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Per ricordare André Green

di Marco La Scala

Nei primi anni 2000 seguendo i Congressi degli psicoanalisti di lingua francese ho ricevuto molte stimolazioni che mi hanno motivato a rileggere il testo freudiano con uno sguardo rivolto all’esplorazione del limite come paradigma psicoanalitico. Fu soprattutto il contributo di André Green che poi mi spinse a voler scrivere un libro sulla topica psichica e grazie ai suoi contributi e interrogativi mi avviai a dare alla stampa “Spazi e limiti Psichici”. Ne riprendo tal quali alcuni brani poi utilizzati anche in altri lavori:

 

“Il limite, come hanno ben visto gli epistemologi, è un concetto che permette di descrivere, a partire da esso, ciò che sta al di qua e al di là … Ma è anche quando ci si colloca nel suo centro, ciò che ci permette di vedere contemporaneamente l’uno e l’altro lato della frontiera che rappresenta” (Green, 2002).

 

Gli aspetti topici, nonché quelli dinamici ed economici del limite, inteso come zona di elaborazione psichica (interno/esterno e interno/interno) sono in una stretta relazione con la natura degli oggetti interni all’Io e delle relazioni oggettuali che li caratterizzano: “Mentre, in generale, il concetto di oggetto in psicoanalisi è stato ampiamente sviluppato, non si è però abbastanza tenuto in considerazione il fatto che le caratteristiche di un oggetto devono essere messe in relazione con lo spazio di cui esso fa parte” (Green, 2002). Sulla base di questa considerazione Green riconosce la necessità di approfondire una “teoria degli spazi psichici”.

 

Con la seconda topica vi è un passaggio dal qualitativo allo strutturale e viene privilegiata la forza dei moti pulsionali a detrimento dei contenuti rappresentativi (Aisenstein, 2009). Con questo l’interno e l’esterno rispetto all’apparato psichico vengono sostanzialmente modificati e diversamente ridefiniti. L’Es è in continuità con l’Io, inoltre nello schema grafico del 1922 l’ovoide che rappresenta l’Io è delimitato verso il basso mentre nel successivo del 1932 è aperto mostrando una continuità con il corpo. Il modello del sogno che vede come centrale la rappresentazione sia a livello inconscio, che preconscio e conscio, si estende ad un inconscio che non è più solo quello rimosso: “Mi sembra questo il fatto principale messo in luce dal confronto delle due topiche, il cambiamento di riferimento paradigmatico dalla rappresentazione al moto pulsionale […] Questa idea di un Io inconscio testimonia la modificazione dello statuto dell’inconscio che cessa ora di limitarsi ai contenuti del rimosso e riguarda la sua struttura contenente” (Green, 2002). Green nella sua lettura del testo freudiano ci mostra come Freud dopo la svolta del 1920-23 concepisca l’Io come una sorta di “interfaccia” tra gli eccitamenti provenienti dal mondo interno e di origine pulsionale connessi agli affetti e alle rappresentazioni e quelli provenienti dal mondo esterno connessi alle sensazioni e alle percezioni.

Sempre Green in Idee per una psicoanalisi contemporanea (2002) distingue il campo delle relazioni tra soggetto e mondo esterno in quattro territori: soma, inconscio, conscio, reale: “Il soma propriamente detto, in cui è ancorata la pulsione sotto una forma psichica ipotetica; l’inconscio luogo della costituzione della cellula base, rappresentazione psichica della pulsione e rappresentazione oggettuale, (che si suddivide in rappresentanza ideativa e ammontare affettivo che cercano di penetrare nella coscienza); il conscio in cui si formano i legami tra rappresentazione oggettuale (o di cosa), rappresentazioni di parola corrispondenti e affetto qualitativo; il reale luogo in cui l’oggetto esterno è legato al precedente dalla percezione e dall’azione”.

Questi territori sono definiti da tre zone di transizione:

la barriera somatopsichica tra soma e inconscio;

il preconscio tra inconscio e conscio;

il para-eccitazioni tra inconscio e reale. Si comprende ancor meglio come i limiti, in questo caso definiti zone di transizione, si possano considerare come zone elettive di trasformazione e di elaborazione psichica.

 Green includendo il reale elabora inoltre il concetto di doppio limite:” fra il dentro e il fuori, da una parte, e fra le due parti separate che dividono il dentro (limite dei sistemi Conscio-Preconscio e Inconscio) dall’altra. E’ così che potrebbero essere riunificati i due grandi settori della psicopatologia: psicosi e nevrosi, con tutto lo spazio attribuito alle strutture che non sono né nevrotiche né psicotiche” (Green 1990)

 

Così si assiste a un cambiamento molto profondo che riduce il primato del “rappresentante ideativo” della pulsione (uno dei destini possibili della pulsione) e mostra in primo piano il “rappresentante psichico” della pulsione con il suo ammontare affettivo, una carica quantitativa, affettivo-sensoriale che è aperta alla relazione del bambino con la madre e alle funzioni di rispecchiamento e di rêverie che essa svolge.

Green a proposito degli stati limite sottolinea come la caratteristica principale di questi quadri clinici sia la mancanza di strutturazione, qualità che riconosce sia alle nevrosi, che alle psicosi. Nella patologia borderline al contrario di quello che avviene per la nevrosi, “si riscontra l’assenza di una nevrosi infantile specifica, il carattere polimorfo della “nevrosi” adulta e l’indefinitezza della “nevrosi” di transfert” (Green, 1990). Un’autentica posizione edipica non viene raggiunta, e i conflitti relativi alla triangolazione sono basati sull’attribuzione del buono o cattivo al maschile o al femminile, “invece di sentimenti ambivalenti, contemporaneamente positivi e negativi, verso ciascuna delle due figure parentali, si verifica una scissione tra il male e il bene, il persecutore e l’idealizzato, un genitore vissuto come totalmente cattivo e l’altro come totalmente buono” (Green, 1990). Situazione quest’ultima che Green definisce come “bitriangolazione” cioè “una triangolazione fondata sulla relazione tra il soggetto e due oggetti simmetricamente opposti, che in realtà sono un oggetto solo. Egli individua la scissione tra esterno ed interno come un elemento che costituisce” un involucro che delinea i contorni dell’Io, i cui limiti sono meglio definiti, ma non tanto da funzionare come barriera protettiva. In realtà le frontiere dell’Io si presentano come molto precarie e la scissione le segue nei loro movimenti … alternando espansione e contrazione, che altro non sono se non una modalità reattiva all’angoscia di separazione (perdita) e/o all’angoscia di intrusione (implosione) (Green, 1990).

Green ci descrive quindi una mobilità delle frontiere dell’Io compromessa, un flusso alternante di movimenti di espansione e di contrazione di quell’involucro psichico che in queste personalità è costituito o comunque rinforzato dalla scissione tra dentro e fuori, un sistema che costituisce “l’ultima barriera protettiva contro la disintegrazione o il disfacimento […] questa barriera non protegge abbastanza un Io vulnerabile, contemporaneamente rigido e privo di coesione” (Green, 1990). La rigidità è strettamente connessa alla scissione e possiamo immaginare che le linee, le interfacce della scissone costituiscano dei punti di forza e di resistenza cicatriziale, ma anche, di conseguenza, di mancata elasticità e di rigidità che espongono al rischio della rottura e della frammentazione. La scissione nel suo proliferare dalla superficie verso l’interno sepimenta l’Io in aree non comunicanti, mettendo in pericolo l’Io per la perdita di permeabilità, di elasticità e del suo stesso senso di coesione.

 

Green (a proposito della coazione a ripetere) afferma che ciò che si è inscritto nella carne della psiche ha strappato il tessuto psichico e ha lasciato una cicatrice pronta a riaprirsi e a sanguinare alla minima occasione. Questa realizza una sorta di soluzione di continuità nel materiale psichico, pronta a riaprirsi: “reinvestita la piaga si riapre, perché non si è mai veramente cicatrizzata /memorizzata […]  La riproduzione segnala senza significare […] un grido muto diretto all’oggetto” (Green, 2000).

 

Bibliografia

Green A. (1990). Psicoanalisi degli stati limite. Milano, Raffaello Cortina, 1991.

Green A. (2000). Il tempo in frantumi. Roma, Borla, 2001.

Green A. (2002). Idee per una psicoanalisi contemporanea. Milano, RaffaelloCortina, 2004.

La Scala M. (2012). Spazi e limiti psichici. Milano, Franco Angeli.

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