Sezione Locale della Società Psicoanalitica Italiana
Recensione di Maria Ceolin
Titolo: Salomon Resnik
Autore: Sandro Rodighiero
Anno di pubblicazione: 2024
Editore: Alpes, Roma
Collana: I territori della Psiche
Numero pagine: 110 p., Brossura
Vi è innanzitutto un motivo che rende, ai miei occhi, questo piccolo libro così prezioso, esso appare uno di quei rari libri che paiono venire alla luce per loro intrinseca necessità, libri in cui, pur parlando inevitabilmente anche di sé, l’autore si pone sullo sfondo, coinvolto dall’oggetto e dal discorso su di lui.
E il discorso del suo autore, lo psichiatra, psicoteraputa e gruppoanalista Sandro Rodighiero, nasce dal desiderio di ascoltare e far ascoltare ancora le parole di uno psicoanalista davvero speciale, che ha formato almeno tre generazioni di terapeuti, che è stato suo maestro e amico per oltre trent’anni.
Rodighiero descrive il suo testo una autobiografia di Salomon Resnik, scritta postuma da me, esso raccoglie, infatti, elementi del suo pensiero e ricordi della sua vita, le storie di sé che raccontava nei suoi libri, nelle interviste pubbliche o nel corso dei tanti Seminari.
Salomon Resnik – scrive – non era solo uno straordinario psicoanalista, un maestro dalla cultura sconfinata, ma un artista che amava l’umanità, curioso e generoso, osservava il mondo con amore ed è questo amore che vorrei uscisse da queste mie pagine.
Proposito, a mio avviso, del tutto riuscito, la generosità di Salomon, che avvolgeva nel suo interesse gioioso cose e persone, ogni forma di vita, e tutto festeggiava vestendolo di dolcezza e di poesia, attraversa le pagine di questo testo che, riecheggiandola affettuoso e grato, ci parla anche di trasmissione, e compone un racconto-ritratto molto intimo, come intimo era il clima particolare che Resnik creava nei suoi gruppi, sempre attento alla presenza ‘concreta’ dei movimenti affettivi, alla ‘stimmung’, atmosfera e forma dell’incontro.
Amava giocare: in copertina il viso sorridente e divertito mentre, indossando la toga, riceve la laurea honoris causa in Scienze Filosofiche dall’Università della Calabria. Descrivendo la cerimonia Rodighiero riporta un frammento della sua improvvisata lectio magistralis: la psicoanalisi per me ha significato un approfondimento della mia fragilità di base che è il fondamento del mio essere, perché dalla durezza e dalla tendenza a classificare non può nasce nulla di creativo. Dalla fragilità di base può nascere la duttilità, la plasticità, la possibilità di adeguarsi alle situazioni. Entrare in contatto con la catastrofe apre il teatro: la cura evita la crisi, ma la crisi è un momento di verità, dolorosa però necessaria. (…) Lavorando con l’alienazione mentale mi sono reso conto che il pensare alienato è anche un pensare filosofico…
Il capitolo successivo ospita le riflessioni del filosofo Renzo Mulato sulla filosofia viva di Resnik che, a partire dalla esperienza psicoanalitica, è stata meditazione sugli aspetti essenziali dell’esistenza nella forma lessinghiana del pensare da sé, associato al pensare assieme, tra gli altri.
Innumerevoli sono gli altri assieme ai quali Resnik pensa: gli antichi greci, i mistici medioevali, i filosofi dell’Umanesimo, via via fino a Kant, Hegel, Nietzsche e all’intera speculazione filosofica del Novecento, ma il dialogo, e appena possibile l’incontro fra persone,[1] è stato in lui sempre aperto e vivo con ogni forma di espressione umana – la letteratura, le arti visive, la musica – in una colta contaminazione di linguaggi e di saperi.
Sembra Resnik essere sempre in grado di usare la moneta del paese che visita (Freud, 1911, 459), ed anche la lingua, come dice Pierre Delion: Salomon conosceva molte lingue, spagnolo, francese, inglese, russo, ucraino, yddish, italiano, e sapeva parlare anche lo psicotico.
Nella lunga intervista concessa all’amico psicoanalista infantile – mai prima pubblicata in Italia e tradotta da Rodighiero – Resnik si pone in rapporto con la propria storia e fa risalire la sua attitudine ad attraversare e connettere diverse forme di cultura alle sue origini, al milieu dei genitori ebrei russi di Odessa, che a Buenos Aires fin da piccolo lo portarono a teatro e dove, ragazzo, iniziò a frequentare i caffè e le librerie di via Corrientes, ascoltando poeti, artisti, avventurieri dialogare fino a notte inoltrata.
Allievo di Enrique Pichon Riviere, inizia molto giovane a occuparsi di autismo infantile e della cura della psicosi in contesti istituzionali, poi migra in Europa, prima a Parigi, dove, mentre al Saint-Anne continua i suoi studi sulla schizofrenia, entra in contatto con gli intellettuali francesi di quegli anni: Merlau-Ponty, Levi-Strauss, Sartre, Morin… poi a Londra, dove, in analisi con Rosenfeld, conosce e collabora con Melania Klein, Bion, Esther Bick, Winnicott.
Gli ultimi 40 anni della sua vita, in compagnia della moglie Ana Taquini Resnik anch’essa raffinata psicoanalista, li trascorre tra Parigi e Venezia dove, presso il CISSP, Centro Internazionali Studi Psicodinamici della Personalità diretto da Enrico Levis, tiene gruppi, supervisioni, seminari di formazione.
La sua vita e il suo pensiero straordinari sono conosciuti ma ciò che offre questo libro – anche attraverso le interviste rilasciate a Giuliana Sica, Manuela Trinci dell’Unità, a quotidiani locali.. – è la possibilità di entrare in contatto con il suo modo singolare di essere nel mondo, con il suo incedere leggero tra le cose della vita, anche le più dolorose, grazie a uno sguardo tenero, in grado di addolcirle, trasformarle, suggerendo a realtà e sogno di convivere, come nelle favole.
Il capitolo finale del testo è, in modo molto opportuno, dedicato a presentare il suo interesse e impegno rispetto alla necessità di mantenere aperto un pensiero problematizzante sulla realtà del mondo. Esso contiene un passo del suo ultimo libro: ‘Vedo cambiar il tempo. Metafisica del macchinismo e le passioni dell’anima’, nel quale esprime le sue preoccupazioni per le mutazioni antropologiche e sociali prodotte dal feticismo della tecnica.[2]
Nel suo pensiero, il macchinismo coincide con una sorta di metafisica narcisistica, frutto della tentazione profondamente radicata nell’uomo a sovrastare, non solo la propria finitezza e vulnerabilità, ma anche l’instabile mutevolezza delle passioni. Ad esso Salomon Resnik risponde con il desiderio di preservare gli aspetti meravigliosi e inventivi dell’avventura umana e i suoi confini… (2015, 29).
NOTE
[1] Una vera e propria Semiologia dell’incontro ha ispirato anche la sua pratica clinica come incontro tra persone, con il concetto di persona Resnik riafferma l’unità e totalità dell’esperienza individuale anche quando appare frammentata e interrotta come nella psicosi.
[2] Nella bella postfazione al testo, Alberto Panza ripropone il termine Megamacchina (Mulford e Latouche), per indicare un ‘totalitarismo invisibile’ prodotto dalla convergenza tra ricerca tecno-scientifica e strategie economico-produttive, messa in opera da una rete mondiale di gruppi finanziari. Al suo interno lo sviluppo della tecnica, da semplice mezzo, diviene un fine in sé, l’orizzonte ultimo cui e subordinato l’agire umano (2015, 121).
Bibliografia
Freud S. (1911). Sui due principi dell’accadere psichico. O.S.F., 6.
Resnik S. (1982). Semiologia dell’incontro. Studi di psicopatologia clinica. Roma, Il Pensiero Scientifico.
Resnik. S. (2015). Vedo cambiare il tempo. Metafisica del macchinismo e le passioni dell’anima. Milano, Mimesis.
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