“Rêverie e interpretazione”
di Thomas H. Ogden

Rêverie e interpretazione ogden

Presentato da Cristiano Lombardo

Autore: Thomas H. Ogden

Titolo: “Rêverie e interpretazione”

Editore: Casa Editrice Astrolabio

Collana: Psiche e Coscienza

Anno pubblicazione: 1999

Numero pagine: 160

Quarta di copertina:

Ogden mette a fuoco l’essenza della situazione analitica dandone una visione da un punto di vista radicalmente nuovo. Tutto in questa nuova visione viene ripensato creativamente: l’uso del lettino, l’approccio tecnico all’interpretazione psicoanalitica dei sogni, il bisogno di uno spazio privato da parte sia dell’analista sia dell’analizzando, il ruolo del linguaggio e soprattutto l’anatomia della rêverie. Per il ‘rapporto di coppia’ analitico, in effetti, è di primaria importanza la comprensione e l’uso della rêverie, che include i sogni a occhi aperti, le fantasie sessuali, le sensazioni corporee e le preoccupazioni che assillano l’analista durante ogni seduta. Preoccupazioni che, ostracizzate nella letteratura, sono invece da Ogden presentate come un contributo vitale alla ricerca psicoanalitica.

Lo scopo del libro è di attirare l’attenzione sui modi in cui il linguaggio in psicoanalisi (come in poesia) esprime e trasforma gli stati della mente e i tessuti dell’esperienza; di espandere la consapevolezza di ciò che avviene nel lavoro analitico, e di estendere la portata di ciò che può avvenire. Come sempre, i concetti teorici sono arricchiti di illustrazioni cliniche, che aiutano a entrare concretamente nel modo di usare gli strati sovrapposti di rêverie dell’analista e dell’analizzando nel corso del viaggio analitico.

 

Biografia dell’autore:

Thomas Ogden (1946) psicoanalista e scrittore, ha conseguito una laurea di primo livello presso l’Amherst College, MA, e successivamente quella in medicina presso l’università di Yale, nella quale ha poi anche conseguito la specializzazione in psichiatria. Ha lavorato per un anno come psichiatra associato presso la Tavistock Clinic di Londra e ha completato la sua formazione psicoanalitica presso il San Francisco Psychoanalytic Institute, al termine della quale è rimasto nel corpo docente. Per più di 25 anni ha diretto il Center for the Advanced Study of the Psychoses della stessa città. È stato anche membro del comitato editoriale nordamericano per l’International Journal of Psychoanalysis, il Psychoanalytic Quarterly e Psychoanalytic Dialogues. Ha pubblicato una dozzina di libri di argomento psicoanalitico tutti tradotti in italiano, tra i quali segnaliamo: Il limite primigenio dell’esperienza (Astrolabio Ubaldini, Roma,1992); Conversazioni al confine del sogno (Astrolabio Ubaldini, Roma, 2003); L’arte della psicoanalisi. Sognare sogni non sognati (Raffaello Cortina, Milano, 2007); Vite non vissute. Esperienze in psicoanalisi (Raffaello Cortina, Milano, 2007) oltre ad alcuni libri di narrativa.

 

Recensione:

Thomas Ogden è unanimemente riconosciuto come uno dei massimi esponenti della psicoanalisi attuale sulla quale ha esercitato un’importante influenza sia a livello teorico che clinico. Tra i suoi maggiori contributi teorici possiamo citare il concetto di posizione contiguo-autistica nell’esperienza mentale e il terzo analitico intersoggettivo. Concetti che hanno avuto un importante impatto sul suo modo di lavorare con i pazienti e lo hanno portato ad una revisione di alcuni aspetti della tecnica psicoanalitica, come il ruolo della regola fondamentale, l’uso del lettino e l’analisi dei sogni, oltre che ad una riformulazione personale di alcuni concetti teorici già noti come quello di rêverie bioniana.

Il sottotitolo dell’edizione italiana del presente volume recita: La creazione e la vitalità di un processo analitico dipendono dalla capacità di analista e analizzando di impegnarsi in una reciproca dialettica di stati di rêverie, che sono una forma di comunicazione al tempo stesso privata e inconscia, il che dà un’idea abbastanza accurata di alcuni degli obiettivi descritti in questo lavoro. Temporalmente la sua pubblicazione precede quella della maggior parte dei suoi scritti più noti e proprio in tal senso ne consiglierei la lettura come propedeutica. Per esempio in esso è possibile vedere come il concetto di terzo analitico intersoggettivo sia basato in larga misura su quello di luogo in cui viviamo di Winnicott. Questo aiuta a comprendere meglio la genesi e l’articolazione di alcuni concetti teorici fondamentali espressi dall’autore, permettendone inoltre anche una loro puntuale declinazione nella tecnica psicoanalitica, esemplificata attraverso vignette e scorci di clinica provenienti dall’esperienza con il paziente all’interno della stanza d’analisi.

Personalmente ritengo che ogni forma di psicopatologia rappresenti una specifica limitazione delle capacità dell’individuo di essere pienamente vivo come essere umano”. A partire da questo assunto l’autore parlerà di processo psicoanalitico come scambio dialettico tra le soggettività di paziente e analista, le quali andranno gradualmente a costruire uno spazio onirico intersoggetivo: “il sogno sognato nel corso di un’analisi appartiene in un certo senso al terzo analitico”.

Introducendo poi il tema centrale del testo, ovvero quello di rêverie, Ogden si sofferma anche sull’utilizzo di due “presidii” considerati parte integrante della tecnica psicoanalitica, ovvero l’uso del divano e l’enunciazione della regola fondamentale, asserendo che dovrebbe essere possibile rileggerli alla luce delle nuove acquisizioni della psicoanalisi attuale. L’uso del lettino sappiamo infatti che fu introdotto da Freud per due motivi, almeno in parte interconnessi: da un lato sottrarre l’analista allo sguardo del paziente, cosa verso la quale il maestro provava una vera e propria idiosincrasia, ma contemporaneamente essere fuori dal campo visivo del paziente gli permetteva un uso dell’attenzione liberamente fluttuante. Quest’ultima per Ogden è conditio sine qua non per l’affiorare di stati di rêverie, i quali, in accordo con quanto detto da Bion sono prima di tutto dimensioni squisitamente private che implicano gli aspetti più imbarazzanti e personali – ma proprio per questo importanti – della vita dell’analista. È anche da questo che prima di tutto nasce la necessità da parte dell’analista di potersi immergere nel proprio vissuto lontano dallo sguardo del paziente. D’altro canto, per quanto personali, dissonanti e imbarazzanti possano essere certe rêverie dell’analista, secondo Ogden è chiaro che queste, se sono emerse durante il lavoro analitico col paziente, non sono da considerarsi esclusivamente come proprie creazioni personali, ma piuttosto come costruzione intersoggettiva nata dal sedimentato di materiale inconscio di entrambi.

Dopo avere discusso dell’opportunità di riconsiderare la regola fondamentale, l’autore nel capitolo dedicato alle associazioni al sogno, ritorna al concetto di spazio onirico intersoggettivo per mostrare come anche i sogni del paziente siano invero generati dallo scambio tra i membri della coppia analitica e terzo analitico intersoggettivo. Dopo il capitolo centrale dedicato a rêverie e interpretazione Ogden si sofferma più propriamente sull’uso del linguaggio in psicoanalisi, dedicando infine l’ultimo capitolo all’ascolto, attraverso l’analisi e il commento di tre poesie di Robert Frost.

Cristiano Lombardo, Conegliano e Padova

Centro Veneto di Psicoanalisi

cristiano.iphone@gmail.com

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