La cura psicoanalitica. In un intreccio interdisciplinare tra fisica quantistica, filosofia e neuroscienze di Benedetto Genovesi

Recensione di Anna Cordioli

2025 genovese

 

Titolo: La cura psicoanalitica. In un intreccio interdisciplinare tra fisica quantistica, filosofia e neuroscienze

Autore: Benedetto Genovesi

Anno pubblicazione: 2024

Editore: Franco Angeli

Numero Pagine: 144 

«Un elettrone da solo non va da nessuna parte, perché un elettrone da solo non è da nessuna parte. “La fisica quantistica non descrive dove si trova una particella, bensì descrive dove la particella si fa vedere dalle altre”(Rovelli)» (Genovesi, 2024, 29).

 

Ricordo che anni fa ebbi la fortuna di seguire in analisi un giovane scienziato che era venuto con domande vertiginose e un grande senso di solitudine.

La sua mente iper-logica si era abituata ad applicare alle esperienze umane sprazzi di formule matematiche, teorizzazioni generali e particolari. Le sue ipotesi avevano un che di astratto ma non mancavano mai di momenti di controllo empirico.

A lungo si era sentito trionfare per via della sua capacità di prevedere fenomeni del campo complesso e si era persuaso che esistessero davvero algoritmi che potessero “squadrare da ogni lato l’animo” umano. La scienza avrebbe funzionato anche nella stanza d’anlisi.

Io lasciavo che mi mostrasse come sapeva giocare con il suo pensiero: lavoravo affinchè l’analisi potesse divenire uno spazio in cui il paziente potesse esprimere le sue rigorose domande su questa cosa ineffabile e contraddittoria che è la vita umana.

Trovavo molto belle le sue idee scientifiche e talune le trovai davvero convincenti: gli facevo domande o gli offrivo qualche contro-ipotesi per poter avanzare assieme là dove temeva si annidassero errori concettuali. Ogni tanto si straniva che io capissi le sue parole, declamate in una lingua algoritmata e pronunciate ad alta voce solo per finire un pensiero, non certo per essere udite.

La mia formazione scientifica non mi rendeva assolutamente in grado di comprendere fino in fondo la bellezza del suo pensiero ma ciò nonostante qualcosa, qui e lì, mi sembrava avere senso. Talvolta erano solo intuizioni; punti d’appoggio ampi quel tanto che bastava per continuare a seguirlo nei suoi ragionamenti.

Le nostre dissertazioni durarono eoni fino a che, un giorno, entrambi apparimmo nella stanza nello stesso istante. Il fenomeno della compresenza in relazione è un evento sconcertante che cambia lo spazio di studio. Quella volta il giovane scienziato, invece che scappare lontano rifugiandosi in una nuova teoria, con grande commozione mi disse che era davvero molto colpito da questo nostro intenderci, senza neppure una vera lingua comune.

Piano piano riuscimmo a dirci che era lui, con grande gentilezza, aveva iniziato ad usare la sua scienza “dura” in maniera metaforica: io avevo voluto capire ma lui aveva desiderato d’essere capito.

Ricordo che mi disse: ”Non avevo mai pensato che queste cose avessero senso anche fuori di me”.

 

 

Per valutare se un testo abbia contribuito al mio mondo interno, uso un criterio specifico: valuto se mi abbia fatto ricordare e fantasticare.

Il “piccolo testo” (come lo descrive l’autore) di Benedetto Genovesi, si intitola “La cura Psicoanalitica” e consta di solo 144 pagine, bibliografia compresa; non è un testo che mira a rivoluzionare la psicoanalisi o a far inchinare il lettore di fronte allo sfoggio di verticalissima cultura, eppure ha già goduto di una ottima fortuna editoriale.

Il perché è presto detto: fa ricordare e fa fantasticare.

Mi ha fatto ricordare il mio paziente scienziato: anche questo libro, infatti, parla di scienze, metafore e ricordi.

Nei suoi 11 capitoli, Genovesi si dedica all’arte poetica delle libere associazioni, regalandoci molti dei suoi riferimenti. Accosta con gradevolezza  sia temi cari alla cura psicoanalitica, sia temi cari alle scienze “dure”: l’elettrone, i quanti, il tempo che non esiste (Rovelli, 2014).

Ugualmente nel testo di Genovesi, le pagine scorrono piacevolissime, mentre ci si accorge di assistere ad un dialogo fitto tra saperi distanti.

 

L’autore ci mostra come, attraverso le libere associazioni si possono creare dei ponti argomentativi tra mondi diversi del sapere; per fare un esempio tra i tanti, ci si accorge che  si può utilizzare, “l’effetto di Coriolis” per descrivere una particolare dinamica spiegata da Ferro e Civitarese (2015) quando esplorano le qualità del campo analitico. Ognuno potrà trovare l’associazione che troverà più centrata.

 

Il libro è colmo di reciproche traduzioni di questo tipo, senza mai incadere nell’errore di ridurre un sapere ad un altro. Genovesi è molto consapevole che le traduzioni, non solo linguistiche ma anche epistemiche, non producono degli oggetti equivalenti nelle diverse culture di riferimento, eppure si dedica operosamente a farsi interprete e, direi anche, fautore di dialogo.

Non ha, infatti, scelto degli ambiti privi di possibili frizioni: la fisica quantistica, le neuroscienze, la psicoanalisi e talvolta anche la filosofia  del ‘900, sono ambiti ciascuno fieramente assertivo. “Non son farina per far ostie” si direbbe a Venezia!

E forse anche per la consapevolezza della delicatezza del suo intento, Genovesi utilizza un tono sempre amabile, non tanto bonificatore, quanto da chi sa dare una festa, in cui ciascuno troverà almeno un motivo per restare. L’autore ci mostra quanto piacere emerga da una conoscenza vivace, curiosa e disposta a prendersi qualche rischio. Nel suo scritto c’è spazio perché ciascuno di questi saperi venga accolto e tradotto, attraverso metafore, in pensieri sulla cura psicoanalitica.

 

Un filo rosso del testo, direi, che è proprio la metafora.

Diviene particolarmente interessante accorgersi di quanto anche le scienze “dure” abbiano saputo utilizzare le metafore per rendersi più comprensibili o addirittura per poter avanzare nuove domande. Circa la psicoanalisi, poi, sappiamo quante teorie abbiano al proprio centro proprio le metafore o le similitudini. Tra le molte che Genovesi richiama, c’è Khan e la metafora del maggese (1983), Van del Kolk che parla di “rilevatori di fumo” (2014), Freud e il rocchetto (1920).

A ben guardare ci si accorge che la metafora è un elemento comune a così tanti autori, che leggendoli una pagina dopo l’altra, ci si accorge di come la mente umana non possa fare a meno di esplorare qualcosa di nuovo accostandolo, almeno all’inizio, con qualcosa di già conosciuto. Questo predispone il sapiente ad un atteggiamento di apertura e di dialogo profondo con la novità.

Basti pensare, ad esempio chi presenta una novità scientifica o tecnologica, sbandierando aspetti di alienazione e discontinuità; lo stesso accade quando taluni parlano di altri popoli come così differenti da noi che non possiamo fare altro che temerli. Sappiamo che una dinamica che si attiva nella mente è il rifiuto di ciò che consideriamo alieno poiché vige, dentro di noi, l’idea che esso non ci riguardi e che possa solo nuocerci proprio a causa della differenza consustanziale che ci divide.

Il lavoro della metafora, invece, produce un ponte che  ci ricorda che questa novità a cui ci potremmo accostare, ha al suo interno parti che già conosco, elementi che ho già affrontato e per cui posso riconoscere una traccia mnestica già inscritta in me.

 

La metafora, infondo, mobilita il transfert e attraverso di esso, rende possibile una personalizzazione della conoscenza e la creazione di nuovi legami.

Nella lettura non ho trovato solo legami pacifici, come non tutti i transfert sono positivi, però ho sempre sentito il forte impulso a tessere pensiero, uscire dall’alienità ed accorgersi, con gratitudine che sono davvero molte le persone che si accostano al sapere, ognuno a seconda della propria inclinazione, ma con una passione che possiamo sentire comune.

Il “piccolo testo” di Genovesi fa venire voglia di essere diversi[1] proprio per poter avere più cose da scambiarsi.

 

Bibliografia

Ferro N., Civitarese G. (2015) Il campo analitico e le sue trasformazioni, Raffaello Cortina, Milano

Freud S. (1920) Al di là del principio di piacere, OSF9, Bollati Boringhieri, Torino 1979

Rovelli C, (2014), La realtà non è come ci appare. La struttura elementare delle cose, Raffaello Cortina, Milano

Van der Kolk B. (2014), Il corpo accusa il colpo. Mente, corpo e cervello nell’elaborazione delle memorie traumatiche, Raffaello Cortina, Milano, 2015

 

NOTA:

[1]Con l’occasione segnalo un interessantissimo articolo sulla differenza tra differenza e diversità: Glocer Fiorini L. (2022) “A Crucial Misunderstanding: Equating the Categories of Diversity and Difference” Studies in Gender and Sexuality, Volume 23, 2022 – Issue 1

Anna Cordioli, Padova

Centro Veneto di Psicoanalisi

annacordioli@yahoo.it

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