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Sezione Locale della Società Psicoanalitica Italiana

 

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La macchina degli abbracci di Temple Grandin

di Marina Montagnini

La machina degli abbracci
La machina degli abbracci Marina Montagnini

Gli scritti autobiografici degli autistici possono insegnare qualcosa sull’autismo, anche a noi psicoanalisti? Sicuramente ci danno uno straordinario documento dall’interno di quel mondo che a qualcuno di noi pare tanto bizzarro e anormale. Da un punto di vista psicoanalitico questa autobiografia ci presenta un’autistica dotata di un profondo rigore nell’introspezione, per cui ci aiuta a intuire la sua realtà interna. Come fosse “un antropologo su Marte”, così la definisce Sacks (1995), Temple trasmette le sue osservazioni su sé stessa ma anche sul nostro mondo alieno che a lei sembra incomprensibile.

Le sue osservazioni sono intelligenti e profonde, di un candore disarmante, privo di qualsiasi artificio. A tutti gli effetti sono le osservazioni di una scienziata che non si limita alla aneddotica ma si confronta continuamente con le scienze esatte.

Baron-Cohen, direttore dell’Istituto di ricerca sull’Autismo all’Università di Cambridge, non ricusa di prendere in considerazione le idee di Grandin e la cita senza imbarazzo nella sua produzione scientifica.

In aggiunta la psicoanalisi mette a disposizione una particolare abilità a empatizzare con identità altre, con l’alieno che c’è dentro e fuori di noi, con l’estraneo e lo straniero. Non solo, l’autistico desidera uscire dalla sua prigione e questo è possibile solo se il terapeuta riesce ad avvicinarlo con cautela e competenza, ‘desensibilizzando’, per così dire, il suo stato mentale sempre teso, spaventato e vigilante. Con il suo libro Temple ci aiuta a comprendere come l’autistico desidera il contatto emotivo e affettivo con l’altro anche se sembra rifiutarlo. Tutti gli Autori che presenterò nelle mie recensioni ne parlano e alcuni si soffermano sulle capacità calmanti e deliziose dell’abbraccio.

Temple inventa “La macchina degli abbracci” in analogia con la struttura di contenimento usata per i bovini durante le pratiche veterinarie; Donna Williams (1994), avvolta da una spessa trapunta protettiva, chiede al fratello un abbraccio, anche se dopo pochi secondi deve urlare: “Basta!” per non cadere nel panico.

Gli psicoanalisti sanno molto bene che lo stato mentale della mamma e dello psicoanalista predispone un ambiente ‘sufficientemente buono’, tale da fornire un contenimento saldo e rassicurante come un abbraccio (Winnicott, 1971). Il concetto di holding, centrale in “La teoria del rapporto infante-genitore” (Winnicott, 1960), esprime il punto di vista psicoanalitico sulla pregnanza di un buon contenimento.

Vorrei aprire ad una interessante esperienza clinica di cui parlano gli Ahumada, una coppia di psicoanalisti Argentini. Questi analisti, in continuità con il pensiero di Winnicott e della Tustin, usano un metodo davvero cauto e delicato come un abbraccio, che porta i bimbi autistici ad una completa guarigione. Essi sostengono che da 0 a 3 anni c’è una “finestra terapeutica” per la psicoanalisi dell’autismo e raccontano dettagliatamente la terapia della piccola Lila, priva di linguaggio, che inizia la terapia a 19 mesi e guarisce completamente- secondo gli Autori – nel corso di due anni (Bush De Ahumada, Ahumada, 2014).

 

Propongo ora il libro di una autistica che ha saputo trarre vantaggi anche dal suo handicap, dimostrando un grande ingegno.

 

Temple capì di essere simile agli animali quando da ragazzina vide che le mucche si calmavano quando venivano inserite in una gabbia di contenimento che serve a immobilizzarle, esercitando una forte pressione sui fianchi. Era afflitta da uno stato continuo di ansia e pensò che una macchina del genere avrebbe potuto calmare anche lei, come le persone normali che traggono conforto dalla pressione di un abbraccio. Voleva procurarsi degli abbracci sotto controllo, dal momento che non poteva tollerare il contatto fisico con gli esseri umani.

Progettò la macchina e la costruì. La prima volta che si infilò dentro e azionò il compressore si sentì travolta da sensazioni soverchianti ma poi divenne prevalente l’effetto calmante.

Secondo Temple anche gli autistici vorrebbero il contatto fisico ma il sistema nervoso non riesce a controllare la paura, loro emozione dominante. Temple non può farsi toccare ma usa la macchina degli abbracci come una droga.

Gli esperimenti sugli animali hanno verificato che la pressione innalza il livello degli oppioidi endogeni; una brusca mancanza può provocare invece una crisi d’astinenza. Secondo Panksepp (1) gli autistici hanno troppi oppioidi e questo spiegherebbe il ritiro sociale e l’alta soglia al dolore; infatti il naltrexone, antagonista degli oppiacei, ne migliora la socialità.

Bruschi cambiamenti del livello degli oppioidi potrebbero spiegare i bruschi switch degli autistici dalla calma alla crisi di panico o di rabbia?

Considerando l’affinità tra sé stessa e gli animali, Temple si è dedicata a studiarli da tutti i punti di vista raccogliendo prove delle analogie con gli autistici. Animali e autistici condividono, a suo parere, un sistema nervoso più primitivo, paleomammaliano, al quale si è sovrapposto quello neomammaliano, tipico dei primati e degli esseri umani normali. Secondo la teoria dei tre cervelli  l’evoluzione ha sovrapposto un cervello all’altro, senza modificare il precedente (2).

L’origine filogenetica dell’abbraccio corrisponde alla pressione del branco compatto sul singolo animale, rassicurante perché è indice di una buona protezione dai pericoli esterni.

A livello percettivo autistici e animali si somigliano per la focalizzazione sul dettaglio, le percezioni estreme, l’acuità sensoriale, che configurano la iperspecificità percettiva.

La iperfocalizzazione sul dettaglio è molto nota (3), l’autistico non vede la foresta ma il singolo albero o, meglio ancora, le singole foglie di ciascun albero. Per questo motivo osserva con interesse i granelli della sabbia quando fila tra le dita ed è abilissimo nel test della “figura nascosta”.

Gli autistici non sono affetti da “cecità da disattenzione” come le persone normali le quali usano un filtro che riduce l’afflusso delle percezioni a seconda del focus attentivo. Questo tipo di cecità ha aspetti positivi e negativi: quando manca può provocare nei bambini l’ADHD ma predispone a trovare nel mondo solo ciò che è già noto, riducendo l’originalità e l’inventiva (4).

Dalla ipersensibilità deriva una intelligenza iperspecifica che ha la sua apoteosi nei Savant autistici, dove appare chiaramente anche la sua contropartita e cioè un grave deficit della intelligenza generale, tipica delle persone normali. Tra i due tipi di intelligenza c’è un “trade-off”, l’una prevale dove manca l’altra. Le caratteristiche della intelligenza iperspecifica sarebbero comuni, ancora una volta, tra autistici e animali. Memoria prodigiosa: la nocciolaia ricorda dove ha nascosto 30000 pinoli; i Savant ricordano un elenco del telefono… Talenti prodigiosi: la migrazione degli uccelli comporta l’apprendimento di specifiche capacità di orientamento; i Savant sono esperti nei calcoli del calendario, nella verifica dei numeri primi, nel disegnare in prospettiva…

Snyder, neurocognitivista, ha proposto una teoria unificata dei talenti savant: i Savant e molti autistici hanno un accesso privilegiato ai livelli inferiori dell’informazione grezza, prima che i livelli corticali organizzino le informazioni in concetti coscienti (5). Sembra paradossale ma una certa primitività del cervello sarebbe necessaria per alcune prestazioni superiori. A riprova di ciò Snyder ha indotto dei talenti superiori silenziando con impulsi magnetici il lobo fronto-temporale sinistro di soggetti normali. Un suo collaboratore aveva osservato la comparsa improvvisa di talenti savant in soggetti affetti da demenza fronto-temporale che diventavano artisti, musicisti, inventori, sebbene l’intelligenza generale restasse molto bassa.

In aggiunta il cervello nei suoi schemi basici di funzionamento avrebbe un processore che divide in parti uguali tutti i dati in entrata per cui i Savant sanno subito se un numero è un numero primo.

Se cade una scatola di fiammiferi un bimbo autistico sa dire all’istante quanti fiammiferi sono sparsi per terra. La “numerosity” visualizza sequenze separate e distinte prima che la percezione cosciente organizzi un insieme caotico.

 

 

 

Bibliografia

 

Busch de Ahumada LC, Ahumada JL (2014), Contacting a 19 month-old mute autistic girl: a clinical narrative. IJP 96; 11-38.

Williams D (1994). Qualcuno in qualche luogo. Roma: Armando editore, 2005.

Grandin T (2005). La macchina degli abbracci. Milano: Adelphi, 2007.

Sacks O (1995). Un antropologo su Marte. Milano: Adelphi, 1999.

Winnicott DW (1971). Gioco e realtà. Roma: Armando Editore, 1997.

Winnicott D W (1960).  “La teoria del rapporto infante-genitore” in “Psicoanalisi dello sviluppo“. Roma: Armando Editore, 2004.

Panksepp J et al (1991). Naltrexone and other potential new pharmacological treatment of autism. Brain Dysfunction, IV, 281-300.

Panksepp J et al (1980). Opioid blockade and social comfort in chicks. Pharmacology biochemistry and behavior, XIII, 673-83.

MacLean P D (1990). The triune brain in evolution: role in paleocerebral functions. Kluwer Academic Publishers: New York.

Happè F & Vital P (2009). What aspects of autism predispose to talent? Philosofical transaction of the Royal Society B, 364, 1369-1375.

Baron-Cohen (2020). I geni della creatività. Come l’autismo guida l’invenzione umana. Raffaello Cortina Editore: Milano, 2021.

Snyder A W, Mitchell D J (1999). Is integer arithmetic fundamental to mental processing? The mind’s secret arithmetic. Proceedings of the Royal Society, B 266, 587- 92.

Snyder A W et al (2003). Savant-like skills exposed in normal people by suppressing the left fronto-temporal lobe. F. Integr. Neurosc. 2, 149-158.

Snyder A W et al (2006). Savant like numerosity skills revealed in normal people by magnetic pulses. Perception 35, 837- 845.

Snyder A W (2009). Explaining and inducing savant skills: privileged access to lower level, less-processed information. Philosofical transaction of the Royal Society B, 364, 1399-1405.

 

 

Marina Montagnini, Venezia

Centro Veneto di Psicoanalisi

 m.montagnini@iol.it

biografie autistiche

Autobiografie Autistiche -
Le vite delle persone autistiche raccontate da loro stesse

Marina Montagnini ha curato una serie di recensioni di autobiografie di persone autistiche, raccolte poi in un lavoro antologico.

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