Sezione Locale della Società Psicoanalitica Italiana
KnotGarden 2025/3 – Tradurre Freud Oggi
di Ilenia Emma Caldarelli
(Padova), Membro Associato della Società Psicoanalitica Italiana
*Per citare questo articolo:
Ilenia Emma Caldarelli (2025). Breve storia della traduzione francese delle Opere di Freud. Rivista KnotGarden 2025/3, Centro Veneto di Psicoanalisi, pp. 104-120.
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Il ruolo della Svizzera Romanda nell’incontro tra la psicoanalisi e i francesi
Come sottolineano diversi Autori (Roudinesco, Dufresne, Bourguignon in De Mijolla 1991, p. 210) nei primi anni Venti, i francesi si mostrano restii all’incontro con la psicoanalisi, e nonostante la rottura tra Freud e Jung nel 1913, la Svizzera rappresenta una via di accesso alla Francia[1]. La prima traduzione in francese è dello svizzero M.W. Horn del quale non si sa molto se non che fosse vicino al gruppo di Zurigo (ibidem, p. 215). L’articolo tradotto, dal titolo Das Interesse an der Psychoanalyse, in francese L’intérêt de la psychanalyse, è pubblicato nel 1913 su Scientia[2] una rivista Bolognese di cultura generale i cui contributi rimandano ad importanti riferimenti del mondo scientifico come A. Einstein, E. Durkheim e H. Poincaré (ibidem, p. 214).
L’inizio della Prima Guerra Mondiale fa cadere nell’oblìo questa prima traduzione e fino alla sua riscoperta da parte di P.L. Assoun nel 1980, nessun autore francofono la citerà. Questi tuttavia segnala alcuni errori come il termine Fehlleistung tradotto con “défaillance” anziché con “atto mancato” attribuendoli alla tendenza ad “affettivizzare” il linguaggio psicoanalitico tipico di quegli anni (Assoun, 1980, cit. in de Mijolla, 1991, p. 213).
L’armistizio non è ancora stato firmato quando nel 1918, lo svizzero Yves Le Lay avvia le trattative con Franz Deuticke, allora editore di Freud, per ottenere i diritti di traduzione di alcune Opere. Due anni dopo, nel 1920, le trattative esitano nella pubblicazione delle Cinq Leçons de psychanalyse nella Revue de Genève a cura di Claparède, medico e psicologo presso il laboratorio di psicologia di Ginevra. La traduzione è ad opera del suo assistente, Yves Le Lay (Cifali-Lecoultre, 1991, p. 291). Nella prefazione, il curatore presenta “la prima traduzione francese del celebre neurologo viennese” (Claparède, 1920, p. 846, corsivo mio) alludendo alle resistenze della psicologia francese nei confronti della “concezione dinamica dell’attività mentale” (ibidem, p. 849) e indicando Ginevra come una delle poche città ad essersi opposta ad un simile “ostracismo o indifferenza” (ibidem, p. 849-850). Questa resistenza trova riscontro nell’assenza in Francia di traduzioni di Freud, malgrado la presenza di germanofoni esperti come A. Hesnard o bilingue come R. Laforgue, i quali, scrive de Mijolla, al tradurre i testi originali, “preferiscono commentarlo, parafrasarlo, diventandone il porta-parola, insegnandolo, facendosi schermo dalla lettura diretta di Freud” (de Mijolla, 1988, p. 1202).
Alla difficoltà da parte di queste figure nell’incontro con il testo originale, estraneo dal punto di vista linguistico e unheimlich dal punto di vista del contenuto, fa da sfondo il contesto storico-politico di quegli anni. Di fronte all’esacerbazione del nazionalismo del tempo infatti è la Svizzera Romanda che, proponendosi come un territorio di confine, gioca un ruolo di mediazione, a metà strada tra la cultura francofona e quella germanofona, che più si presta ad accogliere le “idee germaniche” (Quinodoz, 2011, p.32) rispetto al territorio francese. Numerosi infatti sono gli analisti svizzeri[3], tra cui R. de Saussure (analizzato da Freud nel 1920), che successivamente contribuiranno a fondare la Société Psychanalytique de Paris e la Revue française de Psychanalyse, spesso svolgendo un ruolo di veri e propri “passeurs” (ibidem, p.32) delle idee di Freud verso la Francia.
Le numerose traduzioni degli anni Venti: scoperta e diffusione
La pubblicazione di Cinq Leçons de psychanalyse a Ginevra del 1920 dunque non passa inosservata in Francia, in particolare negli ambienti culturali parigini. Intorno al saggio di Freud si animano progressivamente gli interessi provenienti da due principali correnti intellettuali: gli psichiatri del gruppo Evolution psychiatrique[4], tra i quali R. Laforgue e E. Pichon, interessati soprattutto ad “adattare” le nuove teorie di Freud alla psichiatria (Amouroux, 2012, p.1151), e gli intellettuali della Nouvelle Revue Française (NRF), fiore all’occhiello della casa editrice Gallimard che aveva da poco ripreso la pubblicazione interrotta durante la guerra. Tra questi vi era la psichiatra francese di origine polacca E. Sokolnicka, analizzata da Freud, anche lei tra i soci che fonderanno la SPP.
L’interesse da parte degli ambienti culturali parigini determina per la prima volta la mobilitazione da parte degli editori per la diffusione e traduzione dei testi di Freud: il primo è Payot, segue Gallimard e infine Alcan (Bourguignon, 1983, p. 1261). Tra il 1922 ed il 1926, grazie alle numerose traduzioni principalmente a cura di S. Jankélévitch[5] e di B. Reverchon-Jouve[6], sono pubblicate in francese le seguenti opere di Freud: Psychopathologie de la vie quotidienne, Introduction à la psychanalyse, Totem et Tabou, Psychologie collective et analyse du Moi, Au-delà du principe de plaisir, Le Moi et le Soi [sic], Considérations actuelles sur la guerre et sur la mort, Contributions à l’histoire de la psychanalyse e Trois essais sur la théorie de la sexualité. Infine, nel 1926, I. Meyerson pubblica con Alcan la traduzione di Die Traumdeutung con il titolo La science des rêves[7].
Tuttavia, l’entusiasmo che accompagna queste prime pubblicazioni degli anni Venti deve misurarsi con importanti carenze, prima tra tutte la frammentarietà delle stesse: la maggior parte delle traduzioni di quegli anni non riporta infatti né una data di pubblicazione del testo originale né un riferimento bibliografico (Quinodoz, 2011, p. 35). Le frequenti lacune nella comprensione dei concetti da parte dei traduttori, per lo più non analisti, portano spesso a prendere le distanze dal testo originale e dunque a numerose imprecisioni, parole e passaggi omessi o saltati, controsensi, commenti e perifrasi (Bourguignon, 1983, p. 1275), il tutto con l’intento di chiarire e semplificare al lettore quanto probabilmente era oscuro allo stesso traduttore.
Le prime traduzioni scientifiche della Revue Française de Psychanalyse
A queste prime traduzioni “oltraggiosamente infedeli” (Bourguignon, Laplanche, Cotet, Robert, 1989, p. 8, trad. mia) e che ambiscono principalmente alla diffusione e alla scoperta della psicoanalisi da parte di un pubblico colto ma diversificato, corrisponde il progressivo affermarsi di un vero e proprio movimento psicoanalitico che ben presto conduce alla necessità di traduzioni più rigorose e fedeli.
All’evoluzione della psicoanalisi in Francia che il 4 novembre 1926 porta alla nascita della Société Psychanalytique de Paris (SPP), contribuiscono in modo rilevante la principessa di Grecia Marie Bonaparte e René Laforgue, primo Presidente della SPP.
L’impatto delle prime traduzioni scientifiche nella psicoanalisi francese
Nel maggio 1927, La Commission linguistique si riunisce due volte [9] prima di sciogliersi definitivamente affidando a M. Bonaparte l’esclusività delle decisioni in virtù del suo confronto diretto con Freud. (Quinodoz, 2011, p. 32). Dal resoconto della Commission si apprende che: per il termine Trieb, si preferisce quello di pulsion avanzato da Hesnard preferendolo a aimance proposto da Pichon. La traduzione di Verdrängung con refoulement e Unterdrückung con répression non pongono alcun problema diversamente da quanto accade con la traduzione delle istanze. Per Ich, si oscilla tra Moi, Ego e Je: si opta alla fine per Moi. Per Es, dopo un lungo dibattito intorno a Soi e Ça, la scelta porta a Soi con il parere favorevole di Freud, al posto di Ça, sostenuto da Pichon. Das Ich und das Es pubblicato da Freud nel 1923, è tradotto nel 1927 da Jankélévitch con il titolo Le Moi et le Soi. La correzione avverrà nel 1951 quando sarà pubblicato le Moi et le Ça.
In un lavoro del 2011, Quinodoz, evidenzia quanto queste prime traduzioni abbiamo avuto un durevole impatto sul pensiero psicoanalitico francese. In particolare la traduzione, poi rivista, di alcuni termini avrebbe influenzato la comprensione di molti concetti della teoria freudiana (Quinodoz, 2011, p. 35). Ne rappresenta un esempio la prima traduzione di Es con Soi, che secondo l’Autore avrebbe reso poco accessibile l’intera comprensione della teoria strutturale al lettore francofono. La confusione si sarebbe poi estesa, successivamente, anche al concetto di Self: sia perché in francese tradotto con Soi (un tempo traduzione di Es), sia per l’accento posto da Lacan al concetto di Je, distinto da quello di Moi relegato invece a livello immaginario. Un altro esempio riportato da Quinodoz riguarda la traduzione dei termini Idealich e Ichideal, che Jenkélévitch avrebbe tradotto adeguatamente con Moi ideal e Ideal du moi, ma incorrendo successivamente in alcuni errori nel testo: mentre Freud scrive che l’Ideale dell’Io è l’erede del Complesso di Edipo, il testo tradotto da Jankélévicht riporta “Le Moi idéal représente ainsi l’héritage du Complexe d’Œdipe”. (Le Moi et le Soi, 1927, cit. in Quinodoz, 2011, p.36). Anche il concetto di Spaltung, secondo Quindoz, a lungo tradotto con morcellement è stato all’origine dell’occultazione della nozione freudiana di clivage (scissione) e di clivage du moi (scissione dell’Io) nella psicoanalisi francese. Nella traduzione dell’Abrégé (Compendio) di Anne Berman del 1949, i termini Splatung e Ichsplatung sono tradotti con morcellement e morcellement du moi, in inglese splitting e splitting of the ego fino alla correzione avvenuta venticinque anni dopo (Quinodoz, 2011, p. 36).
Traduzione, conflitti e trasmissione negli anni Trenta
Le importanti difficoltà derivanti dal compito della Commission linguistique di definire la traduzione dei principali termini e concetti psicoanalitici, riflettono i conflitti legati alla presenza di diverse posizioni teorico-politiche presenti all’interno della SPP. La prima crisi prende forma nel 1929, due anni dopo la fondazione della SPP, ed investe soprattutto la Revue Française de psychanalyse. Al suo interno si esprimono due posizioni divergenti: un gruppo fedele all‘International Psychoanalytical Association (IPA) e all’analisi laica[10] rappresentati da M. Bonaparte, e un’altra che aspira ad istituire una psicoanalisi “alla francese”, estrapolando l’uso terapeutico dell’analisi e applicandolo alla medicina, guidato da Pichon.
Facendo riferimento all’impossibilità di sottrarsi al periodo storico-politico nel quale si vive e del quale si è eredi nonostante tutto, de Mijolla ricorda che sul piano politico si giocava anche un conflitto tra lo spirito monarchico dei medici des Hopitaux de Paris come Pichon, e l’imperialismo di cui era rappresentante M. Bonaparte: un conflitto riassumibile in “Freud contro i francesi” (de Mijolla, 1991, nota p. 246-7). Inoltre, ormai giunti alle porte della seconda Guerra Mondiale, l’editoria psicoanalitica subisce le considerevoli conseguenze della situazione politica tedesca. Le Opere di Freud sono distrutte il 10 maggio del 1933 e da quel momento in poi è la stessa diffusione in lingua tedesca che si ritrova ormai vietata (ibidem, p. 257). La stessa casa editrice di Freud, la IP Verlag è vicina alla bancarotta. In una lettera indirizzata alla Revue Française de psychanalyse, Martin Freud si dice impossibilitato ad esonerare la Revue dai costi dei diritti di traduzione di Malaise dans la culture (Il disagio della civiltà), dal momento che di fronte alla “chiara avversione da parte della Germania nei confronti della psicoanalisi, la vendita dei libri di Freud non è più possibile e le traduzioni restano l’unica fonte di guadagno” (ibidem, p. 257, trad. mia).
E’ in riferimento a questo specifico momento di passaggio della storia della psicoanalisi che de Mijolla propone una riflessione in merito a quella che sarà poi la nascita della Standard Edition ricordando “che tutto ciò che un giorno sarà considerato come un intollerabile egemonia anglosassone deriva in parte da qui: ad un certo punto, la lingua tedesca, e poi, a seguito della sconfitta del 1940, la lingua francese, si sono rivelate incapaci di trasmettere la parola freudiana, e l’impresa delle Standard Edition […] si è così imposta” (ibidem, p. 257, trad. mia)[11].
Quando nel 1938 Freud riesce a raggiungere Londra con la sua famiglia, ottiene da una casa editrice di Amsterdam, la Allert de Lange, la possibilità di pubblicare nel corso del primo anno di guerra l’edizione tedesca del suo Mosè. Lo stesso anno fonda l’Imago Publishing Company [12], l’erede della IP Verlag distrutta nel ’38 dopo l’Anschluss, gestita dall’editore inglese J. Rodker, con il sostegno finanziario di M. Bonaparte (Grubrich-Simitis, 1991, p. 33).
Nonostante tutti gli ostacoli, pochi mesi prima di morire, Freud vede realizzata la pubblicazione del suo Mosè in inglese il 19 maggio del 1939.
Pochi giorni dopo la morte di Freud, il 28 settembre del 1939, Jones invita Strachey a tradurre in inglese le Gesammelte Schriften (Steiner, 1987 p. 90). Tradurre (Übersetzen) la sua Opera, è il modo per assicurarne la trasmissione (Übertragung) alle generazioni future, trasmissione che dovrà tener conto dell’intensità del transfert positivo o negativo, delle dinamiche di identificazione, di dipendenza e di indipendenza, e di filiazione che Freud aveva mobilitato tra i suoi discepoli.
Il secondo dopo guerra: traduzioni e scissioni
Con una guerra lampo l’esercito tedesco invade la Francia il 22 giugno del 1940, ne consegue la disgregazione del Paese ed un periodo di quasi dieci anni di silenzio e paralisi che coincidono con l’Occupazione, la Liberazione e l’inizio della Guerra Fredda.
Quando nel 1948 le attività della SPP e della Revue gradualmente riprendono, alcuni analisti sono espatriarti, altri rientrano in Francia dopo una lunga Resistenza e R. Laforgue, accusato di aver collaborato con l’Institut Göring viene allontanato dalla SPP. ÏM. Bonaparte affida la maggior parte delle traduzioni alla sua segretaria A. Berman[13] che pubblica sin dal 1948 Moïse et le monothéisme con Gallimard, mentre D. Lagache che dal 1947, diventando professore di psicologia alla Sorbonne, avvia la collaborazione tra università e psicoanalisi e ripropone la necessità di un lavoro di traduzione scientifica delle Opere di Freud.
Come diversi Autori sottolineano (Bourguignon, 1983, Quinodoz, 2011) il secondo dopoguerra fa grande contrasto con il primo: se negli anni Venti e Trenta pochissimi psicoanalisti avevano portato avanti numerose traduzioni, nel secondo dopoguerra al contrario, si assiste ad un numero elevatissimo di psicoanalisti e alla nascita di un’ideologia composita talvolta estranea a quella di Freud (Bourguignon, 1983, p. 1266). Il lavoro di traduzione e ritraduzione resta frammentato, complici anche le ripetute crisi che attraversano la SPP: una prima scissione avviene nel 1953 e la seconda nel 1963. La scissione della SPP in altre società (SFP, APF[14]), e la conseguente separazione tra i membri della originaria SPP, impossibilitati al compromesso del conflitto di parti diverse, s’intreccia con il “fenomeno Lacan”. È infatti proprio in questi anni che l’influenza di J. Lacan cresce progressivamente imponendosi sulla scena psicoanalitica francese. Egli si fa promotore di un “retour à Freud”, incoraggiando la lettura dei testi originali in lingua tedesca, partendo dall’idea che i vertici dell’IPA (tra i quali, H. Hartmann, E. Kris, R. Loewenstein) mal intendessero le idee freudiane. Come alcuni Autori suggeriscono (Quinodoz, 2011, Green, 1974), il ritorno a Freud auspicato da Lacan in realtà, realizza un ritorno parziale, che lascia fuori una parte consistente dell’intero impianto della teoria freudiana. A tal proposito, ne Il discorso vivente, Green scrive: “Il punto di partenza che si poneva come scopo il “ritorno a Freud”, o più precisamente la scoperta di Freud da parte di Lacan dava origine a un’elaborazione il cui punto di arrivo evocava piuttosto l’idea di una copertura freudiana per Lacan. Era Lacan che scopriva l’Opera di Freud oppure l’Opera di Freud mutilata almeno della metà della sua sostanza che serviva da passaporto a Lacan? […] partito alla ricerca della metà mancante, non mi fu difficile scoprire che la teoria lacaniana era basata su un’esclusione, una dimenticanza: quella dell’affetto” (Green, 1974, p. 8).
Les Oeuvres Complètes
È in questo clima di fermento e divisioni all’interno della psicoanalisi francese, che J. Laplanche traduce Pour introduire le narcissisme, ponendosi agli inizi di quella che sarà la traduzione scientifica delle Opere di Freud. Negli stessi anni, D. Lagache ripropone di istituire un Vocabulaire de la psychanalyse, impresa che vedrà la collaborazione di due psicoanalisti provenienti dalla formazione filosofica[15] J. Laplanche e J.B. Pontalis. La pubblicazione del Vocabolario nel 1967 diventa occasione per rilanciare la necessità della traduzione delle Oeuvres Complètes. Dopo anni di negoziati, una volta raggiunto l’accordo editoriale tra le diverse case editrici nel 1980, l’impresa della traduzione delle Oeuvres Complètes prende forma organizzando un’equipe di circa venti traduttori con la direzione di J. Laplanche, J.B. Pontalis[16], A. Bourguignon e P. Cotet. (Bourguignon, 1983, p. 1267).
Il primo volume è pubblicato nel 1988 (volume XIII). Seguendo il modello della Standard Edition, ogni opera è preceduta dalla data di pubblicazione delle principali edizioni tedesche e delle traduzioni inglesi e francesi. Il testo è anticipato da una breve introduzione, tuttavia, la cronologia della SE è stata modificata per i testi che sono stati classificati secondo la data di stesura e non di quella di pubblicazione: è il motivo per cui L’homme aux loups (caso clinico dell’uomo dei lupi), porta la data 1914 anziché 1918, come avviene anche per le Opere Complete[17] edite dalla casa editrice Bollati Boringhieri[18].
Se l’importanza dell’impresa è riconosciuta dai più, la lettura del testo in francese solleva diverse critiche e un ampio dibattito. Un anno dopo la pubblicazione del primo volume, gli Autori delle Oeuvres Complètes pubblicano il libro Traduire Freud[19] nel quale sono illustrati e “difesi” i principi che hanno orientato la traduzione. Questi principi sono: fedeltà nella restituzione dell’originale, incluso lo stile; rigore relativo all’imperativo “le texte, tout le texte, rien que le texte” (Bourguignon et al., 1989, p. 14); coerenza nella terminologia seguendo un approccio globale al corpus freudiano. L’idea è dunque un’unica traduzione, sempre la stessa, per lo stesso termine tedesco. L’approccio “estraniante” della traduzione (diversamente da quella operata da Strachey che opta per una scelta “naturalizzante” come evidenzia A. Luchetti nel 2024) pone la questione dell’étrangeté di un francese freudiano che intende riprodurre quella dell’apparato concettuale e linguistico di Freud (Brun, 1990, p. 282).
Di seguito, alcuni esempi: il neologismo “refusement”[20] per tradurre Versagung, in principio tradotto con frustration (nelle OSF tradotto con “frustrazione”); l’aggettivo “animique” in precedenza tradotto con psychique per tradurre l’aggettivo seelisch (nelle OSF tradotto con “psichico”); il sostantivo “âme » [21] per tradurre seele in precedenza tradotto con psiché (nelle OSF tradotto con psiche), la scelta di “fantaisie” (al singolare) al posto del precedente “imagination” per tradurre phantasie (nelle OSF tradotto con fantasia), e quello di “fantasies” (al plurale) per sostituire “fantasmes” per tradurre phantasien (nelle OSF tradotto con “fantasmi”). (ibidem, p.280). Altro neologismo è il termine désaide per tradurre Hilflosigkeit (nelle OSF tradotto con “impotenza”), traduzione che secondo gli Autori eliminerebbe l’aspetto affettivo che viceversa, veicolerebbe il termine détresse (F. Robert, 1991).
Per alcuni, questo tipo di linguaggio, nel desiderio di aderire fedelmente la testo di origine, non rispetterebbe abbastanza la lingua di arrivo intaccando la “coscienza linguistica” del lettore (Gauger, 1994; Barande, 1998; Pollak-Cornillot, 1994) e confrontandolo inoltre alla necessità di riapprendere termini che comportano lo sradicarsi dei suoni, dei sensi e delle immagini suscitati dalle prime parole lette. Come scrive Pontalis in Perdere di vista: “La parola nuova evocherà inevitabilmente un’altra consistenza, un’altra materialità, altre risonanze, un altro senso latente” (Pontalis, 1988, p. 224)[22].
Il 15 novembre del 2015, in occasione della pubblicazione dell’ultimo volume, La Presse Universitaire e La Fondation Jean Laplanche celebrano il completamento delle Oeuvres Completes di Freud presso la prestigiosa sede dell’Institut de France, a distanza di trent’anni dalla pubblicazione del primo volume.
Bibliografia
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[1]In una lettera a Jung, Freud scrive: “Ho suggerito che cerchino il contatto con Zurigo e creino con il passare del tempo, un gruppo in Suisse Romande. Ginevra sarà la porta per l’assalto alla Francia”. (Freud-Jung 1974a, II, p.223, in de Mijolla,1991, p.212, trad.mia).
[2]Rivista di Bologna Pubblicata ogni due mesi, aveva come sottotitolo “Revue internationale de synthèse scientifique”
[3] Tra questi anche H. Flournoy, C. Odier, J. Leuba.
[4] La maggior parte di loro, appartenenti all’entourage del prof. Henri Claude dell’Ospedale Sainte Anne.
[5] Nato a Odessa, in Russia, naturalizzato francese. A causa delle leggi razziali si rifugia in Francia dove lavora come medico, dedicandosi a numerose traduzioni di Freud.
[6] Nata a Parigi da genitori Svizzeri, dopo la laurea esercita la professione di psichiatra a Ginevra dove entra in contatto con R. Rolland. Nel 1927 incontra Freud, dopo essere diventata psicoanalista diventa membro della SPP nel 1928.
[7] Il titolo, che intendeva all’epoca rassicurare i lettori francesi, è così commentato da Freud in una lettera indirizzata al traduttore I. Meyerson: “Apprendo con soddisfazione che la vostra traduzione alla mia Traumdeutung è già stata pubblicata […] Il titolo da Lei scelto “La Science des rêves” non è propriamente il mio, ma non ho nulla in contrario.” (de Mijolla, 1991, p. 233, trad.mia).
[8] Per ulteriori approfondimenti si rimanda alla presentazione della Correspondance intégrale entre Freud et M.Bonaparte del 3.12.2022 organizzata dalla SPP, in particolare all’intervento di Olivier Mannoni.
[9] Per ulteriori approfondimenti si rimanda a: Commission Linguistique (1927) Commission Linguistique: pour l’Unification du vocabulaire psychanalytique français. Revue française de psychanalyse 1:582-583.
[10]Il problema dell’analisi condotta dai non medici era stato pubblicato da Freud tre anni prima, nel 1926, in difesa di Teodor Reik.
[11]A tal proposito si rimanda all’articolo di Ilse Grubrich-Simitis, 1991, Histoire de l’édition des oeuvres de Freud en langue allemande, in Revue Internationale d’Histoire de la psychanalyse, vol.4, PUF.
[12]L’Imago Publishing Company è stata importante per salvare dal silenzio la letteratura psicoanalitica in lingua tedesca in generale non solo di Freud, tanto che pubblicherà anche i principali lavori di Anna Freud, D. Burlingham e di S. Ferenczi. (Ilse Grubrich-Simitis, 1991, nota p. 34. Trad. mia).
[13]Anne Berman (1889-1979) dopo gli studi in farmacia, lavora all’ospedale Sainte Anne dal quale sarà poi allontanata nel 1940 a causa delle leggi razziali. Nel 1930 inizia un’analisi con M. Bonaparte che durerà due anni, nel 1933 diventa la sua segretaria. Al rientro dagli anni della Resistenza vissuti in clandestinità, sarà segretaria dal 1948 al 1969 della RFP, traducendo numerosi lavori tra cui F. Deutsch, O. Fenichel, A. Freud, E. Jones, D. Winnicott (Amouroux, 2012, p. 1156).
[14] Société française de psychanalyse (SFP); Association psychanalytique de France (APF)
[15]Jean Laplanche, ex studente dell’École Normale Supérieure, agrégé di filosofia, docteur d’état in lettere e scienze umane, interno degli Hôpitaux psychiatriques, professore alla Sorbona, professore emerito all’Università di Parigi VII.
J.B.Pontalis si laurea in filosofia alla Sorbonne prima di intraprendere la formazione psicoanalitica.
[16]Sarà l’IPA a conferire l’incarico ai due membri della APF, intervenendo sulla diatriba sorta con M. Robert e M.de M’Uzan della SPP intorno al tipo di traduzione da adottare.
[17] Come si evince dall’Avvertenza Editoriale di “Dalla Storia di una nevrosi infantile (caso clinico dell’uomo dei lupi”) del 1914, Freud completò la stesura nel novembre 1914 e intendeva pubblicarlo nel “Jahrbuch der Psychoanalyse” ma non fu possibile a causa della guerra. La pubblicazione dunque avvenne solo nel 1918 nella quarta serie della Sammlung Kleiner Schriften zur Neurosenlehre (OSF,1914, p. 483).
[18]Il progetto italiano nasce sin dagli anni ’50 grazie a Musatti ma l’accordo tra la casa editrice Boringhieri e Ernst Freud si raggiunge nel 1959. La pubblicazione dei volumi avverrà tra il 1966 e il 1980. Musatti dirige l’impresa: è il referente per i problemi legati alla terminologia e scrive le introduzioni e le avvertenze editoriali, R. Colorni guida i traduttori e garantisce armonia e metodo nella traduzione. L’unico neologismo della traduzione italiana è il termine pulsione per tradurre Trieb (P. Boringhieri, 1989, L’ édition des Opere di Sigmund Freud, Rev. Int. Hist. Psychanal., 1991, 4, p.329).
[19]Bourguignon, Cotet, Laplanche,Robert (1989), Traduire Freud, Paris, PUF.
[20]Seguirebbe la continuità con versagen che in forma transitiva significa rifiutare (D. Brun, 1990, p. 280)
[21]In tal modo, i termini francesi psyché e psychique sarebbero riservati ai termini psyche e psychisch.
[22] Mi sembra che il punto di vista adottato da M. Solms nella recente Revised Standard Edition si ponga, al contrario, in un’ottica conservativa nell’affrontare il problema dei limiti della traduzione ovvero optando per la scelta di rivedere anziché sostituire la traduzione della Standard Edition di Strachey (M. Solms, 2019 p. 513).
*Per citare questo articolo:
Ilenia Emma Caldarelli (2025). Breve storia della traduzione francese delle Opere di Freud. Rivista KnotGarden 2025/3, Centro Veneto di Psicoanalisi, pp. 104-120.
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