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Sezione Locale della Società Psicoanalitica Italiana

 

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Gli inconsci plurali di Freud

di Marina Montagnini

(Venezia) Membro Ordinario della Società Psicoanalitica Italiana; Centro Veneto di Psicoanalisi.

Una parte dell’Io è inconscio, analogo all’inconscio rimosso – dice Freud in L’Io e l’Es – per precisare meglio poi che la parte inconscia dell’Io costringe a postulare “una terza specie di inconscio non rimosso”.

Riporto la citazione per intero: “Abbiamo trovato nell’Io stesso qualche cosa che pure è inconscio, che si comporta alla stessa maniera del rimosso, e cioè qualche cosa che esercita potenti effetti senza divenire in quanto tale cosciente, e che necessita, per essere reso cosciente, di un particolare lavoro. Costatiamo che l’Inc non coincide col rimosso; rimane esatto asserire che ogni rimosso è inc, ma non che ogni Inc è rimosso. Anche una porzione dell’Io, una porzione Dio sa quanto importante dell’Io, può essere, e anzi indubbiamente è inc. […]. Costretti quindi a istituire una terza specie di Inc non rimosso, dobbiamo riconoscere che il carattere dell’essere inconscio viene a perdere per noi in significato. Si riduce a una qualità plurivoca che non consente quelle ampie e rigorose conclusioni per le quali avremmo voluto utilizzarlo” (L’Io e l’Es, 1922, 480-481).

Nella citazione sembra evidente una nota di rammarico sia per la qualità in gran parte inconscia dell’Io, sia per la qualità plurivoca, plurale, dell’inconscio che ci dice l’amarezza dello scienziato che vorrebbe raggiungere enunciati più definiti ma che non abbandona per questo la sua onestà intellettuale.

Cos’è dunque questo terzo tipo di inconscio non rimosso, presente nell’Io?

Quanti inconsci ‘plurali’ indaga Freud?

 

Quanto all’inconscio non rimosso troviamo quanto segue: “La verità è che non resta estraneo alla coscienza solo ciò che è psichicamente rimosso, ma anche una parte degli impulsi che dominano il nostro Io, e cioè gli elementi che costituiscono la più forte antitesi funzionale rispetto al rimosso” (L’Inconscio, 1915, 76). Poco oltre si passa ad una importante precisazione per la tecnica psicoanalitica: “E’ assai interessante che l’Inc di una persona possa reagire all’Inc di un’altra eludendo il C” (Ibidem, 78). Freud ne dà un esempio nel caso clinico di una donna che si era ammalata nel momento in cui aveva saputo che il marito era sterile. Non lo aveva detto al marito: “Ma io ho alcuni buoni motivi per sostenere che ogni uomo possiede nel suo inconscio uno strumento con il quale è in grado di interpretare il modo in cui si esprime l’inconscio degli altri” (Disposizione alla nevrosi ossessiva, 1913, 238). Sappiamo quanta importanza abbia dato Freud a questi meccanismi quando entrano in risonanza l’inconscio trasmittente del paziente e l’inconscio ricevente dell’analista: “[l’analista] deve rivolgere il proprio inconscio come un organo ricevente verso l’inconscio del malato che trasmette; deve disporsi rispetto all’analizzato come il ricevitore del telefono rispetto al microfono trasmittente” (Consigli al medico nel trattamento psicoanalitico in Tecnica della psicoanalisi, 1911-1912, 536). Avvengono trasmissioni difficili da indagare: la identificazione proiettiva, la identificazione isterica parziale dell’analista con il suo paziente, l’analista che sogna il paziente e il materiale del suo mondo interno…

 

Soffermandomi sullo schema grafico di apparato psichico che si trova in L’Io e l’Es, ho sempre trovato inquietante che in quello schizzo non siano tracciate chiare linee separanti l’inconscio dal conscio. L’inconscio rimosso è separato da una doppia linea, peraltro interrotta, ma l’Es è in relazione di continuità con l’Io, tramite una tratteggiatura verticale enigmatica che lascia supporre una indefinitezza e una permeabilità sorprendenti tra le varie province psichiche e ci pone dei problemi circa il ruolo dell’inconscio non rimosso e il suo rapporto con il preconscio sovrastante.

Il terzo tipo di inconscio non rimosso, presente nell’Io, è dunque l’Es?

In Al di là del principio di piacere troviamo un’osservazione dinamica importante: “L’inconscio, e cioè il rimosso, non oppone alcuna resistenza agli sforzi della cura; il suo unico scopo è anzi quello di vincere la pressione cui è soggetto e riuscire o a farsi largo nella coscienza o a scaricarsi nell’azione reale[1]. La resistenza che si manifesta durante la cura proviene da quegli strati e sistemi superiori della vita psichica che originariamente hanno attuato la rimozione. Ma poiché l’esperienza ci insegna che […] le resistenze stesse sono inizialmente inconsce […] guadagneremo in chiarezza se invece di istituire un contrasto fra la coscienza e l’inconscio contrapporremo l’uno all’altro l’Io coerente e il rimosso. È certo che una parte notevole dell’Io è anch’essa inconscia, inconscio è proprio quello che si può chiamare il nucleo dell’Io; solo una sua piccola parte può essere designata col termine preconscio” (Al di là del principio di piacere, 1920, 205).

La questione che mi sembra importante sottolineare è che l’inconscio di per sé preme per farsi largo nella coscienza o nell’azione: “Al rimosso dobbiamo attribuire una forte spinta ascensionale, un’urgenza di farsi strada fino alla coscienza” (Lezione XXXI, 1932, 181).

 

Se la forte spinta ascensionale fosse paragonata ad un vulcano ci dovremmo chiedere quanto materiale grezzo, mai elaborato in precedenza, privo di parola, cerca una via di espressione che aggiri le formazioni difensive e forse anche le prerogative del preconscio, del resto troppo importanti per essere smentite senza evocare delle perplessità.

Nello schema sopracitato una specie di bitorzolo tondeggiante rappresenta il sistema Percezione-Coscienza e, di lato, in scivolamento, sta il “berretto auditivo” (L’Io e l’Es, 487). Uno schema più elegante, quello scelto per la locandina, lo troviamo alla fine della lezione 31 (Lezione XXXI, 1932, 189).

In ogni caso: “l’Io non è direttamente separato dall’Es, ma sconfina verso il basso fino a confluire con esso e così pure il rimosso confluisce con l’Es, di cui non è altro che una parte” (L’Io e l’Es, 487). Una breve notazione dice: “L’Es ha contatti con il mondo esterno solo attraverso l’Io, per lo meno in questo schema. (Quello della locandina). Oggi è certamente difficile dire fino a che punto il disegno sia esatto[2]. In un punto non lo è di certo: lo spazio che occupa l’Es inconscio dovrebbe essere incomparabilmente più grande di quello dell’Io o del preconscio” (Introduzione alla psicoanalisi, scomposizione della personalità, Lezione XXXI, 1932, 190).

Se per primo Freud introduce limitazioni e perplessità all’eccessivo schematismo del suo schizzo, forse nulla vieta di supporre che le persone che entrano in risonanza inconscia, trasmettano l’uno all’altro l’inconscio non rimosso che è il vero nucleo del loro Io, saltando il preconscio.

Quali ostacoli e resistenze incontra questa trasmissione che sembra fare a meno di un preventivo collegamento con i residui mnestici verbali preconsci? Oppure non ne incontra?

Ci si può ricollegare qui alla discussione sulla psicoanalisi da remoto come psicoanalisi metodologicamente corretta, in quanto anche qui è consentita la trasmissione inconscio-inconscio, in tutte le sue declinazioni plurali, compreso l’inconscio non rimosso?

Nel saggio sull’inconscio (1915) Freud dice in modo sorprendente: “E’ assai interessante che l’Inc di una persona possa reagire a quello di un’altra eludendo il C[3]” (78). Non può allora eludere anche la separazione fisica o i fili del telefono?

 

Il Compendio riassume i dati che abbiamo a disposizione. Riolo, esaminando il testo originale, trova che le espressioni di Freud sono più forti della resa in italiano: “Grund-Voraussetzung”, “postulato di base” e “Fundamentalen Annahmen”, assunti fondamentali (Riolo, 2021, 798).

La premessa di fondo consiste nella constatazione che della psiche conosciamo solo l’organo fisico, cioè il sistema nervoso e gli atti di coscienza: “Le nostre due ipotesi [assunti fondamentali] si riallacciano a questi punti terminali o iniziali del nostro sapere” (Compendio di Psicoanalisi, 1938, 572).

La prima ipotesi riguarda la localizzazione e, supponendo che la vita psichica sia la funzione di un apparato con estensione spaziale e struttura composita, ciò rappresenta una novità scientifica, nonostante l’apparente ovvietà. La seconda ipotesi, che troviamo più avanti, è la seguente:

“La psicoanalisi reputa che i presunti processi concomitanti di natura somatica costituiscano il vero e proprio psichico […]. Mentre nella psicologia della coscienza non si è mai andati oltre a quella serie lacunosa di fenomeni, che palesemente dipendono da qualcos’altro, l’altra concezione, quella secondo cui lo psichico è in sé inconscio[4], ha permesso di sviluppare la psicologia fino a farne una scienza naturale come tutte le altre” (Ibidem, 585).

“Lo psichico in sé, quale che sia la sua natura, è inconscio” (Alcune lezioni elementari di psicoanalisi, 1938).

La novità scientifica più sconvolgente è questa, l’affermazione che lo psichico è in sé inconscio. Anche a distanza di cento anni è difficile sopportare un’affermazione del genere.

Di quale psichico e di quale inconscio intende parlare Freud? “Siamo giunti alla conoscenza di questo apparato psichico studiando lo sviluppo individuale degli esseri umani. Chiamiamo Es la più antica di queste province o istanze della psiche: suo contenuto è tutto ciò che è ereditato, presente fin dalla nascita, stabilito per costituzione, innanzi tutto dunque le pulsioni che traggono origine dall’organizzazione corporea, e che trovano qui, in forme che non conosciamo, una prima espressione psichica” (Compendio di psicoanalisi, 1938, 572).

Il vero psichico è inconscio e fa base sul corpo e sulle sue esigenze pulsionali, nel più totale rifiuto di una separazione corpo/psiche. Non basta: l’inconscio non rimosso è la più antica delle province dello psichico e la sua natura è ereditaria, filogenetica, radicalmente transgenerazionale (Kaes, 1993).

 

L’Io mediatore e scudo con il mondo esterno, agisce in funzione del principio di piacere o meglio agisce in funzione del ritmo del mutamento delle tensioni prodotte dagli stimoli. Differentemente il piacere preliminare non avrebbe una base metapsicologica: il piacere preliminare è tale se ritmicamente la tensione dapprima crescente, in seguito cala.

Ad un incremento di tensione l’Io risponde infatti con un segnale d’angoscia.

Ovviamente i processi psichici sono coscienti o inconsci. La seconda qualità è da supporre necessariamente perché: “I processi coscienti non danno luogo a serie in sé conchiuse e ininterrotte” (Compendio, 1938, 584). Si intende che nel discorso cosciente si interpolano troppe lacune, lapsus, sogni, sintomi, che non si spiegano altrimenti: “Proprio con l’aiuto delle lacune dello psichico integriamo con i ragionamenti che ci sembrano più attendibili ciò che è stato tralasciato, traducendolo in materiale cosciente […]. La relativa certezza della nostra scienza psicologica è basata sulla obbligatorietà di queste conclusioni” (Ibidem, 586).

Ciò che colpisce è la sicurezza con cui Freud difende la scientificità dei propri risultati, senza alcuna remora o esitazione.

Se ripenso alle poche volte che ho assistito ad una dissoluzione del sintomo in seduta ciò è avvenuto solo in occasione di qualche interpretazione dell’inconscio (Rimosso? Non rimosso? Filogenetico?). Per esempio, pazienti con un “bolo isterico” venivano liberate quando interpretavo l’origine incestuosa/edipica del sintomo e precisamente l’inconscio desiderio di praticare un atto orale ambivalente sul pene del padre. Le pazienti senza una infarinatura psicoanalitica reagivano nelle maniere più spettacolari ma si liberavano del sintomo anche dopo anni di sofferenze.

L’inconscio deve essere dedotto, intuito, tradotto, con l’aiuto della teoria e delle recezioni inconsce dirette ma beninteso la teoria deve tenersi il più possibile vicina ai dati dell’osservazione.

Lo psichico affonda in una matrice endosomatica che come ‘vis a tergo’ biologica spinge verso la coscienza le richieste pulsionali. Il metodo delle associazioni libere, allargando le maglie del fitto intreccio resistenziale cosciente, facilita il passaggio delle rappresentanze pulsionali, in ambito controllato, in modo che l’analista sia pronto a raccoglierle e a interpretarle. Il sogno attinge anch’esso all’inconscio non rimosso, originario, e ciò permette un’altra modalità di trasmissione all’analista (Ibidem).

 

A questo punto possiamo elencare tre tipi di inconscio dinamico che fanno parte dell’Io, dell’Es e del Super-Io:

  • l’inconscio rimosso
  • l’inconscio non rimosso, pulsionale, endosomatico
  • l’inconscio primordiale, filogenetico, transgenerazionale

La parte inconscia dell’Io che costringe a postulare una terza specie di inconscio non rimosso è in continuità con l’Es dal momento che non c’è nessuna netta demarcazione tra l’Io e l’Es, come ci si può accertare dallo schizzo. Mentre esiste una parziale demarcazione tra l’Io e il Rimosso (la doppia linea), non ce n’è alcuna tra l’Io e l’Es.

Cosa vuole descrivere lo schizzo? In quella zona di vasta comunicazione l’Inconscio promana verso l’Io e comunica all’altro ogni volta che può farlo? In questo modo l’Inconscio trasmittente si mette in relazione con l’Inconscio ricevente? Non si tratta di inconscio rimosso che richiede all’analista lo sforzo di lavorare e sciogliere le resistenze. Al di là della psicosi, l’inconscio non rimosso dell’Io, filogenetico e transgenerazionale, liberamente circolante tra Io ed Es, circola anche all’interno e all’esterno degli studi, da vicino e da remoto, in tutti i modi possibili? Ogni essere umano lo ritrova nel sogno quotidiano? In clinica talora si ha l’impressione di una trasmissione che ha saltato la fase di rielaborazione verbale preconscia, tanto è vero che appare come “un buco di parole”, una emozione intensa e pervasiva che mi capita di tradurre con la parola “ricordo”, talora precocissimo.

L’inconscio come vero psichico, in tutte le sue declinazioni plurali, lo shibboleth della psicoanalisi, la parola d’ordine che discrimina tra amici e nemici, sembra richiedere ancora tanto studio (Matte Blanco, 1995; Bollas, 2007).

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[1] Corsivo mio.

[2] Corsivo mio.

[3] Corsivo mio.

[4] Corsivo mio.

Bibliografia

Bollas C. (2007). Il momento freudiano. Milano, Franco Angeli, 2019.

Freud S. (1911-1912). Tecnica della psicoanalisi. O.S.F., 6.

Freud S. (1913). Disposizione alla nevrosi ossessiva. O.S.F., 7.

Freud S. (1915). L’inconscio in Metapsicologia. O.S.F., 8.

Freud S. (1920). Al di là del principio di piacere. O.S.F., 9.

Freud S. (1922). L’Io e l’Es. O.S.F., 1922, 9.

Freud S. (1932). Lezione 31. Introduzione alla Psicoanalisi (nuova serie di lezioni). O.S.F., 11.

Freud S. (1938). Alcune lezioni elementari di psicoanalisi. O.S.F.,11.

Freud S. (1938). Compendio di Psicoanalisi. O.S.F., 11.

Kaes R. et al. (1993). Trasmissione della vita psichica tra generazioni. Roma, Borla, 2012.

Matte Blanco I. (1995). Pensare, sentire, essere. Torino, Einaudi.

Riolo F. (2021). Teorie psicoanalitiche a confronto – Un’indagine assiomatica. Presentazione della ricerca, Riv. Psicoan., LXVII, 4.

 

Marina Montagnini, Venezia

Centro Veneto di Psicoanalisi

m.montagnini@iol.it

 

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