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PAOLO CONTE, VIA CON ME

di Caterina Olivotto

"Paolo Conte, via con me" Documentario di Giorgio Verdelli 2020, Italia
"Paolo Conte, via con me" Documentario di Giorgio Verdelli 2020, Italia

Viva la musica che ti va

Fin dentro all’anima, che ti va

Penso di credere che finirò

Sempre di vivere di te ……

(Paolo Conte – Dal Loggione, 1979)

La Topolino amaranto, le donne non capivano il jazz – non si capisce il motivo, la salita di Bartali, la verde milonga, il mondo di adulti dove si sbagliava da professionisti, il tinello marron, la pioggia sugli impermeabili, lo sparring partner … questo e molto altro mi appare subito alla mente pensando alla musica di Paolo Conte; immagini emotive che si richiamano una con l’altra e che aprono continuamente a nuovi pensieri. Ripenso ai concerti, alle emozioni provate nell’ascolto, all’uomo schivo seduto al pianoforte, elegante nel portamento e dalla voce profonda e affascinate che racconta …

Prendo allora spunto da questo bel documentario di Giorgio Verdelli uscito nel 2020 e presentato alla 77 Mostra del Cinema di Venezia per un breve, ma spero intenso, viaggio emotivo nella musica di Paolo Conte che il film sembra spingerti a fare fin dal suo inizio. La sua storia, che ci viene raccontata, ti avvolge immediatamente e sembra proprio costruita come un pezzo di jazz, oscillando tra parti scritte e parti improvvisate che ti permettono di avvicinarti a lui e di trovare subito sintonia o una forma di intensa empatia. I molti personaggi dello spettacolo, alcuni di loro suoi cari amici, che vengono intervistati tra un vai e vieni di bellissime canzoni e di aneddoti che lo stesso Paolo ci confida, ce lo raccontano e ce lo fanno vedere attraverso i loro occhi; ne escono così molte sue sfaccettature che ci permettono di conoscerlo meglio o, se così si può dire, un po’ più intimamente. Via via questi “narratori” diventano anch’essi parte della storia che viene raccontata e, quasi fossero i personaggi di una sua canzone, ne tessono la trama.

Paolo Conte, Paolo Conte 1975

Paolo Conte, astigiano, cantautore innovativo, vibrafonista e suonatore di numerosi strumenti, pittore nonché ex avvocato – professione che manterrà per un bel po’ di tempo, per non tradirla, dice, e per tenersi una doppia via – molto amato dai francesi che lo hanno apprezzato un po’ prima di quanto abbiamo fatto noi, proviene dal jazz, quel jazz anni ’40, musica fatta di fuoco e di calore, che diventa essenza delle sue canzoni che spaziano tra ritmi sempre diversi, inglobando in sé swing, blues, bogee, ritmi cubani e molto altro, consegnandoci però sempre qualcosa di molto personale e creativo. L’uso dello scat (ripetizione di fonemi in chiave ritmica e melodica) e del kazoo lo caratterizzano in modo particolare; la struttura ritmica che ne viene fuori e le assonanze ci raggiungono immediatamente risvegliando antiche tracce delle prime ecolalie dell’infanzia. La sua musica ti avvolge e ti sorprende ogni volta in modo diverso e ad ogni ascolto sembra offrirti nuove sensazioni e nuove emozioni da esplorare. E questo è sempre un grande aiuto per la psicoanalisi! Scrive Di Benedetto “la musica, portatrice di “forme significanti”, aiuta a costruire internamente “significanti formali”, sensibilizza cioè la percezione di eventi al confine tra lo psichico e il somatico. Offendo alla psicoanalisi una struttura pertinente alla sfera sensoriale, di carattere pre-simbolico, rende più viva e fa pre-sentire alla coscienza la parte più oscura e sognante della psiche” (2001).

Con la sua musica Paolo Conte ci porta delicatamente e quasi senza accorgercene, all’interno di un mondo interiore, un mondo poetico che, al di là delle parole, cerca però proprio nella narrazione di una storia l’apertura all’immaginario. Dice infatti di sé di essere uno “scrittore di paesaggi” dove la canzone – come nel cinema – ha bisogno di elementi che la puntellino e che le facciano da cornice nella costruzione della trama che si svolge come fosse una pièce teatrale. Ciò che colpisce, sempre a mio parere, è l’immagine poetica forte e vivace che emerge dai suoi testi che, avvolta e contenuta dalla musica, ti trasporta immediatamente all’interno della storia che stai ascoltando e, contemporaneamente, te la fa vedere: la percezione, l’immaginazione, la fantasia trovano spazio. In fondo questo può non sorprenderci se pensiamo a quanto la pittura sia per Paolo Conte importante e un altro suo ambito creativo che lo ha accompagnato fin da quando era un ragazzino, anzi, ancor prima di dedicarsi alla musica.

Uno scrittore di paesaggi” dunque, un poeta che intrecciando musica e parole ci porta “fin dentro all’anima”.  Ne Il poeta e la fantasia (1907) Freud ci mostra come la creazione poetica sia il prolungamento e la trasformazione del gioco del bambino, serissima attività che permette di superare l’apparente contrapposizione tra fantasia e realtà, tra inconscio e coscienza, tra passato, presente e futuro. Marion Milner (1952) cita il filosofo Maritain che dice che nella intuizione poetica, realtà oggettiva e soggettività, il mondo e la totalità dell’anima co-esistono congiuntamente”. Sempre Freud ne Precisazioni sui due principi dell’accadere psichico (1911) afferma “l’artista si distacca dalla realtà … poi però trova la via per ritornare ad essa … perché grazie alle sue doti particolari trasfigura le sue fantasie in una nuova specie di cose vere”. E un po’ questo sembra regalarci Paolo Conte: la musica intrecciata al testo ci racconta una storia che ci si presenta come una sorta di gioco, uno scenario in cui si animano svariate vicissitudini condite da una sottile ed elegante ironia, dove particolari parole e meravigliose piccole frasi sono capaci di evocare tutto un mondo e un’atmosfera, di fartela conoscere e assaporare come tu fossi lì. Veniamo trasportati in quello spazio transizionale di cui ci parla Winnicott (1971), in quell’area di illusione, area del preconscio e della possibilità in cui la pulsione trova oggetti sostitutivi percorrendo la via del desiderio. Seguendo ciò che ci racconta Vinicio Capossela, possiamo pensare che è proprio grazie al sostare in questo spazio che diventa possibile per Conte affrontare nelle sue canzoni il grande enigma che è alla base del rapporto uomo/donna come in un rebus, di cui Paolo è un grande appassionato; la sua musica va poi a completare il quadro enigmistico senza risolverlo facendone però vibrare il doppio senso che ne è l’anima. Le storie che i personaggi ci raccontano – che siano storie di amori o istantanee di momenti di vita o semplicemente stati d’animo fluttuanti – e che immediatamente evocano una raffigurazione come nelle scene di un sogno sono sempre insature, sempre ci lasciano liberi di immaginare, di costruirne il seguito mettendo insieme particolari lasciati cadere qua e là nel racconto. Ma questo non assomiglia forse un po’ a quello che succede nella stanza di analisi in cui la storia che viene raccontata pian piano prende corpo e viene ri-costruita nel particolare lavoro in doppio tra paziente e analista trovando così un nuovo filo elaborativo e significante?

Nelle sue canzoni l’ironia si mescola sempre a qualcosa di romantico e il presente ci viene raccontato come se fosse nel passato; ci ritroviamo un particolare interesse per ciò che è lontano nel tempo e nello spazio. Conte ci spiega che non si tratta di nostalgia, ma di guardare le cose, le situazioni del presente come se le vedesse un po’ alle spalle, tenendo sempre il filo con il passato. E ci torna in mente Freud (1907) “… questo è appunto il sogno ad occhi aperti o fantasia, recante in sé le tracce della sua provenienza dall’occasione attuale e dal ricordo del passato. Dunque passato, presente e futuro, come infilati al filo del desiderio che li attraversa”.  

Ed eccoci a salutare con affetto il nostro poeta avvocato, cosa non facile per me dopo aver goduto della sua delicata compagnia in questo breve scritto, così lascio il compito alle sue parole, come alla fine del documentario “… ho dato sempre più importanza alla musica, ma ultimamente penso che posso essere ricordato anche per i testi … per tutte e due le cose e anche per il kazoo …” e a noi non resta che correre Via con … lui ad ascoltarlo!  

 

Bibliografia

Balsamo M. (2014), Il campo poetico nelle situazioni limite della cura. Rivista di Psicoanalisi, vol. 2

Di Benedetto A (2002), Prima della parola. Franco Angeli, Milano

Freud S. (1907), Il poeta e la fantasia, OSF, Bollati Boringhieri, Torino

Freud S. (1911), Precisazioni sui due principi dell’accadere psichico. OSF, Bollati Boringhieri, Torino

Milner M. (1952), La follia rimossa delle persone sane. Borla, Roma, 1992

Winnicott D.W (1971), Gioco e Realtà. Armando, Roma, 1974 

 

Paolo Conte, Via con me – Giorgio Verdelli (2020) – Raiplay                                                                                                   

Caterina Olivotto, Padova

Centro Veneto di Psicoanalisi

caterina.olivotto@gmail.com

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