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L’Io e l’Es. Il luogo del pensiero di Freud

di Mariella Perri

Questo lavoro, in parte modificato, è in corso di stampa presso la Rivista di Psicoanalisi, (vol. LXVIII, 4, 2022), come introduzione al Focus: Cento anni da L’Io e l’Es.

L’Io e l’Es. Il luogo del pensiero di Freud

“Esso” pensa, ma che questo “esso” sia proprio quel vecchio “io” famoso è, per usare un eufemismo, una supposizione, un’affermazione, soprattutto non è una “certezza immediata”.  Nietzsche F. Al di là del bene e del male, 1886

Nella riflessione che gradualmente prepara la nuova organizzazione della psiche nella seconda topica, Freud torna a cimentarsi con i temi del dialogo con Fliess che lo avevano portato alla fondazione della psicoanalisi riattingendo alla matrice del suo pensiero, al luogo dove la psiche non è ancora distinta dal soma. Non si tratta solo del ricorso all’anatomia e alle immagini, al rimettere mano allo schema che gli era servito da modello dell’apparato psichico nel 1895, ai tempi del Progetto.

Il “vivaio della teorizzazione dell’Es” (Ferraro, 2006) è ospitato nel dialogo di Freud con Georg Groddeck, medico, fisiatra e massaggiatore, allievo del naturopata E. Schweninger, direttore del Sanatorio di Baden Baden: un personaggio creativo meno stravagante di Fliess che sarà poi riconosciuto tra i fondatori della moderna psicosomatica.

Iniziato nel 1917, il carteggio porta alla comparsa nel 1923, a pochi mesi di distanza l’una dall’altra, di due opere gemelle-diverse: Il libro dell’Es e L’Io e l’Es.

È di Groddeck il termine e il concetto di Es che, opportunamente trasformato, diventa il cardine della svolta teorica freudiana. Non ci si meravigli che il titolo di Freud non contempli il Super-Io poiché è l’Es la vera novità.

Una considerazione introduttiva riguarda il processo del pensiero freudiano, fra solitudine e cosiddetta “telepatia”. Fin dall’inizio della loro corrispondenza Freud si era dimostrato colpito dall’intima somiglianza dell’Es di Groddeck con il proprio Inconscio quale tramite – missing link – fra il fisico e lo psichico. Lungi dal pensare a corpo e anima come un tutto unico, mistico, e a considerare l’Es quale spinta vitale determinante i singoli individui, si dichiarava fin dall’inizio interessato piuttosto all’intensa influenza plastica dell’atto inconscio sui processi somatici.  

Dopo aver fin troppo rapidamente annesso il collega alla “schiera dannata”:

“Chi riconosce che il transfert e la resistenza sono la chiave di volta del trattamento appartiene ormai, senza rimedio, alla schiera dannata. Che poi egli possa chiamare ‘Es’ l’‘Ubw’ [Das Unbewusste, l’Inconscio], ciò non fa alcuna differenza.” (Freud a Groddeck, 5/06/1917).

gli si presentano alla mente i temi del doppio, della originalità e del plagio (ancora Fliess), della trasmissione inconscia del pensiero, anche fra le generazioni (vedi Pierri 2018 e, 2022):

“Vorrei dunque accoglierla a braccia aperte come collaboratore, ma mi disturba solo il fatto che Lei abbia, a quanto sembra, così poco superato la banale ambizione all’originalità., e aspiri alla priorità. Se è sicuro di essere giunto da solo alle sue idee a che Le servirebbe anche l’originalità? E d’altra parte, può essere sicuro su questo punto? Lei ha pur sempre dieci o forse quindici anni meno di me (1856). Non potrebbe aver assorbito per via criptomnesica le idee basilari della psicoanalisi? E non potrei anch’io spiegare in modo simile la mia originalità? E che valore, comunque, può avere la pretesa di una priorità nei confronti di una generazione precedente?” (ibidem).

Per parafrasare quanto propone Falci (2022), ci troviamo di fronte al perturbante e fertile “luogo del pensiero di Freud”, alla sua capacità di pensare insieme (con Breuer, Fliess, Jung, Ferenczi, Rank, Groddeck…) anche come “dialogo degli inconsci” (Ferenczi, 1915).

Viene in mente quanto scriveva al proposito in Psicologia delle Masse:

Resta poi da assodare fino a che punto il singolo pensatore o poeta sia debitore ai suggerimenti della massa in cui vive, e se cioè egli non si sia magari limitato a portare a compimento un lavoro mentale cui anche gli altri hanno dato un contributo (1921, p. 273).

Groddeck, che avrebbe sempre amato definirsi uno psicoanalista selvaggio (così introduceva il proprio intervento al congresso psicoanalitico dell’Aja del dopoguerra, quando per la prima volta incontrò Freud di persona) dichiarava un transfert intenso ma misurato e consapevole, potremmo dire consumato, nei confronti del collega più anziano:

…nel giorno del congresso io non ho fatto che correrLe dietro quasi in trance, proprio come un innamorato. E quando ci ripenso mi fa piacere di essere ancora abbastanza giovane di provare sentimenti intensi quando ne vale la pena. (17/10/1920)

Nell’approfondirsi della relazione, alle sortite nei reciproci territori (l’Ubw e l’Es) si alternano inviti a soggiornare a Baden Baden e a Gastein, tutti cortesemente declinati.

Freud però, manda Ferenczi come avamposto. L’ungherese, dopo iniziali diffidenze, nel 1921 deciderà di riprendere con Groddeck la cura finita ma non conclusa con Freud e si sdebiterà con l’offerta di alcune sedute analitiche, iniziando un sodalizio intenso quasi quanto quella stabilito in passato col maestro: questo non semplificherà le cose per Groddeck ma certo contribuirà a renderlo più accorto nel rapporto col Professore.

Mentre i suoi lavori “eretici” sono letti, recensiti o rivisti per l’inserimento nelle edizioni psicoanalitiche (qui è coinvolto Ferenczi ma soprattutto Rank), nel medico tedesco comincia ad evidenziarsi una certa tensione nei confronti delle etichette altrui: teme la parola che “incatena il pensiero” (lettera a Freud,17/10/1920).

Freud gli rimprovera benevolmente di fare resistenza ad accettare “la nostra terminologia” (15/11/20) e incoraggiandolo a continuare a pubblicare con la casa editrice psicoanalitica, da parte sua si dichiara aperto allo scambio e disposto ad abbandonare egli stesso le proprie categorie:

“In realtà sono io stesso un eretico, che non si è ancora trasformato in un fanatico. (…) Purché ci si mantenga all’altezza e si sappia ciò che si fa, si può imboccare ogni sorta di strada, anche al di fuori di quella maestra. (28/11/20).

In queste circostanze cominciano ad essere concepiti Il libro dell’Es (sottotitolo Lettere di psicoanalisi a un’amica) e L’Io e l’Es. Naturalmente il confronto fra i due non potrà che essere impari.

Groddeck va per la sua strada e si appresta alla scrittura del suo testo avvertendo Freud che potrebbe non piacergli per il “molto misticismo” e la “molta fantasia” (20/11/1920) e man mano gliene ne invia delle parti.

Nella primavera del 1921 Freud comincia a leggerle e dopo aver colto la resistenza del collega a far uso del termine inconscio (“…comprendo assai bene perché a Lei l’‘Ubw’ non basti per farle considerare l’Es superfluo”) da parte sua dichiara di saper convivere con una certa insoddisfazione nella concezione dell’Inconscio che

… è ancora soltanto qualcosa di fenomenico, un segno distintivo, in mancanza di una conoscenza migliore, come se dicessi: il signore nel cappotto di loden, di cui non riesco a vedere chiaramente il viso. Che cosa faccio se un giorno egli compare senza questo indumento? (17/04/1921)

Egli è già pronto a servirsi dell’Es per dare un qualche contorno-indumento all’Inconscio nei suoi strati più profondi (“il Suo “Es” sarebbe la denominazione giusta” aggiunge), riservando le distinzioni già rilevate agli strati relativamente superficiali della psiche. Lo schizzo che Freud inserisce nella lettera è una prima bozza della rappresentazione grafica che comparirà nel secondo capitolo de L’Io e l’Es (che scriverà solo nell’estate del 1922) e riprenderà, con ulteriori modifiche, nella Lezione XXXI del 1932[1].  

Le due concezioni dell’Es, di Groddeck e di Freud, erano in realtà poco compatibili. Basti pensare che nel 1912 Groddeck aveva scritto:

 “Non esiste alcun Io ed è una menzogna, un travisamento, quando diciamo: Io penso, Io vivo. Bisognerebbe dire: esso pensa, esso vive (Es denkt, es lebt)” (p. 243).

Successivamente nelle lettere a Freud affermava: “La coscienza è soltanto uno strumento dell’Ubw (Inconscio).” (giugno 1917). E ancora, dopo aver potuto finalmente leggere L’Io e l’Es, ribadiva: “L’Io è un’illusione dell’Es” e “l’Io e il Super-Io… sono solo strumenti operativi” (27/05/1923).

Per Freud il termine Es arrivava a proposito, in una rinnovata rappresentazione strutturale della psiche, per imbrigliare e personificare certi connotati dell’Inconscio (il cavallo), – e soprattutto per potenziare l’Io, un Io più strutturato e coeso (il cavaliere), con un nucleo di inconscio rimosso ben staccato negli strati superficiali ma indistinto e confluente negli strati più profondi (i mezzi presi a prestito). Sicché nella sintesi del nuovo modello della psiche, e della cura, l’affermazione programmatica sarà: “Dove era l’Es, deve subentrare l’Io. È un’opera di civiltà, come ad esempio il prosciugamento dello Zuiderzee.” (1932 p. 190, corsivo mio).

Sembra essersi dimenticato di quanto aveva confidato a Groddeck nella sua prima lettera, cioè dell’importante prerogativa dell’Inconscio che non aveva ancora trovato il contesto adatto per collocare nella teoria pubblica:

  “l’affermazione che atto inconscio ha un’intensa influenza plastica sui processi somatici, quale non viene mai raggiunta dall’atto cosciente.” (05/06/1917).

Le divergenze teoriche saranno anche personali: nell’opinione espressa da Freud, Groddeck si sottrae alla carriera psicoanalitica a causa di difficoltà col transfert paterno, poiché tende a collocarlo nella serie materna (Natale 23).

Groddeck sente di essere stato l’aratro di cui il contadino si è servito per dissodare il terreno pietroso dell’Io (“dove la divisione fra psichico e fisico è troppo accentuata”) lasciando vacante e senza frutti quello fertile dell’Es (27 maggio 1923) e avverte Freud che, mantenendosi esclusivamente nel campo del cosiddetto psichico, e del complesso paterno di castrazione, bloccherà il lavoro degli allievi che provano a lavorare su nascita, allattamento e svezzamento, e sull’angoscia relativa al materno. Sul proprio transfert replica:

Al problema del padre io faccio particolare attenzione a causa dei miei complessi personali, ma per il momento non posso impedirmi di lavorare più volentieri sul problema della madre che non su quello del padre (31/06/1923).

E cercando di fargli riconoscere, anche nella relazione con gli allievi, il transfert materno.:

“Lei, e anche sua figlia Anna (…) avete gli occhi di mia madre. E il suo nome ha perso una finale, dovrebbe avere anche una e[2].” (ibidem)

Le due prospettive divergono al punto da sostenere paradigmi teorici e clinici contrapposti e anche divisioni scismatiche (Poster, 2009): semplificando, da un lato la civilizzazione, la centralità del paterno e la psicologia dell’Io, dall’altro l’esplorazione della creatività del materno, del preverbale e della relazione.

Fatalità, la traduzione inglese farà scomparire il termine Es da entrambi i titoli e i testi: Das Buch vom Es di Groddeck diventa The Book of it e Das Ich und das Es di Freud diventa The Ego and the Id. Non solo si perderà la reciproca parentela – e quella ventilata con Nietzsche – ma il termine freudiano verrà espresso in latino, quasi a dare una mano di scientificità medica, di corporeità, al saggio metapsicologico.

Freud non era soddisfatto della traduzione ed ebbe modo di manifestarlo in occasione della pubblicazione de “Il significato occulto dei sogni” (1925). Spazientito dalle proteste di Jones e dal suo timore per lo scandalo di una conversione della psicoanalisi all’occultismo, Freud nel ribadire la propria assoluta libertà di interessarsi alla trasmissione del pensiero (ritorna ancora il tema) si toglieva un sassolino dalla scarpa:

Mi dispiace moltissimo che le mie opinioni sulla telepatia L’abbiano messa nuovamente in difficoltà. Ma è davvero difficile non offendere la sensibilità inglese. A volte ho pensato che non avrei dovuto scrivere “Das Ich und das Es” poiché das Es non può essere reso in inglese. (7/03/1926).

Piccato, Jones replicava criticando in realtà entrambi i termini per la loro poca “tecnicità”:

 Non ho capito la sua difficoltà relativa a “Das Ich und das Es” in inglese. Non è soddisfatto da “Id”=”Es”? Secondo me va bene, ma ovviamente nessuna delle due parole è un buon termine tecnico.” (11/03/26).

Per quanto riguarda infine la citazione di Nietzsche come padre del termine Es, ricordiamo che Freud informa Groddeck del proprio libro sull’Es solo in occasione del Natale 1923:

“… proprio Lei ricorda, del resto, come già da tempo io abbia accettato da lei l’Es? È accaduto assai prima che ci conoscessimo, in una delle prime lettere che Le ho scritto. Vi avevo inserito uno schizzo che fra poco verrà pubblicato quasi identico.”

e a questo punto gli chiede:

“Io credo che l’Es (in senso letterario, non associativo) Lei l’abbia preso da Nietzsche. Posso affermarlo nel mio scritto?”

Il dialogo si sta chiudendo e nel 1923 Il Libro dell’Es, che Rank fra tagli e modificazioni ha tardato quasi un anno ad approvare per la pubblicazione, esce solo qualche mese prima del L’Io e l’Es: Groddeck non conferma né nega, ma sa di essere il “padrino di questo titolo” di Freud (27/05/1923).

Il riferimento a Nietzsche, che sottrae la paternità dell’Es a Groddeck, sembra un terzo costruito da Freud per separarsi, distinguersi dal collega. Se nel 1923 introducendo il termine Es, Freud cita Groddeck e precisa in nota:

Groddeck a sua volta segue l’esempio di Nietzsche, che usa correntemente questa espressione grammaticale per indicare quanto nel nostro essere vi è di impersonale e, per così dire, di naturalisticamente necessitato” (p. 486 nota 3).

nel 1932 Groddeck è un suggeritore che passa in seconda fila:

Adeguandoci all’uso linguistico di Nietzsche e seguendo un suggerimento di George Groddeck… (p.184)

In questo modo Freud accetta finalmente di pagare un suo tributo a Nietzsche, nei confronti del quale le esitazioni comportavano ancora il confronto con il doppio:

… mi sono interdetto l’alto godimento delle opere di Nietzsche con il deliberato obiettivo di non essere ostacolato da nessun tipo di rappresentazione anticipatoria nella mia elaborazione delle impressioni psicoanalitiche. In compenso dovevo esser disposto – e lo sono di buon grado – a rinunciare ad ogni pretesa di priorità in quei casi – e non sono rari – in cui la faticosa indagine psicoanalitica non può far altro che confermare le nozioni intuitivamente acquisite dai filosofi. (1914, p.389).

… per un lungo periodo di tempo ho evitato di leggere Nietzsche, l’altro filosofo le cui intuizioni e scoperte coincidono spesso, in modo sorprendente, con i risultati faticosamente raggiunti dalla psicoanalisi; più che la priorità mi importava di conservarmi libero da ogni influsso esterno. (1924, p.127).

Il tema del possesso, e del conflitto col padre delle idee, rivela a questo punto una breccia di desiderio poiché un legame profondo col pensiero di Nietzsche era stato nel frattempo sancito dall’intima amicizia di Freud con Lou Andreas Salomé.

Questa formidabile donna, psicoanalista poco valorizzata nella storia del movimento – ospite al congresso di Weimar nel 1911 e formatasi a Vienna dall’autunno del 1912 alla primavera del 1913 “a scuola da Freud -, nell’inverno del 1921 era stata da lui invitata, ospite della famiglia in Berggasse, per collaborare alla supervisione della figlia Anna (e per affiancarlo nella conclusione della sua analisi). Nel 1922 la Salomé aveva fatto ingresso insieme ad Anna nella società psicoanalitica viennese ed era rimasta fedele alla psicoanalisi e a Freud per il resto della sua esistenza.

Alla sua morte Freud ricordava:

 … da giovanetta aveva stretto una intensa amicizia con Friedrich Nietzsche, fondata sulla sua profonda intelligenza delle ardite idee del filosofo. Questo rapporto si interruppe bruscamente dopo che lei ebbe declinato una proposta di matrimonio che lui le aveva fatto.

e concludeva:

Mia figlia, di cui è intima, l’ha udita rammaricarsi di non aver conosciuto la psicoanalisi negli anni della giovinezza. Ma naturalmente a quell’epoca la psicoanalisi non esisteva ancora. (1937 p.493)

Se l’eco del pensiero del filosofo tedesco permea tutta l’opera freudiana (dal significato del sogno alla dimenticanza, al senso di colpa, al ritorno dell’eguale, al Superuomo …), la citazione del 1932 a proposito dell’Es è una delle rare citazioni nietzschiane espresse in modo diretto nell’opera freudiana, in genere tutte riferite per interposta persona (un amico, un paziente, un collega…).

Ma c’è anche chi considera questa specifica citazione sull’Es un’attribuzione errata sulla base di una “criptomnesia”, che si trascina nella letteratura secondaria (Nitzschke, 1983): in effetti c’è un solo, unico passo in cui Nietzsche parla di Es

Es denkt: aber dass dies “es” gerade jenes alte berühmte “Ich” sei, ist, milde geredet, nur eine Annahme, eine Behauptung, vor Allem keine “unmittelbare Gewissheit” (1886, p.17).

 Insomma, se la citazione è errata, potremmo considerarla un lapsus, uno scherzo dell’Es… di cui Freud si sarebbe servito per ribadire ancora una volta la propria originalità di pensiero.

E va ricordato che mentre l’Io e L’Es è in corso di stampa Freud si accorge della leucoplachia al palato, esordio della lunga malattia che lo accompagnerà fino alla morte.     

 

Bibliografia

Falci A. (2022) Ragione e passioni. Qual è il luogo del pensiero in Freud? Riv. Psicoanal.,LXVIII, 4.

Ferenczi S. (1915) “Anomalie psicogene del timbro di voce”, in Opere, vol. II. Milano, Raffaello Cortina ed.

Ferraro, F. (2006) Leggere e ri-leggere Freud: L’Io e l’Es. Rivista di Psicoanalisi 52:659-684.

Freud S. (1895) “Progetto di una Psicologia (per neurologi)”, OSF, 2.

Freud S. (1914) “Per la storia del movimento psicoanalitico”, OSF, 7.

Freud S. (1922) “L’Io e l’Es”, OSF, 9.

Freud S. (1924) “Autobiografia”, OSF, 10.

Freud S. (1925) “Alcune aggiunte d’insieme alla “Interpretazione dei sogni”, OSF, 10.

Freud S. (1932) “Introduzione alla psicoanalisi (nuova serie di lezioni)”, OSF, 11.

Freud S. (1937) “Necrologio di Lou Andreas-Salomé”, OSF, 11.

Freud S., Jones E. (1993) Corispondenza 1908-1939,Torino, Bollati Boringhieri, 2001.

Freud S., Groddek G. (1973), Carteggio Freud-Groddeck, Milano, Adelphi, 1970.

Groddek G. (1923) Il libro dell’EsLettere di Psicoanalisi a un’amica Milano, Adelphi,1966.

Groddek G. (1912) “Del linguaggio” in Il linguaggio dell’Es  Milano, Adelphi,1969.

Nietzsche F. (1886) Jenseits von Gut und Böse. Vorspiel einer Philosophie der Zukunft. Leipzig. von C. G. Naumann. https://cedires.com/wp-content/uploads/2019/11/Nietzsche_F_Jenseits-von-Gut-und-Boese_dual-language-German_English.pdf

Nitzschke B. (1983) Zur Herkunft des »Es«: Freud, Groddeck, Nietzsche — Schopenhauer und E. von Hartmann. Psyche – Zeitschrift für Psychoanalyse 37:769-804

Pierri M. (2018) Un enigma per il dottor Freud. La sfida della telepatía Milano, FrancoAngeli.

Pierri M. (2022) Occultism and Origins of Psychoanalysis. Freud , Ferenczi and Thought Transferece London, Routledge.

Poster, M. F. (2009) Ferenczi and Groddeck: Simpatico: Roots of a Paradigm Shift in Psychoanalysis. American Journal of Psychoanalysis 69:195-206

 

NOTE

[1] Il ricco lavoro di Fausta Ferraro permette di seguire la costruzione del pensiero di Freud attraverso questi tre schemi grafici (2006).

[2] Freude= Gioia

Mariella Pierri, Padova

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mariella.pierri@gmail.com

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