Considerazioni sulla sopportabilità e l’attesa angosciosa Rileggendo Benno Rosenberg

di Marco La Scala

(Padova) Psicoanalista SPI, Membro Ordinario con funzioni di training. Centro Veneto di Psicoanalisi.

*Per citare questo articolo:

La Scala M. (2025), Considerazioni sulla sopportabilità e l’attesa angosciosa Rileggendo Benno Rosenberg. Rivista KnotGarden 2025/2, pp. 112-125.

Per una lettura più agile e per ulteriori riferimenti di pagina si consiglia di scaricare la Rivista in formato PDF.

Benno Rosenberg ha permesso di leggere il masochismo non solo in relazione alla pulsione di morte come appare nella clinica dei casi eclatanti di masochismo mortifero, ma ha portato avanti un pensiero teorico sulla scia di quanto indicato da Freud, per leggere il masochismo come dimensione normale e ubiquitaria in funzione della vita. Come un elemento primario, anziché secondario al sadismo come nel primo periodo dello sviluppo della psicoanalisi.

Già Freud aveva fatto questo, proponendoci il concetto teorico che vedeva l’erotico affiancato al masochismo e scrivendo che il masochismo erogeno primario (1924) “ha tanta importanza per la vita”.

Tutto questo poteva essere compreso soltanto dopo la svolta del ‘20 con il dualismo pulsionale e la lettura che Freud ci ha offerto dei complessi rapporti tra Eros e Thanatos, del loro legamento potremmo dire, nel senso di impasto delle due pulsioni o, come in molti autori di area francese, di intricazione. Quest’ultima parola fa pensare maggiormente a un legame stretto in cui però le due pulsioni mantengono anche una loro distinzione, tanto da essere più immaginabile quello che definiamo disimpasto pulsionale, che sta alla base di molte forme patologiche cui farò riferimento a conclusione di questo lavoro.

A proposito del primato del principio del piacere, con Al di là del principio del piacere Freud si interroga su le tendenze più originarie del principio del piacere e da esso dipendenti e rivede il primato assoluto di tale principio definendolo una tendenza, rispetto al legamento che considera invece come funzione preliminare, e aprendo con questo ad una diversa importanza dell’oggetto. Questo afferma Green (2000) che però critica Freud, perché secondo lui, non si è inoltrato nello scenario che questa speculazione innovativa apriva alla psicoanalisi, introducendo oltre al criterio quantitativo della carica, anche quello qualitativo.

Rosenberg invece apre alla complessità di questa dimensione, riconoscendo l’importanza dell’oggetto che favorisce l’impasto pulsionale e rispondendo in parte alla domanda che Freud si fa: “Se sapessimo dire in cosa consiste questa caratteristica qualitativa, avremmo fatto un grande passo avanti in psicologia. Forse è il ritmo, la sequenza temporale dei cambiamenti, degli aumenti e delle diminuzioni della quantità dello stimolo, chissà.” (Freud 1924, p. 6)

Né l’eccitazione permanente, né il livello zero della tensione nella scarica, che coincide dopo il 1920 con il principio di nirvana, sono compatibili con la vita, ma è necessaria una terza via (Chauvet 2019), quella di un nuovo principio che ha alla base un certo impasto delle due pulsioni e che ci spinge ad ampliare il cosiddetto principio di piacere denominandolo, come Freud ha fatto, principio di piacere-dispiacere.

Questo passaggio ha l’obbiettivo di mantenere parte della carica secondo un principio conservativo di una quota dell’energia e, come Rosenberg scrive, alla luce di ciò, si può pensare all’importanza del significato che lui attribuisce alla parola supportabilité “la capacità della psiche di sopportare il dispiacere” (Rosenberg 1991, p.  54) e che va nell’ordine dell’esame di realtà.

 

“Il nuovo principio di piacere-dispiacere include ciò che Rosenberg nomina come sopportabilità del dispiacere: che contiene il masochismo che condiziona la sua trasformazione (del principio di piacere) in principio di realtà … questa attività autoerotica va a rendere sopportabile e creativo il tempo del dispiacere” (Chauvet 2019, p. 29, traduzione mia).

 

Già! perché ogni esame di realtà comprende una quota di frustrazione e accettare la realtà comporta dispiacere. La sopportabilità è in relazione con la tolleranza dell’assenza dell’oggetto, ma anche con il mantenimento della traccia lasciata dall’oggetto, riattivabile con l’allucinazione del desiderio e in questo caso si tratta del ricorso ad un oggetto non esterno ma interno. Dunque, è in gioco sia la capacità di elaborare l’assenza o l’inadeguata presenza dell’oggetto e la maggiore o minore traumaticità di questa condizione, ma anche, il come si organizza per l’infans “l’alternanza presenza-assenza che dà un ritmo temporale alla vita psichica e disegna una continuità nella discontinuità” (ibidem, p. 29 corsivo mio). Come Freud aveva intuito nella frase interrogativa sopracitata. Questa continuità nella discontinuità, se ben dosata, favorirà la progressiva interiorizzazione dell’oggetto.

La sopportabilità è dunque in relazione con il livello di traumaticità dell’attesa.

Nel descrivere la sintomatologia clinica delle nevrosi d’angoscia (1894) Freud dopo il riferimento “ad un alto grado di irritabilità per un eccitamento che si è andato via via accumulando” si sofferma sullo stato che definisce “attesa angosciosa” che si presenta come in una specie di coazione: “Si può dire che vi è un quantum di angoscia liberamente fluttuante, che domina nell’attesa la scelta delle rappresentazioni e che è sempre pronto ad aderire a qualsiasi contenuto rappresentativo gli venga offerto.” Inoltre “essa può irrompere all’improvviso nella coscienza senza essere risvegliata dal decorso delle rappresentazioni, dando così luogo a un attacco d’angoscia” (Freud 1894, 156). La condizione di attesa è dunque un particolare stato, come sospeso tra la possibilità di un legamento che trasformi l’energia da libera in legata ad una rappresentazione appropriata con il relativo affetto, oppure la possibilità che questo legamento sia generico e pretestuoso e di fatto avvenga non favorendo la trasformazione del quantitativo in qualitativo in una forma stabile.

 

Penso ad una paziente[1] che durante una lunga analisi continuava ad attuare spostamenti da una circostanza all’altra per configurare l’assenza dell’oggetto e ogni volta sembrava che si fosse di fronte a un legamento significativo, legamento che di fatto non si realizzava mai, con il perdurare di sintomi angosciosi agorafobici che facevano fallire i suoi tentativi di emancipazione in una sorta di coazione a ripetere masochistica. Questa paziente, raccontava che, a detta dei famigliari, aveva dovuto essere allontanata dalla madre a sei mesi durante l’allattamento a causa di una malattia infettiva della madre e per un lungo periodo era stata accudita da una persona della famiglia inadatta a prendersi cura di un neonato; inoltre, al suo ritorno dalla madre, due mesi dopo, era avvenuto un trasloco che le aveva sottratto ogni eventuale punto di riconoscimento dell’ambiente materno. In lei l’attesa del seno sembrava essere svanita in una sorta di negativo in cui le tracce potevano essere state cancellate sia come tracce di presenza che come tracce di assenza della presenza ad essa connessa. Propongo questa vignetta clinica per introdurre una riflessione sull’attesa del seno nel neonato durante l’allattamento, esperienza che Freud ci indica come prototipo per esemplificare il ruolo del sessuale. L’attesa è in relazione con la scansione temporale del ritmo che alterna presenza e assenza, senso di pienezza e di vuoto, tensione pulsionale e sua scarica. Questa paziente per accedere ad un cambiamento è passata attraverso una crisi in cui ha sentito un’angoscia fortissima che la spingeva a telefonarmi diverse volte al giorno per chiedermi quando ci saremmo rivisti, ma non riusciva a trattenere le mie risposte e dopo pochi minuti mi ritelefonava. L’attesa angosciosa aveva preso una forma violenta nel transfert e la sua risoluzione ha poi portato alla scomparsa dell’agorafobia.

 

Freud ha posto in una coppia complementare l’energia psico-sessuale e l’energia sessuale somatica e “l’alterazione dell’equilibrio all’interno di questa coppia a favore dell’energia sessuale somatica produceva l’alienazione tra somatico e psichico nel decorso dell’eccitamento sessuale, con conseguente “deficienza di emozione sessuale, di libido psichica” (1894, p. 22). Freud descrive l’anello di congiunzione o di disgiunzione tra le due forme di sessualità nella Minuta E (1894) e in seguito riprenderà questa articolazione nello Schema della sessualità illustrato nella Minuta G (1895, p. 35) a proposito della melanconia.” (La Scala 2017, p. 11-2).

 


NOTA:

[1] Di questa paziente ho scritto approfonditamente nel lavoro: L’attesa: legamenti sbarrati e coazione a ripetere, pubblicato nella rivista KnotGarden 2024/4, Il tempo nella clinica psicoanalitica

 

Freud raffigura nello schema il cosiddetto Gps, gruppo sessuale specifico, un gruppo di rappresentazioni addette a ritenere l’esperienza sessuale e in grado di contribuire alla azione specifica che porta al soddisfacimento con l’oggetto. Il termine “ricordo” nei suoi scritti dell’epoca, lascia presto il posto a quello di “rappresentazione”, per cui nella categoria delle nevrosi attuali ci indica pazienti che nel racconto mostrano la mancanza di rappresentazioni rispetto alla propria storia psichica, senza meccanismo psichico, senza nevrosi infantile diremmo noi oggi, senza il lavoro della temporalità psichica che collega presente e passato (Nachträglichkeit) o in altre parole, senza quel lavoro psichico che si compie après-coup e in cui le esperienze di un tempo successivo riaprono a un’elaborazione connessa con le esperienze di un tempo precedente. Freud lo dice già allora: “… l’eccitamento si sottrae alla rielaborazione psichica …; la differenza (tra isteria e nevrosi d’angoscia) sta soltanto nel fatto che nella nevrosi d’angoscia l’eccitamento, nel cui spostamento si esprime la nevrosi, è puramente somatico (eccitamento sessuale somatico) mentre nell’isteria è psichico (provocato da un conflitto)” (Freud, 1894, p. 176, corsivo mio) e trova secondariamente la via del corpo. Dunque, la questione del legamento del quantitativo di energia, il noto quantum diventa centrale nella prima topica e va a definire forme suscettibili di trattamento attraverso il metodo psicoanalitico oppure resistenti ad esso.

Freud definisce inoltre anche la differenza tra nevrastenia e melanconia: “Nella nevrastenia si verifica ugualmente un impoverimento dovuto al fatto che l’eccitamento sfugge come traverso una falla, ma in quel caso ciò che viene pompato via è E. som. [l’eccitamento sessuale somatico]; nella melanconia la falla è nello psichico” (Freud 1895, p. 35).

I quadri psicopatologici che Freud descrive allora all’interno delle nevrosi attuali (1894, p. 154) sono di una straordinaria attualità e centrati sul fatto che esiste un’angoscia in grado di legarsi o meno a ricordi, scene, rappresentazioni, condizioni necessarie all’analizzabilità per come era formulabile all’epoca.

“Quella “grande ricchezza di forme finora sottovalutata” (1894, p. 157) osservata allora da Freud, nelle nevrosi attuali interessa oggi, ad es., l’ambito delle svariate manifestazioni sintomatiche degli stati limite con le molteplici espressioni con cui si rivelano in questi pazienti i sintomi di somatizzazione; i disturbi di personalità con addiction; le malattie psicosomatiche ecc. L’“attuale” interessa inoltre ogni percorso analitico o psicoterapeutico rispetto a ciò che si scarica nell’atto e nel corpo e non nella rappresentazione.” (La Scala 2012). Sostanzialmente oggi in psicoanalisi si parla di problematiche narcisistico identitarie oppure di forme non nevrotiche (Green 2012, p. 173) come preferisce nominarle Green per sottolineare che la rimozione non è stata al centro della organizzazione del mondo psichico per il prevalere di altre forme di difesa come il diniego e la scissione. In queste forme Green, riferendosi alla seconda topica, individua anche un prevalere della pulsione di morte e in esse si può generare uno stato di vuoto del pensiero, senza componenti affettive, quali il dolore e la sofferenza sul modello della psicosi bianca. Ma possono anche comportare:

 

 “L’aspirazione verso il vuoto, verso il nulla come espressione della pulsione di morte: per ottenere quello stato di quiete e di riposo che segue il soddisfacimento (ma) attraverso l’estinzione stessa di ogni speranza di soddisfacimento (corsivo mio). È la soluzione della disperazione, quando ogni lotta è abbandonata” (Green 1990, p. 85).

 

Così avviene quando nell’attesa si è persa ogni forma di speranza di legamento ad un oggetto evocabile attraverso l’allucinazione del soddisfacimento del desiderio e cioè pensabile, stante quanto affermato da Freud che riconosce l’origine del pensiero nell’allucinazione dell’oggetto.

Ma se con la prima topica il legamento connesso al quantum di energia può trasformare il qualitativo raggiungendo la raffigurazione e la rappresentazione con la seconda topica sorge la complicazione della natura di questa energia e cioè di quanto sia all’insegna della pulsione di vita e del legare verso unità sempre più complesse e quanto sia all’insegna della pulsione di morte e dello slegare, come operazione con finalità contrarie e opposte.

Eros e Thanatos, nelle situazioni di disimpasto pulsionale appaiono in parte come collocati agli estremi di una coppia di opposti, senza mediazioni possibili, senza possibilità di legarsi. A causa di questo si crea e si fissa una “polarizzazione” (Rosenberg 1991) che lavora in senso contrario a quello dell’impasto pulsionale. Quest’ultimo opera invece ai fini di un legamento della pulsione di morte, potendola così neutralizzare. Questo legame avviene alle origini, attraverso quello che Freud ha individuato come il masochismo erogeno (1924, p. 10), in grado di legare piacere e dispiacere, la libido e la pulsione di morte.

Alle origini, quando la maggior parte del sadismo originario è stato portato all’esterno sugli oggetti, accade che:

 

 “All’interno dell’organismo permane, come suo residuo, il masochismo erogeno vero e proprio, che da un lato è diventato una componente della libido, e dall’altro continua ad assumere come oggetto lo stesso soggetto. Questo masochismo sarebbe dunque una testimonianza e un residuo di quella fase dello sviluppo in cui ha avuto luogo la fusione della pulsione di morte e dell’Eros, che tanta importanza ha per la vita” (Freud 1924, p. 10).

 

Potremmo dunque pensare che l’insufficiente presenza del masochismo erogeno alle origini sia una delle principali cause di tutte quelle situazioni cliniche che hanno alla base un disimpasto pulsionale e di conseguenza un eccesso di polarizzazione.

La polarizzazione a cui si riferisce Rosenberg non è poi distante dal concetto freudiano di coeccitamento tra pulsioni di diversa natura (ibid., p. 9). Concetto analogo è quello energetico di contrapposizione libidica selettiva ripreso da Gaddini (1974, p. 332) a proposito della collocazione delle cariche nella formazione del Sé. Infatti, secondo questo autore, si crea alle origini un accumulo di cariche libidiche all’interno del Sé a protezione del Sé e del narcisismo, per contrastare un eccessivo incremento di cariche distruttive, che vengono convogliate all’esterno ma che, se eccessive, minacciano di irrompere poi all’interno.

Ma ritornando alle funzioni dell’oggetto primario in relazione all’attesa del soddisfacimento, ricordando anche tra queste la funzione simbolizzante che la madre svolge rispetto all’infans già nella fase del narcisismo primario (Golse, Roussillon 2010).

Per una visione transgenerazionale del disagio psichico è utile osservare che le competenze che vengono richieste alla madre nella cura dell’infans costituiscono un banco di prova del suo stesso impasto pulsionale: della sua capacità di non eccedere in un senso o nell’altro, di non indurre/provare un dispiacere eccessivo, o uno stato di eccitamento insostenibile e dunque traumatico, di non violare lo spazio interno dell’infans sottoponendolo a percezioni nello spazio trans-psichico che l’apparato psichico del bambino non sia in grado di rivestire psichicamente, per usare ancora una metafora freudiana. Vi è un’innegabile quota di masochismo nell’essere madre, o comunque nel dedicarsi totalmente ad un altro esser umano, che solo se legato dalla libido trova la sua continuità con il masochismo erogeno che lega il piacere al dispiacere e che, per tornare alla precedente citazione di Freud “tanta importanza ha per la vita” (1924, p. 10). La stessa capacità di rêverie che implica l’assumere il dispiacere del bambino per trasformarlo e poterlo restituire elaborato e sopportabile implica un impasto pulsionale che resista alla forza del disimpasto su cui la madre, se sofferente può organizzare le proprie difese.

Il disimpasto pulsionale può essere primario quando il legame tra le pulsioni non è mai giunto ad un livello adeguato, oppure può essere secondario quando dopo un legamento in parte avvenuto la delusione inflitta dall’oggetto ha causato un disimpasto secondario a causa della re-introiezione dell’oggetto per come Freud ci ha mostrato nella melanconia. Se l’oggetto è investito sempre da entrambe le pulsioni non vi è solamente ritiro della libido, ma vi è anche ritiro della pulsione di distruzione (pulsione di morte) che ritorna verso l’apparato psichico (Rosenberg 1991).

 Il paziente stato limite, ad esempio, dipende, così come l’infans, da una fonte di impasto pulsionale che rimane ancora collocata all’esterno, nella madre o nell’ambiente, e a questi oggetti il paziente borderline continua a rivolgersi per essere aiutato in questo processo di fusione, mettendo a dura prova i curanti per i continui cambiamenti di scenario tra transfert positivo e negativo.

Il paziente melanconico invece, attua un ritiro secondario, della libido dall’oggetto ma la sua re-introiezione, si accompagna anche alla re-introiezione della pulsione distruttiva, per cui libido e distruttività, scisse e polarizzate, convivono nell’apparato psichico, dopo che è stato disinvestito l’oggetto causa della delusione. L’alterazione topica in questo caso produce, a causa della re-introiezione, un contenitore incluso nell’Io per il quale la via verso le tracce mnestiche e verso il preconscio è sbarrata, come ha precisato Freud, ancora in Lutto e melanconia. Si costituisce un contenitore-cripta, isolato, che si colloca, come hanno affermato Abraham e Torok (1987), nel sistema P-C, e da qui deriva l’ipertrofia del sistema P-C e l’intellettualizzazione che spesso si affianca ai nuclei melanconici, come anche al complesso della madre morta (Green 1983).

Il senso del legame primario attraverso Eros è quello di neutralizzare una quota di pulsione di morte: il lavoro psichico in analisi per uscire dalla melanconia, consiste in ultima istanza nel legare quella distruttività che è all’origine rivolta verso l’oggetto e solo poi ritorna secondariamente sul soggetto, quando attraverso l’identificazione narcisistica la libido lascia l’oggetto per investire l’Io:

“Che cosa avviene nell’individuo a rendere innocuo il suo desiderio di aggressione? Qualcosa di assai curioso, che non avremmo indovinato e che pure è assai semplice. L’aggressività viene introiettata, interiorizzata, propriamente viene rimandata là donde è venuta, ossia è volta contro il proprio Io. Qui viene assunta da una parte dell’Io che si contrappone come Super-io al rimanente, e ora come “coscienza” (morale) è pronto a dimostrare contro l’Io la stessa inesorabile aggressività che l’Io avrebbe volentieri soddisfatto contro altri individui estranei” (Freud, 1929, p. 610).

Vi è dunque un ritorno, in seguito all’esperienza con l’oggetto, al luogo originario della fusione pulsionale, cioè l’Io. La partita con la realtà esterna come fonte di legame è chiusa perché l’oggetto è inadeguato, perso o troppo deludente, comunque non in grado di integrare e restituire. “L’eccesso di polarizzazione chiude la sua partita sull’oggetto altro e questa polarizzazione investe lo psichico, il Super Io e l’Io. L’Io è un grande serbatoio di libido, in esso si concentra molta più libido che nell’oggetto e proprio per questo possiamo pensare con Rosenberg (1991) che l’Io, in seguito all’identificazione narcisistica e alla re-introiezione, possa favorire un re-impasto pulsionale che favorisca un ritorno all’oggetto. Si prefigura dunque per questo autore, un ritorno al narcisismo come difesa dal disimpasto, ma anche come una possibilità di re-impasto, come “ricostituzione del masochismo necessario affinché un ritorno all’oggetto sia possibile” (La Scala 2012).

Ritornando all’attesa del seno e delle cure materne nel loro insieme, nel neonato vediamo come una quota di masochismo erogeno sia sempre attivo a governare l’investimento dell’oggetto o il suo disinvestimento e come nell’attesa che sempre è collegata all’assenza, una quota di dispiacere sia sempre all’opera impegnandolo in un possibile impasto pulsionale, o meno. Se le condizioni reali sono tali da indurre una frustrazione eccessiva del soddisfacimento, il disinvestimento inteso come slegamento spinto dalla pulsione di morte può arrivare a quella forma che in letteratura è stata descritta da Green come complesso della madre morta (Green 1983).

È importante far presente che questo complesso non è in relazione soltanto all’assenza o alla sparizione della madre reale, come è avvenuto per la mia paziente, ma alla perdita dell’amore, alla perdita dell’oggetto dispensatore di amore, però (e questo è determinante nell’organizzazione del complesso), questo può avvenire in presenza della madre. In primo piano, dunque, non vi è solo la presenza ma la qualità della relazione. L’attesa angosciosa nel paziente adulto è dunque sempre sospesa tra una spinta al legamento, anche se questo avviene attraverso uno spostamento all’infinito, ed una spinta allo slegamento e al disinvestimento. Questi movimenti caratterizzano anche gli scambi analitici in cui elementi della relazione primaria si riattualizzano tra la coazione a ripetere e la speranza in un ascolto che possa essere inedito e nuovo nella sua qualità.

 

BIBLIOGRAFIA

Abraham N., Torok M. (1987). La Scorza e il nocciolo. Borla, Roma, 1993.

Chauvet E. (2019). Benno Rosenberg, une passion pour les pulsions. Editions In Press, Paris.

Freud S. (1894). Legittimità di separare dalla nevrastenia un preciso complesso di sintomi come “nevrosi d’angoscia”. O.S.F., 2.

Freud S. (1894) Minuta E, O.S.F., 2.

Freud S. (1895) Minuta G, O.S.F., 2.

Freud S. (1924) Il problema economico del masochismo. O.S.F., 10.

Freud S. (1929) Il disagio della civiltà. O.S.F., 10.

Gaddini E. (1974) Formazione del padre e scena primaria. In Scritti, Raffaello Cortina, Milano, 1989.

Golse B. Roussillon R. (2010) La naissance de l’objet, PUF, Paris

Green A. (1983) Narcisismo di vita e narcisismo di morte, Borla, Roma, 1985.

Green A. (1990) Psicoanalisi degli stati limite, Raffaello Cortina, Milano,1991.

Green A. (2000) Il tempo in frantumi, Borla, Roma, 2001.

Green A. (2012) La Clinique Psychanalytique contemporaine ITHAQUE

La Scala M. (2012) Spazi e limiti psichici Franco Angeli, Roma.

La Scala M. (2017) Percepire, allucinare, immaginare Franco Angeli, Roma.

La Scala M. (2024) Legamenti sbarrati e coazione a ripetere, il tempo nella clinica psicoanalitica, Rivista KnotGarden 2024/4.

Rosenberg B. (1991) Masochismo mortifero e masochismo custode della vita. Alpes Italia, Roma, 2022.

Roussillon R. (1999). Agonie clivage et symbolisation, PUF, Paris.

 

Marco La Scala (Padova)  

Centro Veneto di Psicoanalisi

marcolascala@gmail.com

*Per citare questo articolo:

La Scala M. (2025), Considerazioni sulla sopportabilità e l’attesa angosciosa Rileggendo Benno Rosenberg. Rivista KnotGarden 2025/2, pp. 112-125.

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