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L'esperienza di Cinesguardi

Cinema e adolescenza tra immagine e parola

di Elisabetta Marchiori

Al cinema Lux di Padova si è svolta, in ottobre e novembre 2022, la quarta edizione della rassegna “Cinesguardi – Cinema e adolescenza” dal titolo “Trans-formazioni. Società. Gruppi. Identità”.

Iniziata nel 2018, è curata da un piccolo gruppo eterogeneo di appassionati di cinema: dalla scrivente, che da quasi trent’anni si occupa dei rapporti tra cinema e psicoanalisi, da Ezio Leoni, critico cinematografico e gestore della storica sala d’essai Lux, l’unica sopravvissuta in città, da Chiara Pinton, esperta di letteratura per ragazzi e Presidente dell’Associazione MiLEGGI. Diritti ad alta voce e da Lenio Rizzo, neuropsichiatra e psicoterapeuta.

L’idea di partenza è che cinema, letteratura e psicoanalisi siano accumunati dalla capacità di rivolgere i loro sguardi verso aspetti della realtà che ci circonda e del nostro mondo interno, aprendo prospettive inaspettate, permettendo di scoprire parti di sé sconosciute, stimolando la creatività, la produzione di pensieri e il confronto con l’altro. L’età dell’adolescenza, nella sua complessità, si presta ad essere affrontata attraverso la sinergia di immagini e parole consentita dalla visione di film che facilitano riconoscimenti, identificazioni, proiezioni, abreazioni. È importante che dove si attua la sfida dell’adolescente che cresce, ci sia un adulto ad accoglierla nelle sue molteplici sfaccettature e difficoltà: “E non sarà necessariamente una cosa piacevole”, come ci insegnava Donald Winnicott già nel 1971.

 

Siamo convinti che ci sia un’estrema necessità di offrire spazi e tempi di ascolto, di espressione e di riflessione insieme —  adolescenti e adulti che a vario titolo hanno a che fare con loro — per affrontare questa sfida, questo passaggio evolutivo fondamentale nella costruzione dell’identità di ognuno di noi, che pare diventare sempre più difficile.

La sala cinematografica può essere uno spazio adatto, in un momento in cui le persone, dopo aver visto il film, sono disponibili a condividere le proprie emozioni e i propri pensieri con altre che hanno vissuto la stessa esperienza.

l nostro intento non è quello di proporre raffinate interpretazioni psicoanalitiche o teorie del cinema, ma di porci con curiosità e attenzione verso gli spettatori, ognuno dei quali vede e vive il “suo” film, per produrre pensieri e avviare un confronto tra diverse generazioni, rispetto ai temi stimolati dalla visione condivisa. Dopo la proiezione, invitiamo il pubblico a proporre singole “parole-chiave” in una sorta di gioco di libere associazioni: trascritte su una lavagna, da esse si articolano riflessioni più complesse, rispetto alle quali interveniamo brevemente per riformulare i temi, proporre connessioni, ritessere una trama.

Diventare grandi. Restare vivi” e “L’età inquieta” sono stati i titoli delle due edizioni svolte prima della pandemia.

La prima è stata pensata come un percorso per intendere, attraverso storie molto diverse, come ragazzi e ragazze possano procedere con curiosità, a volta con impeto e altre con molte incertezze verso la condizione di adulti, riuscendo a “sopravvivere” alle difficoltà senza perdere la loro vitalità. Sono stati proiettati otto film: “Cuori puri” (2017) di Roberto De Paolis, “L’Atelier” (2017) di Laurent Cantet, “Quando hai 17 anni” (2016) di André Téchiné, “My name is Emily” (2015) di Simon Fitzmaurice, “Disconnect” (2012) di Henry Alex Rubin, “L’onda” (2008) di Dennis Gansel, “Un sacchetto di biglie” (2017) di Christian Duguay e infine “Noi siamo infinito” (2012) di Stephen Chbosky. Alla proiezione di “Cuori puri” è intervenuto il regista romano Roberto De Paolis, che ha incontrato il numeroso pubblico presente in sala. La data prescelta, peraltro, coincideva con la giornata che l’Organizzazione Mondiale per la Sanità dedica alla salute mentale dei giovani, proprio per sottolineare la nostra proposta di far interagire i temi indicati (adolescenza e cultura, in questo caso rappresentata dal cinema) nella prospettiva di favorire la salute dei giovani.

Il successo di questa prima esperienza ci ha incoraggiati a continuare l’anno successivo con quattro film attorno a un tema più specifico “L’età inquieta”. Per molti adolescenti, l’inquietudine può apparire impregnata di odio e di violenza: questo raccontano le vicende dei protagonisti dei film scelti, simili a quelle che molti ragazzi vivono nella loro realtà, sia pure solo sfiorandole. Insieme a loro — spesso proprio a causa loro — sono inquieti anche i genitori, talvolta molto, anche troppo, vicini; altre volte tenuti lontani, sempre inevitabilmente coinvolti, nella posizione di “vittime” o di “colpevoli” — talvolta di “omissione di soccorso” — mentre l’ambiente relazionale e sociale fa sempre la sua parte, sia quando segue le vicende in questione sia quando si comporta come non se ne accorgesse. Non è un problema trovare nel cinema riscontri, anche molto forti, di questa inquietudine adolescenziale; più difficile è trovare film che affrontino la tematica in maniera non superficiale e consolatoria. Noi abbiamo scelto “L’odio” (Francia, 1995), film cult di Mathieu Kassovitz, vincitore del Premio per la miglior regia al Festival di Cannes, quindi “Precious” (USA, 2009) di Lee Daniels, “Lady Bird” (USA, 2017) di Greta Gerwig e infine “La diseducazione di Cameron Post” (USA, 2018) di Desirée Akavan. Sono tutti film molto apprezzati dalla critica e dal pubblico, indubbiamente duri, con personaggi e storie talvolta “al limite”, che portano a vedere squarci di realtà che per lo più si tende a rifiutare, in cui sono coinvolti non solo gli adolescenti, ma anche gli adulti di riferimento: la famiglia, la scuola, l’intera società.

 

Il 2020, drammatico anno in cui la diffusione del COVID-19 ha chiuso i cinema e tutti gli spazi di aggregazione sociale, lo abbiamo trascorso a sperare in una riapertura. Con la pandemia, gli adolescenti, nella loro “età inquieta”, si sono trovati ad affrontare quella sfida già dura del “diventare grandi restando vivi”, espropriati di esperienze formative fondamentali. La chiusura delle scuole e di tutte le attività culturali e sportive, il distanziamento fisico e la sospensione dei rapporti interpersonali ha amplificato un profondo senso di abbandono e di vuoto. Negli adolescenti, come molti studi hanno dimostrato avvallando l’esperienza clinica, è aumentata l’incidenza di vari disturbi emotivi, della sfera delle condotte alimentari, dei comportamenti autolesivi e della dipendenza da internet e videogiochi.

Per questo non abbiamo gettato la spugna e, seguendo le regole, pur mascherati, distanziati e tracciabili, siamo tornati ad occupare lo spazio del cinema e a condividere immagini e parole, con la nostra presenza concreta, attiva e attenta, nella speranza di stimolare la ri-uscita di incontri ri-vitalizzanti.

Abbiamo intitolato la rassegna del 2021 “Il vuoto. Il virtuale. L’incontro“, presentando quattro film cui corrispondessero queste tre parole chiave: “Io e te” (2012) di Bernardo Bertolucci, “Quel fantastico peggior anno della mia vita” (2015) di Alfonso Gomez-Rejon, “La scuola non è secondaria” (2021) di Alberto Valtellina e Paolo Vitali e “La ragazza con il braccialetto” (2019) di Stéphane Demoustier.

La visione di questi film ha offerto un’occasione di incontro con cui aprire alla discussione sull’impatto che la pandemia ha avuto sulle nostre vite e in particolare su quelle degli adolescenti, mettendo a dura prova la tenuta dei corpi e della psiche, oltre che del nostro sistema sanitario, economico, scolastico.

 

 

In particolare, è stato apprezzato “La scuola non è secondaria”, il documentario diretto dal regista Alberto Valtellina e dall’architetto Paolo Vitali, insegnante di Disegno e Storia dell’Arte presso il Liceo Mascheroni di Bergamo, l’edificio dove è stato girato durante la seconda ondata pandemica alla fine di ottobre 2020, quando l’accesso è stato limitato ai soli docenti. Il film è il racconto per immagini dell’esperienza della didattica a distanza, che sollecita il nostro mondo interno, toccando corde profonde, riflettendo come in uno specchio le angosce di vuoto, di solitudine e di spaesamento che non solo docenti e alunni hanno provato durante il lock-down, ma che ogni spettatore ha potuto condividere, declinandole sulle proprie esperienze. Alla proiezione hanno generosamente partecipato i registi e il Maestro Guido Tacchini, anche con una breve performance musicale dal vivo. Eravamo un’ottantina e, per essere un piovoso mercoledì sera, davvero tanti. La visione ha stimolato molti interventi del pubblico, che hanno ampliato lo sguardo oltre la questione della DAD, promossa poi a DDI (Didattica Digitale Integrata), per sconfinare sulle gravi carenze dei metodi scolastici tradizionali, che non sono in grado di coinvolgere i ragazzi e interessarli, rassegnati alla noia di insegnamenti di stampo nozionistico e privi di collegamenti con l’attualità. È stato emozionante assistere a un incontro autentico tra persone di generazioni diverse che, grazie anche alla sensibilità di alcuni insegnanti “illuminati” che hanno incoraggiato la partecipazione alle proiezioni dei loro studenti, si sono sentite libere di esprimere e condividere emozioni e pensieri trattenuti, che trovano troppo rare occasioni per essere espressi /(https://www.spiweb.it/cultura-e-societa/cinema/recensioni-cinema/la-scuola-non-e-secondaria-di-a-valtellina-e-p-vitali-recensione-di-e-marchiori/)

 

Siamo dunque arrivati all’edizione del 2022 intitolata “Trans-formazioni. Società. Gruppi. Identità“, con la proposta di quattro film che, su registri diversi, focalizzano l’attenzione sul fatto che la nostra è una società in costante e veloce mutazione e le giovani generazioni si devono confrontare con una realtà che porta incertezza, disorientamento e preoccupazione. Siamo ancora immersi nella pandemia, che non scompare perché non se ne parla, la guerra ci minaccia da vicino con l’incubo di una catastrofe nucleare, l’ecosistema è al collasso, aumentano le disuguaglianze sociali e il rischio di recessione economica è serio. Le reazioni dei gruppi e quelle individuali sono molteplici e correlate a caratteristiche identitarie uniche ed al contempo fluide. Per affrontare queste questioni e decifrare non solo il disagio, ma soprattutto le opportunità di cambiamento evolutivo, abbiamo proposto la visione di “Un altro giro” (2020) di Thomas Vinterberg, “Germania anno zero” (1948) di Roberto Rossellini, “Tomboy” (2011) di Celine Sciamma e “La bottega dei suicidi” (2012) di Patrice Leconte.

 

 

Con questa quarta edizione, abbiamo introdotto un’importante novità, che speriamo sia l’inizio di una collaborazione fertile e creativa, ovvero il coinvolgimento di giovani filmmaker.

Il film di Rossellini, un’opera senza tempo proiettata per introdurre il tema dell’impatto della guerra su bambini e adolescenti, è stato preceduto dal cortometraggio della ventunenne filmaker padovana Gaia Pulliero “La donna svelata” (2022, www.youtube.com/watch?v=284cNrDdOko), dedicato a Mahsa Amini (22 anni), Hadith Najafi (20 anni), Nika Shakarami (16 anni), Sarina Esmailzadeh (16 anni) e a tutte le donne e gli uomini iraniani che hanno pagato con la vita la rivendicazione della loro libertà di scelta. Dal 16 settembre 2022, giorno in cui è morta Masha mentre era in custodia della Polizia Morale iraniana dopo essere stata arrestata per l’utilizzo scorretto dello hijab che lasciava intravedere delle ciocche di capelli, in tutto l’Iran sono esplose proteste contro il regime, provocando centinaia di vittime e migliaia di arresti arbitrari. Gaia Pulliero, autrice di altri cortometraggi apprezzati e premiati, che firma la regia, la sceneggiatura, il montaggio e che ne è l’interprete, è intervenuta durante la serata assieme al direttore della fotografia Manuel Barutti, mostrando che le giovani generazioni sono capaci di grande impegno civile e di saper utilizzare strumenti di comunicazione per sensibilizzare il pubblico a temi di enorme importanza in modo potente, diretto, lucido, senza retorica, con immagini essenziali e parole necessarie.

L’accostamento tra due opere tanto diverse è stato di grande impatto e ha stimolato una ricca discussione, così come è accaduto durante la serata successiva, dove “La bottega dei suicidi”, un geniale film di animazione di Maurice Leconte, è stato preceduto dal cortometraggio “Look Around” (2022, www.youtube.com/watch?v=rjc82g-9HOk) del regista, sceneggiatore e pittore padovano Giuseppe Ferlito, classe 1975, realizzato con la collaborazione dei ragazzi del liceo scientifico Alvise Cornaro di Padova grazie a un progetto di alternanza scuola-lavoro. Presentato alla 79° Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, ha vinto il concorso “Spi Stories” che LiberEtà organizza ogni anno in collaborazione con lo Spi Cgil con la seguente, totalmente condivisibile, motivazione: “Per aver reso visibile, utilizzando in modo sapiente il mezzo cinematografico in tutte le sue potenzialità – sceneggiatura, regia, montaggio e musica – quello che visibile non è: l’indifferenza, la superficialità, l’egoismo e la pigrizia del nostro sguardo. Attento alle piccole tragedie quotidiane e insensibile a ciò che è veramente importante”. Oltre ad alcuni degli studenti coinvolti, erano presenti la Prof.ssa Silvia Desideri, referente del progetto, Chiara Bubola, responsabile dello sportello scolastico del liceo per segnalazioni di episodi di bullismo, Barbara Ammanati, attrice teatrale e tutor alla sceneggiatura e alla scenografia e Roberto Ceccato, doppiatore che ha collaborato alla sceneggiatura e alla recitazione.

Il cortometraggio, ben strutturato e montato, si svolge come una storia romantica che vira in tragedia nel finale inaspettato e di grande impatto emotivo, con lo scopo di scuotere lo spettatore e invitarlo a tenere gli occhi bene aperti su quanto accade intorno a lui. Il tema del bullismo e delle sue drammatiche conseguenze viene liofilizzato in pochi minuti di immagini che meriterebbero di essere proiettate in tutte le scuole per la loro capacità di suscitare interesse per un tema sempre scottante ma spesso trattato in modo ridondante e moralistico, poco efficace rispetto ad una autentica comprensione e alla sua prevenzione. Il tema del suicidio e del disagio esistenziale viene trattato da Leconte in modo completamente diverso, giocando sul registro dell’ironia macabra tutto all’insegna del paradosso, ma vuole essere un invito altrettanto forte a non distogliere lo sguardo dalle sofferenze altrui, valorizzando l’importanza dell’attenzione verso gli altri, della solidarietà e del valore del prendersene cura per contrastare le difficoltà dell’esistenza umana, trovando soluzioni vitali e non mortifere. La discussione finale è stata molto partecipata e ci siamo salutati con la promessa di portare avanti il progetto “Cinesguardi” aprendolo come spazio in cui gli adolescenti siano protagonisti “in persona”, non solo come soggetti di film.

il gatto del cinema Lux

Elisabetta Marchiori, Padova

Centro Veneto di Psicoanalisi

lisbeth.marchiori@gmail.com

Fulvio a Cinesguardi

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