanalisi

ronny.jaffe28@gmail.com

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