Ritorno al futuro

(Back to the Future)

di Francesco Onofri

Titolo: “Ritorno al futuro” (Back to the Future)

Dati sul film: regia di Robert Zemeckis, USA, 1985, 116’

Genere: fantascienza
Trailer: qui

Ricorrono i quarant’anni anni dall’uscita di Ritorno al Futuro, film diretto da Robert Zemeckis e prodotto da Steven Spielberg, che ebbe un grande successo di pubblico e diversi riconoscimenti, tra i quali il Premio Oscar per il miglior montaggio sonoro. Pellicola di genere fantascientifico, ma con ritmi e situazioni tipici della commedia, vede come attori protagonisti Michael J. Fox, nei panni dell’adolescente Marty McFly, e Christopher Lloyd in quelli dell’eccentrico scienziato Emmett Brown. Un film divenuto un cult, al cui successo planetario contribuì senza dubbio la canzone The Power of Love, scritta da Huey Lewis & the News per la colonna sonora, energico pezzo rock con un inconfondibile riff di chitarra efficacemente abbinato al suono delle tastiere, in pieno stile anni ’80.

La storia è quella di Marty, un adolescente intelligente ed ambizioso, il quale sembra essere giunto ad una fase della vita in cui “gira a vuoto”, senza riuscire a realizzare i propri sogni e poter dimostrare le qualità che è convinto di possedere. Il piglio vivace e trasgressivo con il quale Marty affronta la vita lascia trapelare una maniacalità che fa da contraltare al clima depressivo che domina in famiglia: il padre è un uomo insicuro ed infantile, succube fin dall’adolescenza di Biff, un bullo che ora continua a sottometterlo e a sfruttarlo come suo capoufficio. La mamma Lorraine, depressa e alcolista, sembra rimasta imprigionata nel ruolo di madre/infermiera dell’inconcludente marito, che conobbe proprio quando dovette prestargli assistenza, dopo che suo padre lo aveva investito con l’automobile. I fratelli maggiori di Marty appaiono senza ambizioni ed incapaci di emanciparsi.

La condizione iniziale dei personaggi è caratterizzata dalla stagnazione, dalla mancanza di prospettive future e di vitalità. Tutto ciò verrà sconvolto dalle rocambolesche avventure che Marty vivrà assieme al Prof. Brown, chiamato dal ragazzo “Doc”. Infatti succederà che Marty, unico e privilegiato testimone dell’inaugurazione della macchina per viaggiare nel tempo che il Prof. Brown ha finalmente perfezionato dopo decenni di studi, adattando una sportiva DeLorean DMC-12 con le portiere ad ala di gabbiano, sarà costretto a fuggire su questa futuristica automobile, dopo aver assistito impotente all’uccisione dell’amato Doc da parte dei terroristi ai quali lo scienziato aveva rubato il plutonio necessario per alimentare il motore del suo marchingegno. Marty si ritroverà nella sua stessa cittadina californiana, ma esattamente trent’anni prima, quando i suoi genitori erano adolescenti, come lui, e frequentavano la sua stessa scuola. Incontrerà fortuitamente sia il padre, sia la madre e si ritroverà al posto del padre, “lì dove tutto ebbe inizio”. Sarà lui stesso a venire investito dall’automobile di colui che diventerà suo nonno, il padre di Lorraine, quindi a ricevere le cure della ragazza, la quale si prenderà una fulminante cotta per questo strano ragazzo, così diverso dagli altri coetanei, eppure così familiare.

Marty andrà alla ricerca del Prof. Brown, muovendosi in luoghi al tempo stesso familiari ed estranei e, dopo averlo trovato e convinto del fatto che tra di loro “c’è già una lunga storia, che tuttavia deve ancora venire”, gli mostra la DeLorean, cioè il risultato di ciò per cui Doc spenderà la sua intera vita: la macchina del tempo, il cui “flusso canalizzatore”, cuore del meccanismo, ha esattamente lo stesso aspetto del progetto che lo scienziato ha già abbozzato, trent’anni prima, su un foglio di carta.

Di qui la storia si svilupperà, con un ritmo molto efficace e situazioni comiche e avventurose assai divertenti, raccontando come i due amici ed alleati, Marty e Doc, riusciranno a trovare il modo per rimandare il ragazzo nel 1985, non senza aver prima rimediato ad un problema non da poco, ovvero far sì che la giovane Lorraine rinunci a corteggiare Marty e si innamori di George, ristabilendo quindi il corso della storia e la successione degli eventi dai quali nascerà la loro relazione; altrimenti la futura famiglia McFly, quindi Marty stesso, verranno cancellati dall’esistenza.

Ma dove trovare l’energia necessaria, 1.21 Gigawatt!, per il salto nel tempo che permetta a Marty di ritornare nel futuro? “Solo la scarica di un fulmine è in grado di generare una simile energia, ma sfortunatamente non si può sapere quando e dove cadrà un fulmine”. Ma ecco che Marty si ritroverà tra le mani un aiuto dal futuro, il volantino di un’associazione che vuole salvare la torre dell’orologio, danneggiata da un fulmine trent’anni prima, dietro al quale la sua fidanzata gli ha scritto il suo numero di telefono per accordarsi per la tanto agognata gita al lago: testimonianza del loro desiderio, ma anche documento storico che permette a Doc di sapere esattamente quando e dove cadrà il fulmine.

Così, grazie all’ingegnosa soluzione trovata dal Prof. Brown per catturare il fulmine, Marty riuscirà a ritornare nel futuro, nel suo tempo. Che non è più, però, il suo tempo.

La mattina dopo, infatti, svegliatosi nel suo letto, il ragazzo penserà inizialmente di avere avuto un brutto incubo, ma poi scoprirà che la sua realtà è cambiata, nulla è più come prima. Non solo lui e Doc sono riusciti a scongiurare la cancellazione della sua esistenza e la morte dello stesso Doc, ma l’intervento fortuito nella vita dell’adolescente George, di cui Marty è stato consigliere e modello identificatorio positivo, ha permesso al padre di uscire dalla sua impasse adolescenziale e di esprimere compiutamente, da adulto, un efficace mix libidico-aggressivo. Questo che gli permetterà di realizzare la sua ambizione di diventare uno scrittore di successo, nonché di generare una serie di cambiamenti virtuosi in tutta la famiglia: ora la mamma, pur invecchiando, non ha perduto il desiderio e la vitalità giovanili; i suoi fratelli si sono realizzati. Infine, il padre ha rovesciato la propria posizione nei confronti del bullo Biff, il quale nella nuova vita dei McFly è stato declassato a minus fedele e servile, destino toccatogli perché — sembra suggerirci la storia —-da adolescente non è riuscito a legare la sua straripante energia sessuale ed aggressiva ad una sufficiente capacità di pensiero rappresentativo, come invece ha potuto fare il padre di Marty.

Una prospettiva psicoanalitica

 

Questo film ci offre sicuramente numerosi spunti di riflessione dal punto di vista psicoanalitico. Segnalo, a questo proposito, che i primi due episodi della trilogia di Back to the Future sono già stati oggetto di altrettanti articoli di Ilsa Bick (1990; 1998) pubblicati su The Psychoanalytic Review. L’Autrice si focalizza sul riemergere dei conflitti edipici in adolescenza e sulle diverse rappresentazioni delle fantasie relative al romanzo familiare e al mito delle proprie origini (Freud, 1908). Analizzando passo a passo lo sviluppo del film e soffermandosi su numerosi dettagli, lo interpreta come metafora del processo evolutivo e trasformativo di un adolescente, che passa attraverso la riedizione dei conflitti edipici ed approda al raggiungimento dello stadio della genitalità adulta. Il viaggio nel passato di Marty è letto quindi come momento regressivo, non patologico, caratterizzato dall’emergere di un Sé onnipotente, che mette a rischio la sopravvivenza psichica, e dalla sfida dei limiti generazionali e del tabù dell’incesto; mentre il ritorno al futuro, secondo l’Autrice, ci mostra un adolescente che ha potuto trasformare il proprio Sé ed i propri oggetti interni genitoriali, posizionandosi rispetto ad essi su basi adulte.

Riguardando il film a distanza di alcuni decenni, posso dire che, sebbene indubbiamente mostri i segni del tempo in quanto legato agli stilemi degli anni ‘80, esso mantenga una sua freschezza ed una notevole capacità evocativa. Vorrei allora proporre qualche breve riflessione teorica.

 

Edipo e le sue due famiglie.

 

Non credo sia un caso che abbia trovato, nella rete, più di un commento che liquida la vicenda del giovane protagonista con espressioni sarcastiche del tipo “storia di un adolescente che rischia di finire a letto con la sua mammina”. Evidentemente l‘Edipo resta uno dei “fantasmi originari “(Freud, 1915; 1918) capaci di generare profonda angoscia e di conseguenza mobilitare difese più o meno efficaci per tenerlo “a debita distanza”. La stessa  Bick sembra incappare in una sorta di giudizio superegoico allorché, in riferimento alla scena di Marty e Lorraine dentro all’automobile, afferma che “la mamma di Marty diventa una quasi-prostituta (fuma, beve, ci prova con Marty, indossa un abito succinto” (Bick, 1990, 598; traduzione mia). A proposito della relazione tra Marty e Lorraine madre-seduttrice, mi soffermo su un dettaglio interessante dal punto di vista psicoanalitico: quando il protagonista si trova per la prima volta di fronte alla giovane Lorraine, risvegliatosi nella sua camera da letto, esclama: “Sei così … magra!”, espressione con la quale Marty al tempo stesso riconosce la percezione di una madre-coetanea dall’aspetto pericolosamente eccitante e, al tempo stesso, la nega definendola, semplicemente, “magra”. Marty userà la stessa espressione quando, ritornato nel futuro, vedrà riapparire la madre assieme al padre, scoprendola ancora decisamente vitale e piacente: a testimonianza del fatto che la madre, in qualità di oggetto interno legato al fantasma originario, non ha cambiato i suoi connotati, ma è cambiato il soggetto, che ora non si sente più così in pericolo, sebbene non possa del tutto rinunciare alle difese nei confronti dell’irriducibile minaccia del fantasma inconscio.

La tematica edipica contenuta nel film può essere affrontata anche da altri vertici osservativi e teorici, cui mi sembra utile qui accennare in quanto molto attuali. Con gli sviluppi della teoria psicoanalitica dopo Freud, il mito di Edipo, nella sua inesauribile ricchezza ed attualità, si è prestato come ottima trama per esplorare ulteriormente le funzioni genitoriali ed il ruolo della famiglia nella formazione del soggetto: il triangolo edipico è diventato la matrice di una situazione altamente dinamica, nella quale possiamo osservare le relazioni familiari secondo tutte le possibili permutazioni della configurazione “2-1”. Gilda De Simone, nel suo bellissimo saggio dedicato alle Famiglie di Edipo (2002), dopo un’approfondita trattazione del mito dal vertice freudiano, ci mostra come gli sviluppi successivi della teoria psicoanalitica abbiano spostato l’attenzione sulle funzioni genitoriali: “Con Winnicott entrano nella scena Laio e Giocasta, i genitori. E l’opera di Winnicott prelude alla teorizzazione del transgenerazionale” (De Simone, 2002, 48); “il concetto di triangolo edipico sembra potersi riferire a una situazione interpersonale ove i tre componenti della relazione si influenzano l’un l’altro, in modo che una persona è sempre esclusa dal rapporto delle altre due fra di loro” (op. cit., 66). L’Autrice, inoltre, esplorando il mito dalla prospettiva familiare, si interroga sui legami di filiazione e sulle differenze tra i genitori “naturali” di Edipo, Laio e Giocasta, e quelli “adottivi”, Polibo e Merope, tra la famiglia di Tebe e quella di Corinto.

Partendo dalla definizione della famiglia come istituzione che protegge il soggetto dalle angosce depressive e persecutorie, all’interno della quale possiamo osservare costantemente l’avvicendarsi di un piano fantasmatico e di un piano di realtà, si chiede: “Possiamo […] contrapporre la ‘famiglia di Tebe’ e la ‘famiglia di Corinto’ come rappresentanti rispettivamente della ‘famiglia fantasmatica’ e della famiglia sociale? Nella famiglia di Corinto il bambino è accolto, aiutato a crescere, gli si dà un posto all’interno di un insieme di ruoli ben delineati e rispettati. Nella famiglia di Tebe c’è il sovvertimento dell’ordine, la confusione dei ruoli e si vuole impedire anche la nascita del bambino. La famiglia di Tebe è ‘meta-sociale’ e ha a che fare con l’inconscio. […] Si può dunque dire che la famiglia di Corinto è la famiglia sociale e ha nei confronti della famiglia di Tebe una funzione riparativo-terapeutica?” (op. cit., 91). Per certi versi si tratta di una chiave di lettura convincente, ma De Simone osserva come, a ben vedere, neanche la famiglia di Corinto rappresenti la norma: citando un lavoro di Soavi (1995), mette in evidenza come il mito possa essere letto anche secondo una chiave per cui Edipo avrebbe reagito a una “mancanza di accudimento da parte della ‘coppia di Corinto’ idealizzante. Cioè, sotto l’apparente normalità e adeguatezza di questa coppia, c’è una carenza di accudimento vero, perché i genitori non ‘pensano al bambino così come egli è’, ma sotto la falsa luce dell’idealizzazione, cioè di un loro bisogno proiettato nel figlio” (op. cit., 93)[1].

Mi sembrano riflessioni estremamente interessanti ed attuali, giacché ci permettono di utilizzare il mito di Edipo spostando lo sguardo dallo scenario freudiano, sempre valido, nel quale i ruoli genitoriali sono nettamente differenziati (con una decisa prevalenza di quello paterno) ed in primo piano vi è il legame oggettuale libidico-aggressivo, ai cosiddetti “scenari narcisistici della genitorialità” (Manzano, Palacio Espasa, Zilkha, 1999). Questo concetto rimanda all’attualità della clinica psicoanalitica con gli adolescenti e le loro famiglie, nella quale assistiamo sempre più spesso a crisi adolescenziali che sono la punta dell’iceberg di impasse familiari profonde e molto rischiose, sia per l’adolescente, che non trova nella famiglia un’adeguata base per il processo di soggettivazione, sia per la coppia genitoriale, disorientata a causa della carenza di una funzione di differenziazione e di limite negli stessi adulti. Da questa prospettiva, il viaggio di Marty nel passato equivale a quello di Edipo da Corinto a Tebe: entrambi si prestano come metafora del soggetto che cerca di affrancarsi da una situazione familiare che impedisce la crescita psichica e va alla ricerca della verità, sfidando i propri fantasmi originari. Oggi, sempre di più, come psicoanalisti facciamo esperienza del fatto che la cura dell’Adolescente-Edipo non può prescindere da quella dei suoi genitori, spesso dell’intero nucleo familiare[2].

 

[1] Rimando ai testi di De Simone e di Soavi per l’approfondimento del tema, a cui qui posso solo accennare.

[2] Ricordo, per i “non addetti ai lavori”, che vi è un ampio e fertile ambito della Psicoanalisi che si occupa del trattamento delle coppie e delle famiglie e che all’interno della SPI, nel 2022, è stata fondata l’Area nazionale Coppia-Famiglia, che si dedica specificamente alla ricerca clinico-teorica in questo campo, che a mio avviso è riduttivo definire come “applicazione” della Psicoanalisi.

La relazione tra gli adolescenti Marty, George e Lorraine — in un tempo che non è quello di Marty, ma, potremmo dire, neanche quello di George e di Lorraine — può essere vista come l’incontro tra adolescenza e adultità, nell’esperienza rielaborativa che può compiersi in ciascun soggetto durante una terapia psicoanalitica, attraverso la quale si recupera una vita ed un tempo non ancora vissuti. Nella scena in cui Marty osserva George che consuma frettolosamente il pasto della mensa scolastica, mentre è immerso nella scrittura delle sue storie di fantascienza, Marty resta sorpreso nello scoprire che il padre, da ragazzo, avesse fatto “qualcosa di creativo”. George gli dice: “Io non faccio mai leggere a nessuno le mie storie. E se non piacciono? Se mi dicono che non valgo niente? Lo so che è una situazione difficile da capire”. “No, non è difficile”, risponde Marty empaticamente.

Più avanti, Marty aiuta George ad imparare a memoria le battute che gli permetteranno di conquistare Lorraine: “Dì la tua battuta, George!”; “fai la tua parte”, dice il figlio al genitore. Poi Marty utilizzerà la sua capacità “erotizzante” anche nei confronti di Lorraine, accompagnandola al ballo dove lei e George potranno scambiarsi il primo bacio. Infine, tornato nel futuro, nella scena nella quale il padre e la madre entrano in casa felici lanciandosi battute ammiccanti, osserviamo come George porti gli stessi occhiali da sole alla moda che indossa il giovane Marty nella scena di apertura del film, quando un primo piano mostra per la prima volta il volto del protagonista, stordito dall’esplosione di un amplificatore per chitarra di potenza e dimensioni decisamente esagerate, rappresentazione della sua megalomania adolescenziale e troppo grande per lui, proprio come gli occhiali che indossa.

Come si può vedere, la “configurazione 2-1”, nello sviluppo del film, passa attraverso permutazioni mortifere e pericolose, per poi attestarsi ad un livello in cui è possibile la risoluzione dei conflitti edipici e Marty può accedere alla vita adulta: 1) all’inizio della storia George e Lorraine vengono rappresentati come coppia anti-libidica che, in quanto tale, non può sostenere Marty nel suo processo di soggettivazione; 2) durante il viaggio nel passato, Marty istituisce un “accoppiamento pericoloso” non solo, com’è ovvio, con Lorraine, ma  con lo stesso George, in quanto, se cedesse alle lusinghe della sua onnipotenza adolescenziale, rischierebbe di diventare lui stesso il bullo dello sprovveduto padre-adolescente; 3) infine, ritornato nel futuro, Marty può riprendere, anzi prendere per la prima volta, il suo posto nei confronti della coppia genitoriale, questa volta però con una prospettiva di crescita psichica, resa possibile dalla risoluzione del complesso edipico.

Lo psicoanalista alla guida della macchina del tempo.

 

Tutto questo non sarebbe stato possibile se non ci fosse stato un Doc ad accompagnare l’adolescente Marty nel suo rischioso viaggio tra passato e futuro; situazione immaginifica che ben rappresenta un iniziale perdersi (slegamento) ed un successivo ritrovarsi e ritrovare se stessi e l’oggetto, ma su nuove basi (rilegamento), in quella che Cahn (1998) definisce “l’avventura della soggettivazione”.
Pellizzari (2005) dedica un interessante lavoro alla relazione tra adolescenza e percezione del tempo e tra questa ed il processo di soggettivazione, nel quale scrive che “l’incontro dell’adolescente col tempo [è un] incontro traumatico che determina il distacco dall’epoca infantile e lo espone ad una consapevolezza perturbante che dà inizio al suo pensiero adulto su di sé e sul mondo” (Pellizzari, 2005, 44). “L’adolescenza può essere considerata una sorta di seconda nascita che rende possibile tematizzare il periodo precedente come passato e il tempo che verrà come futuro. […] L’adolescente sa che tutto cambia poiché percepisce che tutto sta cambiando» (op. cit., 48).
Potremmo dire che, se “il compito fondamentale dell’adolescenza […] è quello di rilegare gli slegamenti” (Cahn, R., op. cit., 60), compito della psicoanalisi è quello di legare nel soggetto due tempi: quello dell’esperienza e quello, successivo, dell’elaborazione psichica e della significazione; quello dell’infanzia, ancora “fuori dal tempo”, e quello dell’età adulta, “incardinata nel tempo” . Mangini (2024, 52) parla di un “doppio tempo della psicoanalisi” e sottolinea come questa disciplina abbia messo in rilievo “una specifica temporalità del funzionamento psichico inconscio che avviene in ogni essere umano fin dalla nascita e che trova nel costrutto dinamico del ‘doppio’ una costruzione/restaurazione narcisistica, che prosegue poi nelle obbligatorie ripetizioni dell’infanzia, e nei successivi processi di risignificazione dei ricordi, o nella mobilizzazione dei fantasmi, e infine nell’esperienza analitica nella quale il ricordare, il ripetere e il rielaborare nel transfert sono i principali fattori trasformativi della cura. […] Tutti questi passaggi necessitano di un oggetto/altro, un doppio presente fin dallo sguardo tra madre e neonato descritto da Winnicott o come nello stadio dello specchio di Lacan, e che in analisi viene descritto come ‘lavoro in doppio’ dai Botella e da La Scala» (ibidem). Egli, inoltre, mette in evidenza come il concetto freudiano di Nachträglichkeit, nella traduzione italiana a differenza di quella anglosassone, indichi una “‘funzione di posteriorità’, grazie alla quale un ‘fatto’ non pensabile potrà essere significato, e poi continuamente risignificato. […] Una funzione dinamica del pensiero inconscio nel doppio tempo del funzionamento psichico umano” (op. cit., 56). Ed ancora segnala che “la traduzione francese di Nachträglichkeit aggiunge un altro interessante tassello alla questione […] del doppio tempo dello psichico, infatti nel concetto di après-coup – con cui i francesi intendono la ‘funzione di posteriorità’ – si indica il ‘colpo’ (coup) che arriva improvvisamente allo psichico, che sarebbe traumatico come qualsiasi altro colpo se non ci fosse un ‘dopo’ (après) che introduce una temporalità, un intervallo di tempo, che attenua la violenza traumatica del colpo» (op. Cit., 57).

Questa premessa (che non rende giustizia al valore e alla complessità dei concetti sopra esposti) mi è utile per un ultimo commento su quella che, nella recente visione del film, mi è parsa la sua scena più significativa; quella che, dal punto di vista psicoanalitico, considero il cuore dell’intera vicenda, il suo momento mutativo. Marty e Doc si trovano nel laboratorio dello scienziato e, con l’aiuto di un plastico, studiano i passaggi e simulano le azioni che, se tutto andrà bene, permetteranno a Marty di ritornare (“tornare avanti”, potremmo dire con un ossimoro) nel futuro. Doc dice: “Scusa la rozzezza di questo modello, ma non ho avuto il tempo di farlo in scala e di dipingerlo”. I due assistono alla scena in cui il modellino rosso di un’automobile degli anni ‘50 sfreccia lungo il viale, aggancia il cavo che le trasmetterà l’energia del fulmine e vola via incendiandosi. Doc, con gesti sicuri, interviene con l’estintore a spegnere un principio d’incendio. I due protagonisti esprimono un mix di eccitazione, angoscia e meraviglia; i sentimenti che sembrano dominare sono la fiducia e la speranza.

Doc, come lo psicoanalista, aiuta l’adolescente Marty ad elaborare la soluzione e ad acquisire gli strumenti psichici per ritrovare il “suo tempo”, dopo aver recuperato consapevolezze preziose nel suo viaggio nel passato. Il plastico che lo scienziato ha costruito per Marty è imperfetto, grezzo e in alcune parti “fuori scala”, proprio come il lavoro artigianale della psicoanalisi; è il prodotto della funzione di perlaborazione dello scienziato-analista, che lo ha realizzato spinto dalla poesia più che dall’ingegno, dalla creatività più che dal calcolo.

Il “colpo-di-fulmine”, che possiamo associare alla scena primaria, o meglio alla rappresentazione perturbante della sessualità adulta (nella coppia genitoriale ed in Marty stesso), ha perso la valenza di trauma disorganizzante; la sua energia può essere ora sfruttata (non senza qualche rischio) per l’uscita dall’impasse e per la crescita psichica. Tutto deve ancora compiersi nella realt; ma, da un certo punto di vista, tutto si è già compiuto: “Passato, presente e futuro, come infilati al filo del desiderio che li attraversa» (Freud, 1907, 379).

Bibliografia

Bick I. (1990). Outatime: Recreationism and the Adolescent Experience In Back to the Future. The Psychoanalytic Review, 77, 4: 587-608.

Bick I. (1998). Back to the Future I and II: Re-creationism, Repetition and Perversity in the Time Travel Romance. The Psychoanalytic Review, 85, 6: 909-930.

Cahn R. (1998). L’adolescente nella psicoanalisi. L’avventura della soggettivazione. Roma, Borla, 2000.

De Simone G. (2002). Le famiglie di Edipo. Roma, Borla.

Freud S. (1907). Il poeta e la fantasia. OSF, 5, 371-383.

Freud S. (1908). Il romanzo familiare dei nevrotici. OSF, 5, 467-474.

Freud S. (1914). Dalla storia di una nevrosi infantile (Caso clinico dell’uomo dei lupi). OSF, 7, 481-593.

Freud S. (1915). Comunicazione di un caso di paranoia in contrasto con la teoria psicoanalitica. OSF, 8, 155-168.

Mangini E. (2024). Il doppio tempo della cura in psicoanalisi, KnotGarden 2024/4, Centro Veneto di Psicoanalisi.

Manzano J., Palacio Espasa F., Zilkha N. (1999). Scenari della genitorialità. La consultazione genitori-bambino. Milano, Raffaello Cortina, 2001.

Mosconi A. (a cura di) (2024). Il tempo nella clinica psicoanalitica. KnotGarden 2024/4, Centro Veneto di Psicoanalisi.

Pellizzari G. (2005). La percezione del tempo nell’adolescenza e la nascita dell’etica come esperienza. In: Giaconia G. (a cura di) (2005). Adolescenza ed etica. Rivista di Psicoanalisi. Monografie. Roma, Borla.

Soavi G. (1995). L’Edipo di Corinto o dell’idealizzazione. Rivista di Psicoanalisi, 41, 3: 411-420.

Francesco Onofri, Padova

Centro Veneto di Psicoanalisi

dott.francesco.onofri@gmail.com

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