Sezione Locale della Società Psicoanalitica Italiana
Presentato da Andrea Zampieri
Autore: Giorgio Sacerdoti
Titolo: “L’ironia attraverso la psicoanalisi”
Editore: Raffaello Cortina Editore
Collana: Collana di Psicologia
Anno pubblicazione: 1987
Pagine: 206
Numero pagine: 173
Commento e passaggi salienti
Il titolo del libro anticipa la volontà di Sacerdoti di affrontare una tematica apparentemente facile e leggera attraverso il vertice psicoanalitico.
Ne risulta, a mio parere, un’esperienza fuori dal comune circa l’uso dell’ironia, come una specie di gioco, ma un gioco mica da ridere.
L’autore vuol proprio fare dei giochi di significati, ma seriamente, attirando l’attenzione sull’aspetto necessario della finzione ironica come contrasto fra apparenza inizialmente presentata e realtà, fatta intravvedere in un secondo momento.
L’analista viene invitato spesso a giocare fra diversi registri, coppie dialettiche, contraddizioni, antinomie, ambivalenze. Tali opposti possono, senza forzature, ritrovarsi in una sintesi, intesa come una maggiore possibilità integrativa dell’Io che permetta all’individuo di non negare o scotomizzare la realtà esterna, bensì di muoversi dentro ad essa, potendo scegliere piani diversi di comprensione.
L’ironia per sua natura contiene ambiguità, proprio quell’ambiguità che può essere studiata in psicoanalisi. Pensiamo all’importanza di cercare indizi di essa in seduta, cogliendo diverse intonazioni vocali o registri verbali, tutte parvenze innocenti che possono far trasparire preziosi indizi verso intrecci inconsci.
Sacerdoti, in alcuni passaggi, si riferisce al concetto di ironia intendendola come una vicissitudine pulsionale, accostandola alla trasformazione nel contrario. Ciò offre la possibilità di trattare seriamente, in prima battuta, l’apparenza per poi passare a mostrare al paziente che in fondo era solo un gioco, un particolare modo per giocarsi la contrastante realtà.
Nella lettura si scoprono diversi aspetti e momenti ironici profondi auspicabili nella clinica psicoanalitica, che rilevano una grande importanza e che richiederebbero un lavoro come quello del e sul sogno.
Già, verbalizzabilità e raffigurabilità. Una forma verbale accettabile, una rappresentazione accettabile. Anche nell’ironia, ci viene suggerito, si gioca la censura interna, la quale, diversamente dal sogno che è asociale, è sociale e può venir “giocato” anche l’altro.
Sacerdoti osserva come possano coesistere così sia condizioni di serietà a livello conscio e di gioco a livello inconscio, che inversamente condizioni di gioco a livello conscio e di serietà a livello inconscio. Ignorare tale possibilità vorrebbe dire, nella vita, correre dei grossi rischi nel primo caso e perdere delle grosse occasioni nel secondo. In analisi, avverte in aggiunta, occorre fare attenzione al rischio sostanziale che ne scaturirebbe, ovvero quello di non riuscire a sintonizzarsi con l’inconscio del paziente.
L’ironia della sorte, talvolta, fa sì che rimovente e rimosso si rivelino per “tradimento”. Mentre però il Traumarbeit è già parte integrante degli attrezzi analitici, il Witzarbeit non ancora.
A tal riguardo, Sacerdoti sottolinea come l’analista sia solitamente già avvezzo a prestare attenzione ai propri sogni, sia da solo che durante la seduta. Diversamente, non sembra essere altrettanto puntuale rispetto ai propri movimenti ironici all’interno del processo analitico quale indizio per rintracciare un suo proprio lavoro controtransferale.
L’incrocio tra finzione ironica e realtà investe il modo di porsi dell’analista, il suo timing, non solo nel senso che conosciamo, ma con particolare attenzione al dosaggio dell’apparire e dell’essere.
La visione ironica dell’analisi è dunque una cosa seria. Essa facilita processi regressivi e transfert, includendo una qualità “come se” accanto ad una qualità “vera”.
Una visione ironica che ci viene in qualche modo raccomandata anche nelle interpretazioni, utilizzando con un certo equilibrio l’aspetto sorprendente dell’ironia stessa. Le cose non vanno sempre come pensiamo, lo sappiamo bene tutti. Specie in seduta. Ecco, Sacerdoti fa tesoro di tale salto o discontinuità.
La sorpresa ironica che scaturisce da distonie, se osservata e utilizzata puntualmente, può far riacquisire al paziente il piacere di uscire dai binari della ripetitività, permettendo all’analista di beneficiare in seduta di un rinnovato interesse per la vita come alleato terapeutico.
Sacerdoti ripropone l’episodio in cui un commissario nazista presentò a Freud un documento da sottoscrivere, che ovviamente non poté esitare a firmare, ma in modo argutamente ironico aggiunse allo stesso: “posso vivamente raccomandare la Gestapo a chicchessia”.
Un passaggio che evidenzia come l’ironia possa diventare il mezzo per non cedere nella riaffermazione della verità, nell’ambito comunque di un rischio calcolato.
Una capacità di insight, dunque, permessa dagli aspetti ironici; strumenti in grado di cogliere al contempo un messaggio profondo e dare comunque la possibilità di stare al gioco.
La formulazione ironica privilegia la realtà, nel senso più globale, ovvero sia quella interna che quella esterna: il primato della realtà presuppone del resto che sia presentificata contemporaneamente anche l’apparenza.
La seduzione maschera la realtà, la rovescia, ma rimane comunque il punto di partenza di un gioco che inizia col giocare sé stesso e poi l’altro.
La comprensione dell’apparente divisione, dell’ingannevole, della magia del gioco: in altre parole si tratta di cogliere l’ironia della seduzione!
Concludendo, Sacerdoti invita il lettore a considerare con grande attenzione tale comprensione mettendo in guardia dalla mancanza di visione ironica e autoironica riguardo alla dinamiche inconsce, che diversamente potrebbero attestarsi su circoli viziosi tragici.
Affinché il destino non sia tale, è essenziale che l’analista possieda una doppia visione ironica su sé stesso: come persona e come analista.
Le parole del testo
“E’ appena necessario notare che la disponibilità dell’ironista a muoversi, a “giocare” fra due registri […] è in fondo la disponibilità che si richiede all’analista, e anche al “buon analizzando”, per portare avanti fruttuosamente il lavoro analitico” (p.5)
Andrea Zampieri, Bassano del Grappa (Vicenza)
Centro Veneto di Psicoanalisi
L’ironia può essere l’arma aggressiva di chi teme, scoprendosi eccessivamente, di provocare su un piano di realtà la reazione violenta altrui. Va dunque usata con prudenza. A meno che tutto non si svolga in quel grande piccolo teatro che è la seduta analitica. Nell’insieme delle differenti commedie che costituiscono il teatro analitico, dove la scena manifesta ha sempre un suo sottofondo, anche il gioco dell’ironia nel rapporto ambivalente transferenziale e controtransferenziale ha una sua parte. Spesso sono i sistemi inconsci del paziente e dell’analista che si servono – l’uno nei confronti dell’altro – di spunti ironici, in quella specie di gioco di scherma che si svolge nella seduta analitica. La materia è certamente complessa. E Sacerdoti, studiando le osservazioni sparse qua e là nelle opere degli psicoanalisti moderni, ci ha dato questa sintesi, che lascia trasparire la rete di elementi dinamici che sottostà al gioco dell’ironia. Per chi è impegnato nello studio dei meccanismi psichici che stanno alla base dell’umana comunicazione, sopratutto nella situazione analitica ma anche in quelle dei comuni rapporti fra le persone, quest’opera è densa di insegnamento e di spunti di meditazione.”
(dalla prefazione di Cesare Musatti)
Giorgio Sacerdoti (Padova, 1925 – Venezia, 2000) è stato psicoanalista con funzioni di training della Società Psicoanalitica Italiana e direttore dei Servizi Psichiatrici della Provincia di Venezia, ove ha fondato l’Ospedale di giorno di ‘Palazzo Boldù’ per i giovani psicotici, vicepresidente della Società Psicoanalitica Italia e presidente del Centro Veneto di Psicoanalisi. Autore di molte pubblicazione di psicoanalisi, tra cui gli Scritti Psicoanalitici (Borla). A Giorgio Sacerdoti è dedicato il Centro Veneto di Psicoanalisi.
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