KnotGarden 2025/3 – Tradurre Freud Oggi

Le vicissitudini della traduzione spagnola delle Opere complete di Sigmund Freud

di Adriana Ramacciotti

(Firenze), Membro Ordinario della Società Psicoanalitica Italiana.

*Per citare questo articolo:

Adriana Ramacciotti (2025), Le vicissitudini della traduzione spagnola delle Opere complete di Sigmund Freud. Rivista KnotGarden 2025/3, Centro Veneto di Psicoanalisi, pp. 121-131.

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Siendo yo un joven estudiante,

el deseo de leer el inmortal “Don Quijote”

en el original cervantino me llevó a aprender,

sin maestros, la bella lengua castellana”. S. Freud (1923)

Esistono diverse edizioni delle Opere complete di Freud in lingua spagnola, ma le due più note sono quella spagnola pubblicata da Biblioteca Nueva e quella argentina edita da Amorrortu.

 

Biblioteca Nueva

La prima versione, pubblicata da Biblioteca Nueva e curata da Luis López-Ballesteros, risale al 1922 e fu fortemente sostenuta dal filosofo e cultore del pensiero tedesco in Spagna, José Ortega y Gasset. Già interessato alla psicoanalisi, Ortega aveva infatti pubblicato nel 1911 un ampio saggio intitolato Psicoanálisis, una ciencia problemática, in cui riconosceva l’importanza del pensiero freudiano e ne auspicava la diffusione.

 

Prima di questa pubblicazione, diverse riviste scientifiche avevano già iniziato a proporre al pubblico spagnolo traduzioni di articoli freudiani, soprattutto in ambito medico e psichiatrico. Un caso emblematico è rappresentato dalla rapidissima traduzione dell’articolo I meccanismi psichici dei fenomeni isterici (1893), di J. Breuer e S. Freud, pubblicato originariamente nel Neurologisches Zentralblatt di Vienna. Circa un mese dopo, il testo apparve in due riviste scientifiche spagnole: la Revista de Ciencias Médicas de Barcelona (vol. 14, p. 3) e la Gaceta Médica de Granada (vol. XX, pp. 105–111, 129–135). Secondo J. Strachey, si tratterebbe della prima traduzione in assoluto di un’opera di Freud (Löwenberg & Thompson, 2011; Bermejo i Frígola, 1991).

Le Opere complete, tradotte da L. López-Ballesteros, furono pubblicate tra il 1922 e il 1934 in una collana articolata in 17 volumi, usciti quasi parallelamente alla raccolta tedesca delle Gesammelte Schriften (1924-1934), pubblicata a Vienna. L’edizione spagnola tiene conto di questi scritti, ma include anche lavori comparsi in altre raccolte. A questa traduzione viene riconosciuto il merito di una particolare cura stilistica e dell’eleganza della lingua spagnola. Nella lettera indirizzata al traduttore, riportata all’inizio delle Opere complete, Freud (1923) esprime il proprio apprezzamento per l’interpretazione del suo pensiero e per lo stile raffinato della versione spagnola. Aggiunge inoltre: «Mi sorprende, soprattutto, come Lei, pur non essendo né medico né psichiatra di professione, sia riuscito a raggiungere un tale dominio assoluto e preciso di una materia tanto intricata e talvolta oscura» (trad. mia). Una sorpresa, quella di Freud, che con il tempo — come vedremo più avanti — si trasformerà in una nota critica rivolta a entrambe le traduzioni (Ortiz, 1995).

Come segnala Vezzetti (1991), già dagli anni Venti si registra la presenza di testi freudiani in Argentina, inizialmente diffusi nell’ambito della psichiatria. Tuttavia, alla fine degli anni Trenta, il pensiero freudiano risultava ormai ampiamente radicato nel contesto culturale di Buenos Aires. Inoltre, il crollo dell’industria libraria in Spagna, conseguenza della guerra civile, favorì una significativa espansione del mercato editoriale argentino, con la pubblicazione non solo di testi psicoanalitici, ma anche di migliaia di opere di letteratura, filosofia e storia. Freud divenne così uno scrittore popolare, letto non solo da un pubblico colto e intellettuale, ma anche da lettori eterogenei, che ebbero accesso alle sue opere grazie a traduzioni di larga diffusione.

 

Il primo tentativo di pubblicare integralmente le Opere complete di Freud risale al 1943, a Buenos Aires. L’iniziativa si colloca nel contesto della fondazione dell’Asociación Psicoanalítica Argentina (1942), ma fu in realtà promossa da un editore — l’Editorial Americana de Buenos Aires — particolarmente attento sia alle esigenze di un pubblico più ampio, sia alle difficoltà di ristampa dell’edizione spagnola allora disponibile. Fu Ludovico Rosenthal a intraprendere la traduzione degli scritti inediti di Freud: inizialmente collaborò con l’Editorial Americana, ma sarà un’altra casa editrice argentina, Santiago Rueda, a portare a compimento il progetto nel 1952. Infatti, l’impresa di pubblicare integralmente la totalità delle Opere complete si concluse con successo: diciassette volumi furono tradotti da José Luis Ballesteros e cinque da Rosenthal, che utilizzò come fonti principali i Gesammelte Werke e i primi volumi della Standard Edition. Rosenthal precisò che il suo impegno mirava a garantire una maggiore fedeltà al testo, sottolineando che, sebbene Freud si esprimesse in un tedesco corrente, molti termini da lui utilizzati avevano acquisito un valore tecnico, rendendo dunque necessario “verterli” in castigliano preservandone la specificità terminologica. Rosenthal tradusse anche altri testi freudiani pubblicati nella Revista de Psicoanálisis nel 1956.

Nel frattempo, l’editore spagnolo Biblioteca Nueva pubblicò nel 1948 una raccolta delle opere di Freud in due volumi e tra il 1967 e il 1968 fu aggiunto un terzo volume, che comprendeva gran parte dei testi precedentemente tradotti da Ludovico Rosenthal. Tuttavia, pur trattandosi della medesima traduzione, essa venne attribuita a R. Rey Ardid. Questo episodio, definito da Harrington (1977) “tanto insolito quanto inspiegabile e che si ripete nelle due edizioni successive” è stato ripreso da Vezzetti (1991), ed è considerato un fatto deplorevole. Le edizioni successive di Biblioteca Nueva sono quella del 1972-1975 (in nove volumi) e quella del 1973 (in tre volumi), stampati su carta bibbia, che non introdussero modifiche significative oltre all’ordinamento cronologico dei testi.

 

Amorrortu

Tra il 1974 e il 1985, la casa editrice argentina Amorrortu pubblicò in 24 volumi le Opere complete di Sigmund Freud, nella traduzione dal tedesco di José Luis Etcheverry. L’edizione si basa sui Gesammelte Werke, l’opera tedesca di riferimento, e presenta gli scritti freudiani ordinati cronologicamente. L’edizione incorpora le introduzioni e le note di James Strachey tratte dalla Standard Edition (1953–1974), riferimenti alle precedenti traduzioni spagnole e ulteriori note del traduttore.

L’obiettivo non era semplicemente migliorare o correggere le precedenti traduzioni, ma ripensare radicalmente Freud. Come scrive Vezzetti (1996) nella sua dettagliata analisi di questo momento storico, negli anni Settanta la psicoanalisi si era sviluppata in modo straordinario a Buenos Aires, all’interno di gruppi di studio, circoli, istituzioni e anche in ambito universitario. Vi era una certa insoddisfazione nei confronti della traduzione di Ballesteros, nella quale si segnalavano errori e omissioni; presso l’APA, le opere complete venivano lette nella versione inglese curata da Strachey. Ancora una volta, come già negli anni Cinquanta, prosegue Vezzetti, l’iniziativa di una nuova traduzione che facilitasse una lettura sistematica del testo freudiano nacque dalla richiesta di un vasto pubblico. Amorrortu aveva già pubblicato, nei campi delle scienze sociali, della psicologia e della psicoanalisi, una serie di opere di psicoanalisti francesi (O. Mannoni, S. Leclaire, J. Laplanche, P. Aulagnier), riconducibili a un movimento di rinnovamento della psicoanalisi e di ritorno a Freud. Il vocabolario della psicoanalisi di J. Laplanche e J.-B. Pontalis (tradotto in spagnolo nel 1971) ha costituito senza dubbio uno strumento fondamentale per il lavoro di traduzione. Nel frattempo, nel 1976, in Argentina si instaurò la più brutale dittatura militare della sua storia. Così, questa impresa, iniziata in un clima di idee anticonformiste, vide la sua realizzazione proprio in quel difficile contesto storico.

La scelta di Etcheverry come traduttore fu particolarmente significativa: intellettuale poliglotta, laureato in filosofia, attraversava diversi ambiti del sapere. Fu istituito un comitato composto da un gruppo di traduttori; due psicoanalisti e uno psicologo erano incaricati di leggere e discutere la traduzione, sottoponendo poi i propri commenti a Etcheverry. Successivamente, il testo rivisto passava al caporedattore, il quale lo confrontava con la Standard Edition e segnalava a Etcheverry eventuali differenze significative. Questo processo richiedeva spesso un ritorno al testo originale in tedesco (Wolfson, 2011).

Etcheverry mostrava una spiccata inclinazione per l’approfondimento dell’origine dei termini, delle fonti e dei contesti culturali. Da ciò derivava un uso frequente di arcaismi, che padroneggiava perfettamente, ma che fu anche oggetto di critica, in particolare da parte di psicoanalisti che vedevano in questa tendenza una certa dispersione, tale da rendere più difficile la collocazione dei termini tecnici all’interno della struttura dell’opera freudiana e il tracciamento della loro evoluzione concettuale (Ortiz, 2025).

Nel volume introduttivo alle Opere Complete, oltre a motivare la necessità di una nuova edizione, José Luis Etcheverry espone e chiarisce gran parte dei criteri che orientarono le sue scelte concettuali e terminologiche, in particolare, il grado di letteralità adottato e il rilievo attribuito al contesto culturale, scientifico e filosofico. Consapevole delle oscillazioni presenti nella scrittura freudiana, che alterna un tedesco di registro quotidiano a uno intriso di rimandi filosofici e culturali dell’epoca, Etcheverry appare profondamente determinato a immergersi nel clima culturale in cui ogni termine ha preso forma. Una scelta che sembra derivare non solo dalla sua formazione filosofica, ma anche da un’esigenza più profonda, quasi viscerale, condivisa da molti intellettuali provenienti da contesti geo-culturali distanti: il desiderio di appartenere a una comunità culturale senza confini geografici, ma al tempo stesso consapevole della storia e del clima culturale diversi del luogo di provenienza.

Per comprendere il tipo di lavoro da lui svolto quando si imbatteva in un termine che lo sorprendeva e lo spingeva a porsi domande filologiche, o semplicemente a chiedersi “da dove proviene?”, mi è sembrato utile riportare come esempio la sua riconsiderazione traduttiva del termine Besetzung.

 

Sul termine Besetzung: scelte e percorsi traduttivi di Etcheverry

Etcheverry, inizialmente, nelle Opere complete, aveva tradotto il termine Besetzung come “investimento” (“investidura”); successivamente, nella pubblicazione delle Lettere a Fliess, in spagnolo propose invece di renderlo con “popolazione”. In una conferenza tenuta nel 1995 presso la Facoltà di Psicologia in Uruguay, spiegò il percorso che lo aveva condotto a questa scelta traduttiva.

Etcheverry fu colpito soprattutto dal fatto che Freud impiegasse il termine Besetzung in modo apparentemente scontato, senza indicarne le fonti o giustificarne l’uso fin dalla sua prima apparizione nell’opera freudiana, nello scritto Sull’interpretazione delle afasie del 1891. Da qui, Etcheverry ipotizzò una possibile doppia origine del concetto.

La prima fonte sarebbe per lui rintracciabile nei lavori di Meynert, autore che, oltre a occuparsi dell’istologia del cervello — definendo tipologie di cellule e tessuti, nonché le loro funzioni — si era anche interessato al problema dell’apprendimento. Etcheverry sottolineava che Meynert utilizzava il termine Okkupation per descrivere l’occupazione di zone della corteccia cerebrale, e che tale occupazione dava luogo a una Besetzung, cioè a una “popolazione”: il cervello risultava popolato da funzioni, come accade, ad esempio, quando si apprende una lingua straniera.

La seconda fonte individuata da Etcheverry è Boltzmann, fisico, matematico e filosofo viennese di inizio Novecento. In ambito termodinamico, Boltzmann impiegava il termine Besetzung per indicare un calcolo statistico, relativo allo stato di un impulso “popolato” da un determinato numero di molecole.

A questo punto, Etcheverry si chiede se il termine “investimento” non sia da intendersi in senso più fenomenologico, mentre “popolazione” risulterebbe forse più adatto per ipotizzare un eventuale tentativo di Freud di applicare al processo psichico il modello della termodinamica statistica.

Altri dei numerosi termini e percorsi traduttivi spiegati da Etcheveryy sono: Vorstellung, reso come “rappresentazione” (e non “idea”); “rappresentazione-parola” e “rappresentazione-cosa” (anziché “di parola” o “di cosa”); Gemeinsamkeit, reso come “comunità” (e non “patrimonio comune”), Trieb tradotto come “pulsión” e la proposta successiva del termine “querencia” (Etcheverry, 1978).

 

Per concludere

Chissà se le problematiche sollevate da Etcheverry, le difficoltà traduttive, le esitazioni nel trovare “il termine giusto”, definitivo, nella lingua d’arrivo, non indichino in realtà una molteplicità di questioni più ampie. Come si è osservato in entrambe le principali traduzioni, il contesto sociale e culturale dell’epoca ha avuto un ruolo determinante, orientando non solo la scelta terminologica ma anche l’intero approccio traduttivo: in un caso, la ricerca della bellezza e correttezza formale della lingua; nell’altro, l’adesione a una tipo letteralità e l’attenzione al contesto.

Certamente il tipo di formazione dei traduttori, l’appartenenza ad ambiti filosofici o psicoanalitici che implicano non solo la conoscenza dell’opera freudiana ma anche l’esperienza psicoanalitiche personale e clinica, e soprattutto la familiarità con la lingua originale pare siano variabili ancora di forte impatto nella traduzione.

 

Oltre alla polisemia del testo freudiano, è lecito interrogarsi se alcuni termini che presentano particolari difficoltà traduttive pongano problemi analoghi in diverse lingue — e se tali difficoltà non rappresentino, in definitiva, indizi di snodi teorici ancora inesplorati. A proposito del termine Besetzung, Françoise Cribier (2008) non solo ne ricostruisce l’evoluzione all’interno dei testi freudiani, ma evidenzia anche le questioni teoriche sottese, ancora oggi oggetto di discussione.

Sebbene il presente lavoro si concentri sulle Opere complete, è opportuno segnalare il valore di numerose iniziative che propongono la traduzione di testi specifici affiancando il testo originale. Tali edizioni contribuiscono, in un certo senso, a superare il “tabù” iniziale nei confronti della lingua tedesca e, al contempo, offrono al lettore strumenti utili per orientarsi nelle scelte traduttive, grazie alle note dei curatori-traduttori che ne esplicitano le motivazioni e le esigenze. Si tratta di tentativi di rileggere Freud attraverso le pieghe delle lingue, per approfondirne e rielaborarne il pensiero.


Bibliografia

Bermejo I., Frigola V. (1991). La “primerísima” traducción de una obra de Freud. Revista de Historia de la Psicología, 12(3-4), pp. 341-344.

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Etcheverry J. L. (1978). Sobre la versión castellana. Buenos Aires, Amorrortu.

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Ortiz A. (1995). La disolución freudiana de las psicosis. Buenos Aires, Editorial Sedimientos 2da edición.

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Wolfson L. (2008). Ver cómo se traduce a Freud: una experiencia histórica. Revista de Historia de la Traducción, 2. Universidad Autónoma de Barcelona.

 

 

Adriana Ramacciotti, Firenze

Centro Psicoanalitico di Firenze

adrianaramacciotti@gmail.com

 

 

*Per citare questo articolo:

Adriana Ramacciotti (2025), Le vicissitudini della traduzione spagnola delle Opere complete di Sigmund Freud. Rivista KnotGarden 2025/3, Centro Veneto di Psicoanalisi, pp. 121-131.

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