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Sezione Locale della Società Psicoanalitica Italiana

 

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Storia e Transfert: un terreno comune per due discipline

di Patrizia Paiola

cesare musatti

Estratto della relazione presentata il 7/12/2019   al Convegno dell’Università di Padova: “Cento anni di psicologia a Padova e in Italia. Riflessioni sul passato, sul presente e sul futuro” in cui la Dr.ssa Paiola, era  invitata in qualità di  presidente del Centro Veneto di Psicoanalisi (2016-2020)

 

Il Convegno “Cento anni di psicologia a Padova e in Italia” riveste per gli psicoanalisti del CVP e della SPI, un’importanza di rilievo poiché va a toccare un nodo cruciale, riguardante il rapporto storico e scientifico tra la Psicoanalisi come “scienza dell’inconscio” e le scienze “ufficiali” universitarie: le “scienze dure” o “esatte”, com’erano chiamate. Naturalmente, potrò delineare solo per sommi capi la portata di questo processo storico, scientifico e culturale in questo contesto.

Tra le scienze “affini” alla psicoanalisi, la psicologia insieme alla medicina, è senza dubbio la più limitrofa, ma mi spingo a dire qualcosa di più: la sua storia a livello locale (di Padova), si intreccia direi in modo direi consanguineo con quella della psicoanalisi.

Sappiamo che la dimensione storica in psicoanalisi non è semplice “narrazione”, bensì qualcosa di più complesso, di meno afferrabile attraverso sequenze cronologiche, nessi causali e certezze obiettivabili. Questa dimensione, che oggi esploriamo nel rapporto tra psicoanalisi e psicologia, nella clinica psicoanalitica viene esplorata ripetutamente e costantemente. In psicoanalisi il sintomo si estende dal corpo alla parola, e al racconto dei pazienti, investendo il linguaggio come azione “specializzata dell’umano” e prolungamento del nostro essere biologico. Questo rappresenta un’inversione rispetto alla tendenza attuale della ricerca in campo medico e psicologico che tende a “confinare” il sintomo psichico nell’ambito di meccanismi strettamente biologici. Cosa peraltro plausibile, ma non sufficiente a comprenderlo pienamente. Ciò avviene, infatti, operando una riduzione della portata del suo significato a cui la psicoanalisi si oppone, reclamando l’unità psicosomatica individuale e l’interesse per la psiche ed il suo funzionamento nel suo legame fondante con il “corpo pulsionale ed erogeno”, con le sue vicissitudini storiche.

Se tutto ciò può determinare un certo allontanamento dall’oggettività (come afferma Ludin, citato da Green, 2010), è altresì vero che comporta un avvicinamento a quello che chiamiamo il transfert e alla verità storica/soggettiva che esso veicola. Porterò un esempio che ritengo pertinente. Alle origini della Psicologia Padovana, 100 anni or sono, c’è stato un incontro, assolutamente cruciale per noi tutti, tra un “Maestro” e un “Allievo”: il Professor Vittorio Benussi, e lo studente Cesare Musatti. Ed è un incontro in cui da subito entra in gioco il transfert che è movimento di trasferimento e ripetizione che porta in sé una potente tensione di ricerca rinnovatrice del passato nel presente. Ripercorro questo momento con le stesse parole di Musatti:

“Sennonché un giorno arrivò a Padova un professore triestino, che aveva insegnato psicologia nell’università di Graz e che, divenuto italiano per l’annessione di Trieste, aveva perduto il proprio posto in Austria… Alla sua prima lezione eravamo due soli allievi presenti. Ma io fui affascinato dall’uomo. Sentivo parlare di problemi e di tecniche scientifiche in una facoltà di filosofia, non da lontano come in seconda istanza… Vittorio Benussi era uno scienziato esatto, uno sperimentalista, ancorché in un campo particolare, diverso da quello della matematica e della fisica. Uscii da quell’aula dopo aver sentito la sua lezione, nello squallido ambiente di due unici studenti e dissi a me stesso: io sarò l’assistente di quell’uomo. Così fu.” Ma Musatti fu ben di più che il suo assistente, fu suo paziente analitico, e tristemente fu colui che lo ritrovò dopo la tragica morte, che rappresentò un vero evento traumatico per la neonata psicologia padovana ed anche per la vita personale e professionale di Cesare Musatti. Ciò non gli impedì di riprendere in seguito i suoi progetti interrotti.

Ecco un esempio di come “funziona” il transfert, di come si mettano in movimento, insieme, e attraverso l’incontro tra due persone, una storia antica, quella della passione dello studente Musatti in cerca della verità delle scienze esatte, ma accorto delle profonde verità dell’anima, con una nuova storia carica di attese, incarnata dalla figura di Benussi. Una nuova storia personale stava per iniziare, insieme a quella della scienza psicologica con le sue due “anime”: una sperimentale, precisa, misurabile e “positiva”; l’altra più interiore, sotterranea, imprevedibile, inconscia: la psicoanalisi. Una storia le cui necessarie deformazioni mettono in forma diversamente la Storia di quella che è la Comunità scientifica passata, attuale, e anche futura: quella storia che ha come punto di inizio l’incontro di due personaggi di notevole caratura, entrambi interessati a tenere insieme diverse dimensioni, con la forza della loro passione per la conoscenza. Non è dunque un caso che Musatti sia stato il primo a portare avanti direi “strenuamente”, date le condizioni avverse, la guerra ed il fascismo, tutte le aree della ricerca benussiana: la percezione, la psicologia della testimonianza, ed infine quella sulla suggestione-ipnosi, approdata poi al metodo psicoanalitico.

Non è semplice riconsiderare oggi pienamente gli effetti di questa sorta di “co-nascita”. Ciononostante, credo sia importante riscoprire il significato di una sorgente di pensiero comune che è rimasta attiva come flusso, a volte vivace e fluente a volte più nascosto e carsico, di confronto sul piano del pensiero e delle idee che sempre consente un arricchimento ed una contaminazione fertile.

Da uomo di scienza e psicoanalista, Musatti auspicava un “quadro epistemologico di più ampio respiro” (1996) in cui le discipline, storicamente e teoreticamente, siano poste a confronto. Incontro, confronto e discussione che si sono alimentati, nell’arco di ormai cent’anni, soprattutto attraverso “figure chiave” come Fabio Metelli e Guido Petter, entrambi laureati discutendo la tesi con Musatti. Essi fondarono nel 1965 l’Istituto di Psicologia dell’Età Evolutiva, insieme a quella prima Cattedra di Psicologia Sperimentale che nel 1922 fu assegnata a Benussi, poi a Musatti e a Metelli. Per i due Istituti nel corso degli anni furono chiamate a lavorare persone di orientamenti diversi, tra cui numerosi psicoanalisti. Di questo periodo fecero parte Giuseppe Fara, Alberto Schön, Irene Munari e Maria Vittoria Costantini, Maria Tallandini. In seguito, arrivarono Agostino Racalbuto e, seppure per un breve periodo, Renata De Benedetti Gaddini. Infine, nel 2004, venne avviato all’interno del corso di Psicologia Clinico-Dinamica l’indirizzo “psicoanalitico” ad opera di M.V. Costantini, A. Racalbuto, C. Esposito, E. Mangini, con il contributo di E. Ferruzza e C. Nicolini. E più recentemente si è aggiunta C. Marogna.

Quest’ambito seppe aprirsi nel tempo ad influenze nazionali e internazionali.

I.Munari intrattenne stretti rapporti con la Hampstead Clinic e con A. Freud; R. De Benedetti Gaddini fu in contatto con D. Winnicott negli anni in cui andava elaborando la teoria dell’oggetto transizionale; G. Fara con l’ambiente degli scrittori italiani; M.V. Costantini e A. Racalbuto ebbero contatti con la psicoanalisi inglese e francese.

Si intrattennero fertili rapporti con la medicina e la psichiatria veneziana e padovana e con la pediatria e neuropsichiatria infantile. Giorgio Sacerdoti, psicoanalista, fu direttore dell’Ospedale e dei Servizi Psichiatrici veneziani, all’avanguardia per aver avviato, ante legge 180, il primo centro pubblico di psicoterapia e day hospital, con sede a palazzo Boldù di Venezia. In seguito, la Clinica e la Scuola di Specializzazione di Psichiatria a Padova furono diretti da Luigi Pavan, anch’egli psicoanalista[1].

Nel panorama attuale, Alberto Semi ha senz’altro ottenuto un grande riconoscimento nazionale e internazionale attraverso le sue numerose pubblicazioni scientifiche. E Stefano Bolognini (formatosi a Venezia, Padova e Milano), è stato il primo italiano ad essere eletto alla Presidenza dell’IPA.

La vocazione al confronto interdisciplinare fu decisamente una caratteristica saliente del Centro Veneto sin dalle prime iniziative aperte: I Colloqui di Psicoanalisi di Venezia, voluti da Sacerdoti, fondatore del Centro e allievo di Musatti. Colloqui che, nonostante la battuta d’arresto a causa della pandemia, continuano ad alimentare un’autentica passione per il confronto “fuori dalle mura” e dalle ideologie, in linea con l’eredità aperta al futuro che Cesare Musatti ci ha lasciato.

 

Note

[1] Ricordo i tirocini dei neolaureati in psicologia svolti in clinica psichiatrica con M. Pierri, e clinica pediatrica con V .Polojaz e C. Cattelan.

 

Bibliografia

Green A. (2010), Illusioni e disillusioni del lavoro psicoanalitico

Reichmann R. (1996), Cesare Musatti, Psicologo.

 

Patrizia Paiola, Padova

Centro Veneto di Psicoanalisi

patrizia.paiola@gmail.com

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