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"La stranezza"

di Vito Sava

Titolo: “La stranezza”

Dati sul film: regia di Roberto Andò, Italia, 2022, 103′

Trailer: https://www.youtube.com/watch?v=8O4zRPgNXSs

Genere: commedia, drammatico, storico

 

 

Siamo a Girgenti, Agrigento, nel settembre 1920. Qui è appena arrivato, dopo un viaggio in treno, popolato di strane visioni tra fumi e nebbie, Luigi Pirandello (Toni Servillo).

Ho in mente una stranezza, è diventata quasi un’ossessione”, confessa all’amico Giovanni Verga (Renato Carpentieri) che ha raggiunto a Catania per il suo ottantesimo compleanno. E in quell’occasione Verga esprime il suo rammarico verso le istituzioni che lo hanno dimenticato e, al tempo stesso, conoscendo il pensiero dell’amico, sospirando gli dice: “Ti sei messo a camminare per una strada piena di pericoli… Tu hai messo una bomba sotto un edificio che abbiamo costruito: la realtà”. Sembra emergere l’eco di quella frase pronunciata da Freud nel 1909 lungo il viaggio intrapreso con Jung 1909 verso gli Stati Uniti: “Non sanno che andiamo a portare la peste!”, a descriverne la forza dirompente e la sua funzione di sovvertire la visione dell’uomo, che fa cadere le certezze e lo precipita nella umana condizione di essere limitato e contraddittorio.

Quando scende dal treno e sta per salire sulla carrozza, Pirandello viene a sapere dal cocchiere che è morta la balia Maria Stella (Aurora Quattrocchi), a cui lo scrittore era legato con grande affetto per averlo accudito da bambino e verso la quale sente una profonda riconoscenza: sul suo grembo lo si scorge poggiare il capo per rasserenarsi quando lo prendeva la stranezza. Qui il maestro sente qualcosa, un turbamento, che sente come venisse da lontano, scuotendo la memoria, percependolo nella pelle del corpo. Così va a vederla per l’ultima volta, standole accanto finché non verrà seppellita. Trova parenti, amici e conoscenti della morta, che la piangono; le osserva. Sembrano dei teatranti che da vivi credono di piangere la morta e non sanno di piangere la loro morte.

Sarà questa la circostanza che gli consentirà di conoscere i due cassamortari  Nofrio (Salvatore Ficarra) e Bastiano (Valentino Picone), con la passione del teatro, in procinto di allestire una rappresentazione, il dramma comico: “La trincea del rimorso, ovvero Cicciareddu e Pietruzzu”.

Seminascosto, Pirandello osserva gli attori della compagnia durante le prove, ne spia gesti, parole, la vita che scorre. Da quel caos meraviglioso trova l’ispirazione per scrivere “Sei personaggi in cerca d’autore”.

Il film si pone come una variazione fantastica, stupenda, della genesi tormentata dell’opera di Pirandello: un dialogo aperto tra lo scrittore, i becchini-registi, gli attori, in un momento di stanchezza creativa e di avvilimento personale dell’autore.

La musica, le scene, le atmosfere crepuscolari, alcuni elementi farseschi, come il ripetere dell’attore: “Non ho nessuno, scopo e sono felice”, piuttosto che: “Non ho nessuno scopo e sono felice”, possono farlo sembrare un’opera come già vista.

La stranezza ha sullo sfondo una Sicilia incontaminata, pura e ingenua: “Professore, con tutto il rispetto, tornate a insegnare, voi di teatro siete un po’ pasciuto!”.

É la terra descritta da Sciascia, ostinata e omertosa, piena di corruzione, incapace di sentirsi vittima per non attirare attenzione e salvare le apparenze, gravida di continue meraviglie, di bugie e baci rubati lontano da occhi indiscreti. Poi c’è il cuore che sente e vede tutto: l’artista preoccupato della follia della moglie, l’innamorato non corrisposto, le relazioni fedifraghe e tutto l’universo muto delle emozioni, restio alle parole.

Il cinema e il teatro non sono cose troppo diverse nel lavoro di Roberto Andò, e in questo film si baciano, con delicatezza, fino a restare contaminati in una sorta di dialogo interno (cosa c’è di più contiguo al dialogo analitico?), da una sola ispirazione. E Pirandello è lì per cercare la sua ispirazione, il suo dialogo, tra storie e personaggi che lo perseguitano, affollano la sua testa, che cercano un ruolo. Come fossero fantasmi nati dalla fantasia dell’autore, condannati a girare a vuoto prima di trovare posto nel mondo e farsi materia di sogno e ricordi

É eccezionale l’accuratezza e l’attenzione ai dettagli: il loculo già occupato, gli stratagemmi per convincere il funzionario, la balia alla quale non si chiude la bocca, la gelosia persecutoria. le stradine appena illuminate. Tutto si unisce o meglio, si associa.

“Il teatro è compromesso” sentiamo dire nel mezzo di “La stranezza”. Si sente in questo film un palpito gentile, a tratti misterioso, per dirci le vie imperscrutabili dell’invenzione artistica. Lo spettatore s’immerge, in un’atmosfera onirica, tra suoni, colori e profumi nella Sicilia, che suscita sensazioni e pensieri al di là del tempo e della geografia.

Il 9 maggio del 1921, poco meno di un anno dall’incontro con il Verga, al teatro Valle di Roma debutterà “Sei personaggi in cerca d’autore”, anche Onofrio e Sebastiano sono lì, invitati da Pirandello. All’inizio non capiscono che cosa stia succedendo sul palco e in platea, la “quarta parete” invisibile tra attori e pubblico sembra crollata. Non sarà un successo quella sera, gli spettatori grideranno furenti “manicomio!”, ma i due ospiti siciliani, rimasti chiusi in teatro, hanno di che essere contenti: “Quello che dovevamo fare, l’abbiamo fatto”.

 

 

Vito Sava, Padova 

Centro Veneto di Psicoanalisi

vit.sava@gmail.com

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