Agostino Racalbuto e la Psicoanalisi all'Università

di Enrico Mangini e Alessandra Macchi

All’Università di Padova Agostino Racalbuto è stata una figura di riferimento imprescindibile nel trasmettere il pensiero della psicoanalisi e fa parte della seconda generazione di psicoanalisti SPI con ruolo accademico. A partire da Cesare Musatti, che proprio a Padova introdusse ufficialmente la Psicoanalisi in un corso accademico nel 1933, passando per figure come Irene Munari – prima donna docente dell’insegnamento di Psicologia Dinamica nella scuola di specializzazione in Psicologia a Padova, nonché prima analista di Agostino – e Giuseppe Fara, il pensiero psicoanalitico è stato poi trasmesso, dagli anni ottanta in poi, oltre a Racalbuto, da Maria Vittoria Costantini, Cristina Esposito, Emilia Ferruzza ed Enrico Mangini, per proseguire fino al giorno d’oggi con l’insegnamento di Enrico Mangini, Cristina Marogna e Marta Oliva.

Agostino Racalbuto era entrato nel mondo accademico nel 1978 come Docente incaricato di “Psicologia Dinamica”, quando il corso di laurea apparteneva ancora alla Facoltà di Magistero, dato che solo nel 1992 viene finalmente istituita la Facoltà di Psicologia che attualmente è organizzata in diversi Dipartimenti. Al tempo, tuttavia, non esisteva ancora una sede, che venne inaugurata solo nel 1993; prima, si vagava per la città facendo lezione nei cinema, nelle aule di altre Facoltà, oppure del Comune. Il percorso è stato lungo ma l’indirizzo “psicoanalitico”, che ha richiamato a Padova studenti da tutta Italia, si è progressivamente affermato attraverso la costituzione di insegnamenti come “Modelli teorici di clinica psicoanalitica dell’età evolutiva e dell’età adulta” (oggi ridefinito come “Modelli di psicoanalisi: teoria e clinica”) e “Diagnosi psicoanalitica”.

Le lezioni di Agostino Racalbuto avevano due “difetti”: le teneva al mattino presto e, nonostante ciò, erano frequentatissime; gli studenti, tra disagi e affollamenti, partecipavano numerosi, cercando posti ovunque pur di seguire le lezioni. Sul campo, si toccava con mano ciò che avrebbe preso forma in aula attraverso lo studio di diversi autori: la fatica e la frustrazione diventavano sopportabili perché alimentate da un desiderio vivo e dalla fiducia nel nutrimento di senso e di pensiero. In questa combinazione, sostenuta da una sapienza eclettica, Agostino è stato un maestro generoso.

Tale partecipazione collettiva, intensa e spesso contesa, potrebbe evocare, per analogia, la dinamica di un concerto, non solo come evento affollato e coinvolgente, ma nel senso originario del termine. Concerto deriva dal latino cumcertare e significa “disputare vivacemente”, gareggiare (come per i posti a lezione ma anche per ottenere la tesi) tuttavia, alcuni dizionari fanno risalire l’etimo anche a concentus che significa “accordo armonico tra più parti”. La relazione tra docente e studenti era un incontro dinamico, capace di attivare pensiero e affetti in una cornice formativa e generativa. Le lezioni di “Dinamica” (corso base e avanzato) e poi quelle del corso di “Modelli teorici di clinica psicoanalitica”, avevano proprio queste due caratteristiche: con lui si poteva interloquire vivacemente e, allo stesso tempo, riusciva a trasmettere la capacità di integrare e coniugare, in modo armonico, autori e concetti psicoanalitici appartenenti a modelli diversi, livelli di funzionamento psichico e, naturalmente, la teoria e la clinica.

La complessità teorica, che si riscontra anche nei suoi scritti, si traduceva infatti in esempi clinici che, per molti suoi allievi, divenuti poi psicoterapeuti o psicoanalisti, sono diventanti “vignette” cliniche indimenticabili e strumenti di lavoro con i propri pazienti difficili. Ha avuto il grande merito di anticipare i tempi integrando la metapsicologia freudiana con autori più contemporanei come Bion, e poi Ogden, Bollas e Green, “concertando” il concetto di pulsione con quello di relazione. Nel capitolo “Pulsione e relazione: inconciliabilità o integrazione?” (in: E. Mangini, Lezioni sul Pensiero post-freudiano) Racalbuto individua nella réverie materna il punto di collegamento tra questi due territori:

 

Proprio qui entra in discussione il binomio affetto-rappresentazione. Ho come l’impressione che se tentiamo di risolvere il quesito della nascita, dell’espressione del destino degli affetti o delle rappresentazioni in psicoanalisi esclusivamente in termini intrapsichici e puramente pulsionali la questione possa diventare oscura e solipsistica. Se invece il rappresentante psichico della pulsione che Freud in La Rimozione connota come ‘ammontare affettivo’, trova la rappresentazione con l’ausilio o il concorso dell’altro (la réverie materna) che lo rappresenta, riempiendo il vuoto di significazione rappresentativa proprio del piccolo d’uomo, la relazione ‘sufficientemente buona’ appare come l’ambito in cui affetto e rappresentazione si collegano.” (2003, 618).

 

Agostino non ha mai costruito muri tra teorie ma ponti, insegnando a superare le rigidità dei modelli teorici che tendevano a dividere in fazioni – freudiani, kleiniani bioniani etc. – per trasmettere agli allievi il desiderio di approfondire, conoscere ed esplorare molteplici prospettive, lavorando sui confini e sui limiti (area a lui molto cara anche nella clinica) come luogo di scambio e non di esclusione. Quel limite o, come lui li chiamava, “crocevia”, in cui le intersezioni diventano potenziali, come quella tra dinamiche narcisistiche e dinamiche edipiche, tra sé e altro, tra interno ed esterno, tra corpo e mente. Ci ha lasciato inoltre concetti inediti come l’“affetto-sensazione”, il valore dell’“identificarsi con l’affetto” del paziente, soprattutto con quei pazienti prima di lui considerati inanalizzabili, di cui Aldo/Bubba è diventato l’emblema.

Racalbuto ha rappresentato sicuramente un modello, stimolando processi identificatori che hanno letteralmente ispirato e spinto molti allievi ad approfondire la psicoanalisi, a diventare psicoanalisti, ma anche a scegliere l’analisi come percorso personale. La chiamava, citando Zaltmann (1998) ‘Filiazione identificante’ e la differenziava dal concetto di ‘affiliazione’. La prima deriva necessariamente da un doppio tempo o movimento, fatto di identificazione ma anche di disidentificazione, processi che dovrebbero insieme concorrere verso la differenziazione pur mantenendo aspetti introiettati dell’altro. La seconda, al contrario, preferisce la omogeneità, l’imitazione, l’idealizzazione e la acriticità conducendo talvolta a fanatismi.

L’insegnamento e la trasmissione della psicoanalisi è stata per lui un’area di grande investimento, elaborazione e riflessione teorica, come testimoniato dal libro scritto assieme a Maria Pierri Maestri e Allievi, trasmissione del sapere in psicoanalisi.

 

“Nella trasmissione del sapere, anche di quello psicoanalitico, un ruolo forse lo giocano il potere del messaggio consegnato nonché la forza di attrazione che lo stesso esercita sull’inviante”. (2002, 13)

 

Questa è la prima frase del capitolo da lui scritto, dal titolo emblematico, “Evoluzioni di conoscenza e legami affettivi” e, a proposito di legami affettivi e di maestri, Racalbuto amava citare e ricordare i propri supervisori: Pier Mario Masciangelo e Giovanna Giaconia. Al primo dedicò nel 2000 il convegno La nascita della Rappresentazione fra lutto e nostalgia (2001), organizzato insieme a Maria Vittoria Costantini e Marco La Scala in un’aula dell’Università in via Bassi; con Giovanna Giaconia scrisse il libro I percorsi del simbolo teoria e clinica Psicoanalitica (1990) e diversi articoli sulla Rivista di psicoanalisi di cui fu Direttore.

Le lezioni di “Dinamica” e di “Modelli” all’Università, i convegni scientifici organizzati e le pubblicazioni sono degli spazi di pensiero in continuo e mutuo rapporto che Racalbuto ha portato avanti negli anni con grande passione e investimento. Il suo libro più famoso Tra il fare e il dire: l’esperienza dell’inconscio e del non verbale in psicoanalisi (1994) è il segno indelebile di un percorso interiore tra teoria, clinica e tecnica psicoanalitica, oltre alla testimonianza di un viaggio di vita, nel suo studio, nelle aule universitarie, nelle lezioni ai candidati, sempre con stile, senza altri fini se non quello della formazione di chiunque si fosse avvicinato al discorso psicoanalitico. Un fare, un dire, ma anche una scrittura. L’altro, che fosse uno studente, un collega o il lettore è sempre tenuto presente e coinvolto. Questa è stata un’altra grande dote di Agostino. Lo possiamo capire scorrendo qua e là i suoi lavori, gli articoli, i capitoli di libri o i volumi, a partire da Psicoanalisi e psicoterapia analitica (con Irene Munari, 1981, ristampato nel 1983) per continuare con il suo Al di là delle parole in psicoanalisi (1983, ristampato nel 1990) che sembra il titolo- manifesto del suo pensiero nascente. Ha scritto il capitolo “I modelli dei casi-limite” nel Trattato di Psicoanalisi di A. Alberto Semi (1989); ha curato Tolleranza e intolleranza (con Giorgio Sacerdoti, 1995) e Differenza, indifferenza, differimento sempre con Giorgio Sacerdoti (1997), Impasse in psicoanalisi e patologia narcisistiche (1998), Il piacere offuscato (con Emilia Ferruzza, 1999) sulla disperazione tra depressione e lutto in infanzia e in adolescenza; Lo stesso e l’altro (con Cristina Esposito, Emilia Ferruzza, Enrico Mangini, 2001) sulle questioni identitarie in adolescenza. Da Direttore della Rivista di Psicoanalisi – da cui è stato strappato per la sua prematura scomparsa, il 4 marzo 2005 – aveva pensato a delle Monografie di clinica psicoanalitica: la prima da lui stesso curata con Cecilia Albarella “Isteria” (2004), la seconda curata da Enrico Mangini “Nevrosi Ossessiva” (2005). Dalla presentazione fatta da Agostino alla Monografia sull’ “Isteria” vogliamo chiudere con la citazione che lui fa di Hannah Arendt, e che non può non risuonare evocativa in conclusione di questo breve ricordo, e che recita così:

 

“Le faccende umane possono seguire solo la legge della mortalità […] è la facoltà dell’azione che interferisce con questa legge perché interrompe l’inesorabile corso automatico della vita […] gli uomini anche se devono morire, non sono nati per morire, ma per incominciare”.

 

E così, di generazione in generazione, lo ricordiamo affettuosamente e nostalgicamente, mantenendo la sua traccia viva, desiderando continuare a farlo anche per coloro che non hanno avuto questa possibilità a causa della sua prematura scomparsa. Per molti di noi la trasmissione non è avvenuta soltanto attraverso i suoi insegnamenti, ma anche attraverso le tracce affettivo- sensoriali lasciate nei momenti di scambio, nella sua capacità di “intercettare” quel qualcosa di conosciuto e non pensato e nel dare parola all’esperienza. Nell’affetto.

 

 

BIBLIOGRAFIA

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Costantini, M.V., La Scala, M., & Racalbuto, A. (a cura di). (2001). La nascita della rappresentazione fra lutto e nostalgia. Roma: Borla.

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Ferruzza, E., & Racalbuto, A. (1999). Il piacere offuscato. Lutto, depressione, disperazione nell’infanzia e nella adolescenza. Roma: Borla..

Giaconia, G., & Racalbuto, A. (1990). I percorsi del simbolo. Teoria e clinica psicoanalitica. Raffaello Cortina  editore..

 Mangini, E. Lezioni sul Pensiero post-freudiano e sue diramazioni. (2001). Pulsione e relazione: inconciliabilità o integrazione? (capitolo di A. Racalbuto). Led edizioni universitarie.

Mangini, E (2005), (a cura di) Nevrosi Ossessiva. Rivista di psicoanalisi Monografie. Roma, Borla

Munari, I., & Racalbuto, A. (1985). Psicoanalisi e psicoterapia analitica. Milano, Franco Angeli

Pierri, M., & Racalbuto, A. (2002). Maestri e allievi. Trasmissione del sapere in psicoanalisi. Milano, FrancoAngeli.

Racalbuto, A. (1989). “I modelli dei casi-limite.” In A. A. Semi (a cura di), Trattato di Psicoanalisi. Milano, Raffaello Cortina Editore

Racalbuto, A. (1994). Tra il fare e il dire. L’esperienza dell’inconscio e del non verbale in psicoanalisi. Milano, Raffaello Cortina editore.

Racalbuto, A. (a cura di) (1998). Impasse in psicoanalisi e patologia narcisistiche. Strutturazione e destrutturazione dell’identità.  Milano: Dunod

Sacerdoti, G., & Racalbuto, A. (a cura di). (1995). Tolleranza e intolleranza. Torino, Bollati Boringhieri

Sacerdoti, G., & Racalbuto, A. (a cura di). (1997). Differenza, indifferenza, differimento. Milano, Dunod

Zaltman, G. (1998). Mind of the Market: Top Down Cognitive Processes. Boston: Harvard Business Review Press.

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